Questo post vorrei dedicarlo a un tema che
per i puristi del diritto potrà sembrare non attinente alla materia giuridica,
ma che ha attratto la mia attenzione sia perché se ne è parlato all’indomani
dei drammatici attentati di Parigi dello scorso 13 novembre, sia perché credo
che prima o poi dovrà essere oggetto di regolamentazione giuridica a livello
internazionale. Mi riferisco al bitcoin, una moneta elettronica che, secondo la
carta stampata e l’informazione televisiva, costituisce una delle forme occulte
con cui il terrorismo, sempre più informatizzato e tecnologico, finanzia le
proprie operazioni in tutto il mondo. Infatti, sfruttando la velocità e la
globalità di Internet e consentendo di effettuare transazioni istantanee ed in
forma anonima, quindi non tracciabile, il bitcoin ben si presta a finalità
illecite in genere. Ma cos’è il bitcoin? Esiste una qualche forma di
regolamentazione e controllo? E, in Italia, come viene considerato dal punto di
vista giuridico?
NESSUNA POSSIBILITÀ DI CONTROLLO Tale sistema tuttavia rende impossibile alle autorità
il sequestro e qualsiasi intervento, perché è un sistema one way nel quale non è possibile annullare la
transazione una volta effettuata e
crittografato per garantire la segretezza e la sicurezza delle transazioni.
Con un semplice clic, si possono effettuare transazioni e movimentare grosse
quantità di denaro, e una volta a destinazione, i bitcoin si materializzano, al
momento del cambio, nella moneta legale voluta. Questa semplicità di utilizzo, l’anonimato,
l’assenza di intermediari, la velocità e l’accessibilità da qualunque posto, hanno
permesso al bitcoin di diventare in pochi anni largamente utilizzato
soprattutto nei Paesi d’Oltreoceano, dove esistono addirittura bancomat per
bitcoin. Ma, nonostante la diffusione e il potenziale uso illecito, alcuni timidi
tentativi da parte di alcuni Paesi di regolamentarli e l’interesse che
cominciano a dimostrare governi, banche centrali ed autorità di vigilanza, ad oggi non esiste ancora una
regolamentazione giuridica dei bitcoin, di cui è incerta la stessa natura:
denaro? Strumento finanziario? Bene immateriale?
in Italia il legislatore non si è ancora
occupato di questo fenomeno A parte una certa dottrina tecnica,
infatti, l’unica autorità pubblica nazionale che si è espressa in termini
negativi sulle valute virtuali è stata la Banca
d’Italia con una comunicazione del 30 gennaio 2015. Con questa
comunicazione, che fa da contrappeso ai toni entusiastici e rassicuranti di chi
lavora nel mondo delle valute virtuali, la stessa ha invitato
banche ed intermediari vigilati a tenere un atteggiamento prudenziale nei
confronti delle valute virtuali e a tenere conto dei possibili rischi derivanti
dal loro scambio e dalla loro detenzione: gravi perdite o furti,
fallimento delle piattaforme di scambio, attività di riciclaggio e altre
condotte criminali. Rischi derivanti proprio dall’attuale assenza di adeguati presidi e
di un quadro legale certo circa la
natura giuridica delle valute virtuali. D’altronde, con questa comunicazione la
Banca d’Italia non ha fatto altro che recepire quanto sostenuto dall’Autorità Bancaria Europea (European Banking
Authority, EBA) in un parere pubblicato a luglio del 2014 per promuovere un
processo di convergenza regolamentare a livello europeo e auspicare un intervento
delle istituzioni finalizzato a definire un quadro normativo armonizzato, che
riservasse l’operatività a soggetti autorizzati e definisse i requisiti in
materia di capitale e disciplina dei partecipanti al mercato e la protezione
dei conti della clientela. A ridare nuova linfa ai bitcoin dopo la battuta
d’arresto determinata dal parere dell’EBA e a chiarirne, in qualche modo, anche
la natura giuridica ci ha pensato di recente …
NUOVA LINFA DALla Corte di giustizia
dell’Unione europea che, occupandosi del caso di un cittadino
svedese che intendeva fornire servizi consistenti nel cambio di valute tradizionali
in bitcoin e viceversa, ha stabilito che, la
moneta virtuale è un mezzo di pagamento puro e va, pertanto, esonerata dal versamento dell’IVA (Corte di
Giustizia Europea, Sentenza del 22 ottobre 2015, Causa C-264/14),
chiarendone, in qualche modo, anche la natura giuridica.
concludendo è evidente che viviamo nell’era in cui l’evoluzione tecnologica, la digitalizzazione
e la dematerializzazione corrono più velocemente del diritto, creando strumenti
potenzialmente molto utili in quanto annullano le distanze, sono accessibili a
tutti e portano progresso e sviluppo. Si deve però considerare il rovescio
della medaglia, certi strumenti sono altrettanto pericolosi e insidiosi in
quanto, sfuggendo alla comprensione e alla disciplina giuridica, contengono il
rischio concreto di annullare o svuotare di significato i diritti inviolabili,
la tutela e gli interessi, pur se sanciti in carte costituzionali e trattati
internazionali.
Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando