I debiti contratti dal Condominio nei confronti dei
fornitori sono proprio un bel grattacapo per gli amministratori specie quando
le casse languono e non si sa se e quando si riuscirà a pagarli. Proprio due
giorni fa io stesso ho dovuto fronteggiarne uno che prometteva tuoni e lampi se
a breve non fossi riuscito a saldargli quanto dovuto. Ho provato a spiegare al
fornitore adirato che in quel condominio ci sono diversi morosi e, sebbene i
solleciti e i ricorsi per ottenere i decreti ingiuntivi fossero partiti per
tempo, ci sarebbe voluto del tempo prima di recuperare i quattrini ma questi non
ha proprio voluto sentire ragioni. È una situazione spiacevole in cui un amministratore condominiale si trova abbastanza spesso, considerati i tempi e, quindi, la
maggior parte di noi non paga il dovuto unicamente perché non ci sono fondi
sufficienti sul conto corrente condominiale; non certo per cattiva volontà o
negligenza. Ho così pensato di dedicare due post alla questione dei debiti dei
condomìni per chiarire e spiegare sotto un profilo giuridico cosa succede
quando i fornitori vengono a batter cassa e quali garanzie ci sono per coloro
che, invece, sono proprietari diligenti avendo sempre pagato alle scadenze.
LA PRIMA REGOLA È… Vige
innanzitutto un principio generale dettato dall’art. 1123, 1° comma, del codice
civile: negli immobili in condominio le
spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune,
al pari di quelle relative alla prestazione di servizi e alle innovazioni, sono
a carico dei singoli condomini in misura
proporzionale al valore delle rispettive proprietà. Questo principio
generale può tuttavia subire delle deroghe. Il secondo comma del medesimo
articolo, ad esempio, dispone che, nell’ipotesi di beni destinati a servire i
condomini in misura diversa, le spese vengano ripartite proporzionalmente,
sulla scorta del diverso uso che ciascuno può farne. Il 3° comma, invece,
prevede che quando l’edificio in condominio abbia più strutture (scale,
cortili, lastrici solari), opere o impianti destinati a servire solo parte del
fabbricato, le relative spese vadano imputate esclusivamente al gruppo di
condomini che ne trae utilità.
C’ERA UNA VOLTA L’OBBLIGAZIONE SOLIDALE Ciò detto è bene ricordare ai lettori che anteriormente
alla riforma del condomino, entrata in vigore il 18 giugno del 2013, e prima
dell’oramai famigerata quanto storica sentenza delle Sezioni Unite (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza dell’8
aprile 2008, n. 9148/2008), secondo un orientamento quasi del tutto
univoco, la giurisprudenza era portata a considerare l’obbligazione assunta dal
condominio alla stessa stregua di un’obbligazione solidale tout court, il che significava, in soldoni (è proprio il caso di
dirlo) che il debito del condominio era
ritenuto esigibile per intero nei confronti di ogni singolo condomino, a
prescindere dalla quota millesimale di sua pertinenza e dal fatto che lo stesso
avesse già eventualmente provveduto a versarla. In altri termini il creditore
poteva soddisfarsi per intero sul patrimonio del singolo condomino, salvo il
diritto di rivalsa di quest’ultimo nei confronti degli altri partecipanti al
condominio. Cosa del tutto ingiusta se si pensa che qualsiasi proprietario poteva vedere i propri beni aggrediti dal
creditore del condominio insoddisfatto per saldare debiti verso fornitori magari cospicui per poi, una volta saldato, doversi attivare per recuperare i denari dagli
altri condomini.
FORTUNATAMENTE È INTERVENUTA LA SUPREMA CORTE Come accennato, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha
definitivamente escluso la solidarietà fra i condomini per le obbligazioni assunte
verso terzi, ovvero i fornitori del condominio, affermando l’importante
principio per cui: “La solidarietà
passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della
pluralità dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresì
della indivisibilità della prestazione comune; in mancanza di quest’ultimo
requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca
parziarietà della obbligazione prevale. Considerato che l’obbligazione ascritta
a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di
danaro, e che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna
disposizione di legge, dal momento che l’art. 1123 c.c., interpretato secondo
il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non
distingue il profilo esterno da quello interno; rilevato, infine, che - in conformità
con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non
incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della
relativa responsabilità – l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle
sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, le
obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal
criterio della parziarietà, secondo regole consimili a quelle dettate dagli
artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie”. Sotto il
profilo pratico ed attuativo, questa decisione ha comportato che il terzo
creditore del condominio, una volta conseguita in giudizio la condanna dell’amministratore
quale rappresentante dei condomini, ben potesse procedere esecutivamente nei
confronti di questi ultimi ma non per l’intera somma dovuta, bensì solo nei
limiti della quota di ciascuno. E questo è stato il quadro giuridico-normativo
applicabile a tutte i debiti condominiali sorti prima dell’entrata in vigore
della riforma del condominio.
