In contesti di disgregazione familiare in cui le tensioni inevitabilmente
si amplificano, sorge spesso la necessità di considerare l’allontanamento dalla
casa familiare quale utile ed immediata soluzione per quietare gli animi e far
cessare, o quanto meno limitare, i litigi. Ciò tanto più in presenza di figli che,
già gravati dal peso e dal trauma della fine del legame affettivo genitoriale,
concepito come idealmente indissolubile, sono spesso costretti ad assistere,
loro malgrado, agli alterchi, talvolta furibondi, tra mamma e papà. La prole
non trae, dunque, certo giovamento dalle situazioni di quotidiano conflitto
generato da rabbia, rancore e continue recriminazioni. La questione, tuttavia,
non è di poco conto se si considera che uno dei principali doveri che
discendono dal matrimonio è proprio l’obbligo di coabitazione. L’ordinamento
giuridico, infatti, stabilisce che dal matrimonio derivi l’impegno reciproco
alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione
nell’interesse della famiglia ed alla coabitazione. Ciò significa che l’abbandono
del tetto coniugale, che interrompe la convivenza familiare, prima della
separazione legale, pone in essere una condotta che, sul piano giuridico, ha
delle conseguenze. Credo che soffermarsi sulla questione e comprendere se tale
comportamento sia sempre considerato illegittimo possa essere utile…
COABITARE È UN DOVERE Come ho
detto uno dei doveri che discendono dal matrimonio, secondo quanto disposto
dall’art. 143 del codice civile, è quello di coabitare e, pertanto,
l’allontanamento dalla casa, eletta quale residenza familiare, senza giusta causa,
costituisce, di per sé, violazione di legge con precise conseguenze giuridiche.
Da un punto di vista meramente civilistico, l’altro coniuge può, quindi,
chiedere, in questo caso, l’addebito
della separazione con conseguente condanna alle spese di giudizio e perdita
dell’assegno di mantenimento, qualora il coniuge che si allontana sia quello
economicamente più debole. In quest’ultimo caso, tuttavia, pur perdendo il
diritto all’assegno di mantenimento, commisurato alle condizioni ed al tenore
di vita tenuto durante il matrimonio, non perde il diritto agli alimenti ovvero
a quel contributo necessario alla sopravvivenza. Muta quindi il criterio di
calcolo e la misura dell’eventuale assegno. Ciò significa che il coniuge
economicamente più abbiente, che viene abbandonato (ipotesi, per la verità,
piuttosto rara), senza giustificazione, non sarà tenuto a versare alcunché
all’ex se questi ha proprie risorse economiche che gli consentano di
sopravvivere.
ABBANDONARE IL DOMICILIO PUÒ AVERE ANCHE CONSEGUENZE PENALI. Anche il codice penale disciplina la questione ed infatti
l’art. 570 stabilisce espressamente che chiunque, abbandonando il domicilio
domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale
delle famiglie, si sottrae agli obblighi
di assistenza morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o
alla qualità di coniuge (143, 146 del codice civile), è punito con la
reclusione fino a un anno o con la multa da 103 a 1032 euro.
Perché, dunque, sia configurabile il reato previsto e punito dalla norma in
esame è necessario che l’allontanamento sia ingiustificato e connotato da un
effettivo disvalore etico e sociale (Cassazione
penale, Sentenza del 2 aprile 2012, n. 12310). Ciò significa, dunque, che
non vi sarà responsabilità penale qualora l’allontanamento sia giustificato da
un valido motivo e sempre che chi si allontana non faccia venir meno i mezzi di
sussistenza alla famiglia.
QUANDO È GIUSTIFICATO ALLONTANARSI DALLA CASA FAMIGLIARE? Considerate le conseguenze cui ci si espone nel caso di
violazione del dovere di coabitazione pare consigliabile non agire d’impulso e
rivolgersi ad un legale il quale, esaminate le caratteristiche del caso, darà
indicazioni sulle corrette modalità da adottare per realizzare un
allontanamento che non generi responsabilità di alcun tipo, ovvero sia sul
piano civile, con riguardo alla separazione legale, sia su quello penale. In
linea di principio, e fatte salve le particolarità che talvolta si verificano
rimesse al prudente apprezzamento del giurista, l’allontanamento dalla casa familiare è legittimo e consentito nei seguenti casi:
- successivamente
al deposito della domanda di separazione sia nel caso in cui chi si
allontana sia il ricorrente sia quando costui sia il resistente o convenuto;
- quando il comportamento pericoloso di un coniuge mette a repentaglio la
sicurezza fisica e psicologica dell’altro (Tribunale
di Cassino, Sentenza del 10 novembre 2016);
- in presenza di situazioni di fatto, avvenimenti o comportamenti di altri (esempio
dell’altro coniuge o degli ascendenti) incompatibili
con il protrarsi della convivenza;
- quando è conseguenza e non causa di una crisi già in atto che rende
intollerabile la convivenza e la prosecuzione della vita in comune (Cassazione civile, Sentenza 2539/2014;
Cassazione civile, Sentenza n. 1696/2014; Cassazione civile n. 16285/2011).
MEGLIO EVITARE CHE L’ALLONTANAMENTO VENGA PORTATO IN
GIUDIZIO! È chiaro che affrontare un giudizio di
separazione incentrato sull’addebito per violazione del dovere di coabitazione
diventa defatigante, costoso e con esiti incerti. Dunque, anche quando si è
convinti di essere in presenza di una delle cause di giustificazione che ho
elencato è bene affrontare la questione con l’assistenza di un avvocato ed
evitare di lasciare tout court la
casa familiare. Il miglior modo per sciogliere ogni dubbio circa la legittimità
dell’allontanamento è sicuramente quello di raggiungere un accordo attraverso il quale si ottiene l’autorizzazione
all’abbandono e l’espressa rinuncia ad utilizzare tale condotta quale motivo di
addebito della separazione. In mancanza è sufficiente anche una dichiarazione unilaterale del coniuge
che, per così dire, subisce l’allontanamento o che lo ha espressamente
richiesto. È, tuttavia, indispensabile che tale scritto contenga sia
l’autorizzazione sia la rinuncia ad utilizzare la questione quale motivo di
addebito e che non si faccia riferimento alcuno alle cause che hanno reso
intollerabile la prosecuzione della convivenza che possono essere poi
strumentalizzate in un defatigante gioco al massacro di causa-effetto. Talvolta
si ritiene che per giustificare e rendere legittimo l’allontanamento sia
sufficiente aver ricevuto la missiva (di solito a firma del legale cui è stato
conferito mandato di assistenza e tutela) con la quale, essendo venuta meno l’affectio coniugalis, si preannuncia
l’avvio della procedura di separazione. A mio modesto avviso questo è vero solo
in parte poiché spesso tale missiva è farcita di motivi fondanti la separazione
che altro non sono che un semplice “j’accuse”,
contestabili e di per sé non giustificanti l’allontanamento.
L’ALLONTANAMENTO NON ANNULLA GLI ALTRI DOVERI. È appena il caso di ricordare che il coniuge che si
allontana con i figli ha l’obbligo di comunicare l’indirizzo ed il recapito
telefonico in modo da essere sempre reperibile in caso di urgenza. Fino alla
pronuncia del Giudice civile, in via provvisoria (in occasione dell’udienza
presidenziale) o definitiva con la sentenza che definisce il giudizio o,
ancora, fino a quando i coniugi non abbiano raggiunto un accordo poi omologato
dal Tribunale o nell’ambito della procedura di negoziazione assistita, il coniuge che si allontana, senza i figli, ha il diritto/dovere, nell’ambito del
proprio ruolo di responsabile genitoriale, di incontrarli e mantenere con loro
una relazione continuativa al fine di evitare qualunque rischio di alienazione
parentale. Del pari, come detto, mantiene il dovere di assistere moralmente e
materialmente la famiglia garantendo le medesime condizioni di vita sino a quel
momento godute, quanto meno sino ad una pronuncia giudiziale, o ad un accordo
tra coniugi, che stabilisca termini diversi.
PER CONCLUDERE pare
evidente che la questione, assai delicata, non possa essere risolta brevemente
e che ogni caso presenti delle peculiarità tali da richiedere attenta
riflessione ed accurato esame. Ogni vicenda familiare va approfondita con
l’ausilio di un esperto senza cedere a soluzioni istintive che possono sembrare
legittime ma solo all’apparenza!
Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite