lunedì 14 dicembre 2015

CONDOMINIO: CHI PAGA I DEBITI AI FORNITORI?


I debiti contratti dal Condominio nei confronti dei fornitori sono proprio un bel grattacapo per gli amministratori specie quando le casse languono e non si sa se e quando si riuscirà a pagarli. Proprio due giorni fa io stesso ho dovuto fronteggiarne uno che prometteva tuoni e lampi se a breve non fossi riuscito a saldargli quanto dovuto. Ho provato a spiegare al fornitore adirato che in quel condominio ci sono diversi morosi e, sebbene i solleciti e i ricorsi per ottenere i decreti ingiuntivi fossero partiti per tempo, ci sarebbe voluto del tempo prima di recuperare i quattrini ma questi non ha proprio voluto sentire ragioni. È una situazione spiacevole in cui un amministratore condominiale si trova abbastanza spesso, considerati i tempi e, quindi, la maggior parte di noi non paga il dovuto unicamente perché non ci sono fondi sufficienti sul conto corrente condominiale; non certo per cattiva volontà o negligenza. Ho così pensato di dedicare due post alla questione dei debiti dei condomìni per chiarire e spiegare sotto un profilo giuridico cosa succede quando i fornitori vengono a batter cassa e quali garanzie ci sono per coloro che, invece, sono proprietari diligenti avendo sempre pagato alle scadenze.

LA PRIMA REGOLA È… Vige innanzitutto un principio generale dettato dall’art. 1123, 1° comma, del codice civile: negli immobili in condominio le spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune, al pari di quelle relative alla prestazione di servizi e alle innovazioni, sono a carico dei singoli condomini in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà. Questo principio generale può tuttavia subire delle deroghe. Il secondo comma del medesimo articolo, ad esempio, dispone che, nell’ipotesi di beni destinati a servire i condomini in misura diversa, le spese vengano ripartite proporzionalmente, sulla scorta del diverso uso che ciascuno può farne. Il 3° comma, invece, prevede che quando l’edificio in condominio abbia più strutture (scale, cortili, lastrici solari), opere o impianti destinati a servire solo parte del fabbricato, le relative spese vadano imputate esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilità.

C’ERA UNA VOLTA L’OBBLIGAZIONE SOLIDALE Ciò detto è bene ricordare ai lettori che anteriormente alla riforma del condomino, entrata in vigore il 18 giugno del 2013, e prima dell’oramai famigerata quanto storica sentenza delle Sezioni Unite (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza dell’8 aprile 2008, n. 9148/2008), secondo un orientamento quasi del tutto univoco, la giurisprudenza era portata a considerare l’obbligazione assunta dal condominio alla stessa stregua di un’obbligazione solidale tout court, il che significava, in soldoni (è proprio il caso di dirlo) che il debito del condominio era ritenuto esigibile per intero nei confronti di ogni singolo condomino, a prescindere dalla quota millesimale di sua pertinenza e dal fatto che lo stesso avesse già eventualmente provveduto a versarla. In altri termini il creditore poteva soddisfarsi per intero sul patrimonio del singolo condomino, salvo il diritto di rivalsa di quest’ultimo nei confronti degli altri partecipanti al condominio. Cosa del tutto ingiusta se si pensa che qualsiasi proprietario  poteva vedere i propri beni aggrediti dal creditore del condominio insoddisfatto per saldare debiti verso fornitori magari cospicui per poi, una volta saldato, doversi attivare per recuperare i denari dagli altri condomini.

FORTUNATAMENTE È INTERVENUTA LA SUPREMA CORTE Come accennato, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha definitivamente escluso la solidarietà fra i condomini per le obbligazioni assunte verso terzi, ovvero i fornitori del condominio, affermando l’importante principio per cui: “La solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; in mancanza di quest’ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale. Considerato che l’obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro, e che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge, dal momento che l’art. 1123 c.c., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno da quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità – l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio della parziarietà, secondo regole consimili a quelle dettate dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie”. Sotto il profilo pratico ed attuativo, questa decisione ha comportato che il terzo creditore del condominio, una volta conseguita in giudizio la condanna dell’amministratore quale rappresentante dei condomini, ben potesse procedere esecutivamente nei confronti di questi ultimi ma non per l’intera somma dovuta, bensì solo nei limiti della quota di ciascuno. E questo è stato il quadro giuridico-normativo applicabile a tutte i debiti condominiali sorti prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio.

ECCO COSA È CAMBIATO CON LA RIFORMA Ora, per le obbligazioni sorte successivamente, dobbiamo fare riferimento alle nuove norme introdotte dalla Legge 220/2012. In questa sede, in considerazione dell’argomento trattato, quella che più ci interessa è ciò che stabilisce l’art. 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, per il quale: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”. La lettura di questa norma, così come ripensata e introdotta dalla riforma, meglio ci fa capire l’intento del Legislatore di apprestare una serie di garanzie affinché vengano tutelati i creditori, da un lato, e vengano salvaguardati i diritti dei proprietari in regola con i pagamenti, dall’altro.

IL PRINCIPIO DELLA SOLIDARIETÀ PERMANE SE… Prima di entrare nel merito della nuova disposizione, occorre fare due fondamentali premesse: la prima di carattere generale, che riguarda anche il periodo antecedente a quello in osservazione; la seconda più specifica, con valenza limitata al periodo successivo al 18 giugno 2013. È necessario, in primis, rilevare che il principio di parziarietà delle obbligazioni in capo al condominio, ora come allora, non risulta applicabile in assoluto. In verità anche le Sezioni Unite, nella sentenza n. 9148/08, avevano già lasciato intravedere detta limitazione, laddove nella motivazione veniva specificato come solo in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della parziarietà. Pertanto, anche in materia condominiale, sussiste un obbligo solidale (da considerarsi tuttavia residuale) nel caso di obbligazione espressamente ritenuta tale dalla legge sicché, in questi casi, il creditore potrà esigere l’intero importo dell’obbligazione nei confronti del singolo condomino. Sono i casi di responsabilità disciplinati dall’art. 2055 del codice civile, per il quale: “Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali”.

