Il freddo straordinario
che, dal periodo natalizio, sta sferzando anche regioni d’Italia in cui
normalmente gli inverni sono ben più miti e temperati, sta creando non pochi
disagi anche in quelle che sono le normali attività quotidiane: nei trasporti,
nella circolazione stradale, nelle erogazioni energetiche, finanche nelle
scuole. Queste ultime, infatti, a causa di malfunzionamenti degli impianti di
riscaldamento (alcuni provocati proprio dalle proibitive temperature di queste
ultime settimane), non hanno ancora ripreso a funzionare pienamente, nonostante
siano ormai finite le vacanze natalizie. Aperte e poi richiuse ovvero non
riaperte affatto, nelle scuole è come se si fosse ancora in vacanza, per alunni
e personale, docente e non. Ma, ove non vi fosse un espresso provvedimento di
sospensione delle attività lavorative da parte del datore di lavoro, i
lavoratori potrebbero legittimamente astenersi dal lavoro a causa del freddo
per il malfunzionamento dell’impianto? E, più in generale, l’assenza di un idoneo
ed attivo impianto di riscaldamento può far insorgere una qualche responsabilità
in capo al datore?
GLI OBBLIGHI
CONTRATTUALI
L’art. 2087 del codice civile pone a carico del datore di lavoro l’obbligo (contrattuale) di assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire
la sicurezza delle lavorazioni e di adottare nell’esercizio dell’impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica,
sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori di lavoro. Quindi, il datore di lavoro ha un preciso obbligo di
proteggere il lavoratore e di assicurargli condizioni di lavoro idonee sotto il
profilo della sicurezza e della tutela della salute, adottando pertanto ogni
misura a tal fine necessaria, anche in funzione di prevenzione degli infortuni.
A rafforzare, ampliare e rendere ancor più efficace tale obbligo normativo, è
intervenuto, dopo una lunga evoluzione legislativa, il Decreto Legislativo 9
aprile 2008, n. 81, in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tra i numerosi
obblighi che esso pone in capo al datore di lavoro, vi è anche quello di
garantire ai luoghi di lavoro precisi requisiti di salute e sicurezza (artt. 63
e 64), che, elencati e dettagliati espressamente nel suo Allegato IV,
riguardano anche la temperatura dei
locali (punto 1.9.2.), che “deve
essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto
dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”,
attraverso l’adozione di misure e accortezze prescritte anch’esse dalla norma.
Da tali puntuali e stringenti obblighi normativi, pertanto, la giurisprudenza
fa discendere conseguenze e responsabilità precise a carico del datore di
lavoro in caso di inadempimento o non esatto adempimento.
SUL PIANO CIVILISTICO infatti la Cassazione ha
ritenuto non solo che la violazione dell’obbligo (anche solo) generale sancito
dall’art. 2087 cod. civ. legittima i
lavoratori a non eseguire la prestazione lavorativa, sul presupposto che il
datore di lavoro è inadempiente, ma anche che, in tal caso, i lavoratori mantengono il diritto alla retribuzione,
in quanto al lavoratore non possono derivare conseguenze sfavorevoli in ragione
della condotta appunto inadempiente del datore di lavoro. I giudici di
legittimità, confermando peraltro una giurisprudenza precedente pressoché
unanime, sono giunti a tale conclusione proprio occupandosi di una questione
molto simile a quella prospettata nel quesito di partenza. Si trattava,
infatti, di una controversia lavorativa insorta a seguito del mancato pagamento
della retribuzione in ragione ed a seguito della astensione dal lavoro dei lavoratori
a causa del freddo nell’ambiente di lavoro per il malfunzionamento della
caldaia. In particolare, i lavoratori non avevano proclamato alcuno sciopero,
ma si erano solo astenuti dal lavoro per l’impossibilità della prestazione
dovuta alla temperatura troppo bassa nell’ambiente di lavoro. Ebbene, la
Cassazione, confermando peraltro i due precedenti gradi di giudizio, ha dato
ragione ai lavoratori essendo stato accertato che la temperatura era
significativamente bassa in considerazione della stagione e della eccezionalità
della temperatura del giorno, tanto che l’azienda aveva ritenuto legittima
l’interruzione dell’attività lavorativa di un altro settore (Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza
del 01/04/2015, n. 6631; ma si vedano pure Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza del 07/05/2013, n. 10553; Cassazione
civile, Sezione Lavoro, Sentenza del 10/08/2012, n. 14375; Cassazione civile,
Sezione Lavoro, Sentenza del 18/05/2006, n. 11664; Cassazione civile, Sezione
Lavoro, Sentenza del 09/05/2005, n. 9576).
MA ANCHE SUL PIANO
PENALISTICO
la Cassazione ha riconosciuto una chiara responsabilità in capo al datore di
lavoro, per gli infortuni subiti dal lavoratore (anche se dallo stesso
causati), che, per sopperire alla
inadeguatezza delle temperature negli ambienti di lavoro in relazione alle
proprie prestazioni lavorative, abbia provveduto altrimenti ad adeguarle in
modo da renderle meno disagevoli allo svolgimento delle proprie mansioni. Ciò
soprattutto se tale comportamento - sia pure imperito, imprudente o negligente
- del lavoratore fosse ben prevedibile
dal datore, che, ciò nonostante, non ha adottato le conseguenti misure
preventive/correttive (Corte di
Cassazione, Sez. Penale, sentenza del 21/11/2013, n. 9319).
È CHIARO che si tratta di casi e
situazioni estreme. Generalmente, e se non ci sono particolari attriti o ben
più gravi problematiche di fondo, c’è una certa tollerabilità delle condizioni
microclimatiche in cui si lavora ed una maggiore collaborazione tra lavoratori
e datore di lavoro, per il quale in ogni caso la responsabilità ex art. 2087
cod. civ. insorge laddove non fornisca la prova di aver adottato, pur in
difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di
prudenza necessarie alla tutela della salute e dell’integrità dei lavoratori.
Avvocato
Gabriella Sparano - Redazione
Giuridicamente parlando