CERCHIAMO DI CAPIRE MEGLIO… si pensi all’ipotesi della commissione di un fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, oppure al risarcimento danni cagionato dalle cose in custodia. Ancora più precisamente faccio l’esempio di un danno provocato da un cornicione della facciata non mantenuto in buono stato secondo l’ordinaria diligenza, la cui custodia ovviamente spetta al condominio. L’obbligazione risarcitoria che ne deriva, una volta accertato e quantificato il danno, risulta esigibile nei confronti anche del singolo condomino per l’intero, e ciò pure nella vigenza della nuova normativa. Detto principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 29 gennaio 2015, n. 1674), chiamata a giudicare in merito ai danni provocati ad un magazzino posto al piano scantinato e ai locali adibiti a esercizio commerciale, da infiltrazioni di acqua e ristagni provenienti da beni condominiali. In questa occasione è stato ricordato come “l’applicabilità dell’art. 2055 (che opera un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota) ai danni della cosa condominiale in custodia trova una prima conferma, innanzi tutto, in alcuni precedenti di questa Corte, come Cass. n. 6665/09, che ha ritenuto il condomino danneggiato quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il danno stesso (con conseguente inapplicabilità dell'art. 1227 c.c., comma 1); Cass. n. 4797/01, per l’ipotesi di danni da omessa manutenzione del terrazzo di copertura cagionati al condomino proprietario dell'unità immobiliare sottostante; Cass. n. 6405/90, secondo cui i singoli proprietari delle varie unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, sono a norma dell'art. 1117 c.c. (salvo che risulti diversamente dal titolo) comproprietari delle parti comuni, tra le quali il lastrico solare, assumendone la custodia con il correlativo obbligo di manutenzione, con la conseguenza, nel caso di danni a terzi per difetto di manutenzione del detto lastrico, della responsabilità solidale di tutti i condomini, a norma degli artt. 2051 e 2055 c.c.”. Ciò posto, è stato stabilito il principio per cui: “Il custode non può essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ex art. 1117 c.c. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, 1 comma c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili”.

IL SISTEMA DI GARANZIE INTRODOTTE CON LA RIFORMA La seconda considerazione che, questa volta, riguarda esclusivamente il periodo successivo all’entrata in vigore della riforma, è quella per cui, in linea teorica, non ci si dovrebbe più preoccupare della parziarietà dell’obbligazione, nei termini pratici del recupero materiale del credito da parte del terzo, proprio in virtù delle novità introdotte in materia condominiale. Infatti, il novellato art. 1135 del codice civile, al numero 4, stabilisce come l’assemblea dei condomini provvede: “alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”. Ciò presuppone che i fondi necessari al pagamento dei creditori, dovrebbero già essere accantonati per intero, o in virtù dello stato di avanzamento, prima dell’inizio dei lavori e, quindi, materialmente corrisposti nel momento dell’ultimazione degli stessi ovvero alla fine dei singoli stati di avanzamento. A ciò si aggiunga come il nuovo art. 1129 del codice civile, al numero IX, dispone che: “Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”, pertanto, anche con decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e senza alcuna necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea. Anche in questo caso appare plausibile ipotizzare che, prima che il terzo creditore batta cassa, l’amministratore, per mezzo della procedura anche esecutiva, riesca a reperire le somme necessarie ad estinguere l’obbligazione contratta verso terzi, evitando un’azione giudiziaria.

MA NELLA PRATICA, TALVOLTA NON BASTA… La nuova normativa ha definito una serie di obblighi per l’amministratore, la cui violazione fonderebbe l’ipotesi della grave irregolarità e, contestualmente, legittimerebbe la revoca dello stesso da parte dell’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condominio, secondo quanto previsto dall’art. 1129 del codice civile, proprio al fine di arginare fenomeni di eccesivo indebitamento da parte del condominio e, pertanto, la coesistenza di un rilevante numero di creditori che inevitabilmente cercherebbero di soddisfarsi sul patrimonio dei singoli condomini. Questo almeno nella teoria e nelle buone intenzioni del Legislatore. Sappiamo bene, ed io grazie alla mia professione ne sono primo testimone, che nella realtà le cose non vanno proprio così, posto che vi sono molti casi di edifici condominiali in cui si registra la presenza di situazioni di grave indebitamento di più condomini contemporaneamente, dove magari esistono già procedure esecutive immobiliari a loro carico che però, come l’esperienza sul campo insegna, presumibilmente non si risolveranno in tempi brevi. In tali casi la sofferenza di liquidità del condominio non è arginabile con la sola normativa vigente richiedendo, invece, spesso un intervento straordinario da parte degli altri condomini in regola con i pagamenti ad esempio mediante la costituzione di un fondo di solidarietà per sopperire alle morosità importanti e quindi alla necessità di pagare i creditori prima che questi inizino ad aggredire il patrimonio comune. Ma questo sarà l’argomento che tratterò nel prossimo post con il quale avrò modo di analizzare cosa succede, in concreto, quando uno o più fornitori decidono di agire esecutivamente nei confronti del condominio per debiti non pagati.


Dottor Massimo Botti – Studio Comite