ECCO COSA È CAMBIATO CON LA RIFORMA Ora, per le obbligazioni sorte successivamente, dobbiamo
fare riferimento alle nuove norme introdotte dalla Legge 220/2012. In questa
sede, in considerazione dell’argomento trattato, quella che più ci interessa è
ciò che stabilisce l’art. 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile,
per il quale: “Per la riscossione dei
contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore,
senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di
ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a
comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei
condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati
in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. In
caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre,
l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi
comuni suscettibili di godimento separato. Chi subentra nei diritti di un
condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi
relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità
immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi
maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica
del titolo che determina il trasferimento del diritto”. La lettura di
questa norma, così come ripensata e introdotta dalla riforma, meglio ci fa
capire l’intento del Legislatore di apprestare una serie di garanzie affinché
vengano tutelati i creditori, da un lato, e vengano salvaguardati i diritti dei
proprietari in regola con i pagamenti, dall’altro.
IL PRINCIPIO DELLA SOLIDARIETÀ PERMANE SE… Prima di entrare nel merito della nuova disposizione,
occorre fare due fondamentali premesse: la prima di carattere generale, che
riguarda anche il periodo antecedente a quello in osservazione; la seconda più
specifica, con valenza limitata al periodo successivo al 18 giugno 2013. È necessario,
in primis, rilevare che il principio di parziarietà delle obbligazioni in capo
al condominio, ora come allora, non risulta applicabile in assoluto. In verità
anche le Sezioni Unite, nella sentenza n. 9148/08, avevano già lasciato
intravedere detta limitazione, laddove nella motivazione veniva specificato
come solo in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il
principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel caso di
obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della parziarietà. Pertanto, anche
in materia condominiale, sussiste un obbligo solidale (da considerarsi tuttavia
residuale) nel caso di obbligazione espressamente ritenuta tale dalla legge
sicché, in questi casi, il creditore potrà esigere l’intero importo dell’obbligazione
nei confronti del singolo condomino. Sono
i casi di responsabilità disciplinati dall’art. 2055 del codice civile, per
il quale: “Se il fatto dannoso è
imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del
danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri,
nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità
delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si
presumono uguali”.
CERCHIAMO DI CAPIRE MEGLIO… si pensi all’ipotesi della commissione di un fatto doloso o
colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, oppure al risarcimento danni cagionato dalle cose in custodia. Ancora più precisamente faccio
l’esempio di un danno provocato da un cornicione della facciata non mantenuto
in buono stato secondo l’ordinaria diligenza, la cui custodia ovviamente spetta
al condominio. L’obbligazione risarcitoria che ne deriva, una volta accertato e
quantificato il danno, risulta esigibile nei confronti anche del singolo
condomino per l’intero, e ciò pure nella vigenza della nuova normativa. Detto
principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 29 gennaio 2015, n. 1674),
chiamata a giudicare in merito ai danni provocati ad un magazzino posto al
piano scantinato e ai locali adibiti a esercizio commerciale, da infiltrazioni
di acqua e ristagni provenienti da beni condominiali. In questa occasione è stato
ricordato come “l’applicabilità dell’art.
2055 (che opera un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover
agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota) ai danni della cosa
condominiale in custodia trova una prima conferma, innanzi tutto, in alcuni
precedenti di questa Corte, come Cass. n. 6665/09, che ha ritenuto il condomino
danneggiato quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il
danno stesso (con conseguente inapplicabilità dell'art. 1227 c.c., comma 1);
Cass. n. 4797/01, per l’ipotesi di danni da omessa manutenzione del terrazzo di
copertura cagionati al condomino proprietario dell'unità immobiliare
sottostante; Cass. n. 6405/90, secondo cui i singoli proprietari delle varie
unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, sono a norma dell'art.
1117 c.c. (salvo che risulti diversamente dal titolo) comproprietari delle
parti comuni, tra le quali il lastrico solare, assumendone la custodia con il
correlativo obbligo di manutenzione, con la conseguenza, nel caso di danni a
terzi per difetto di manutenzione del detto lastrico, della responsabilità
solidale di tutti i condomini, a norma degli artt. 2051 e 2055 c.c.”. Ciò
posto, è stato stabilito il principio per cui: “Il custode non può essere identificato né nel condominio, interfaccia
idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur
sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo
questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono
considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di
fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni
comuni ex art. 1117 c.c. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del
danno da cosa in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola
della responsabilità solidale ex art. 2055, 1 comma c.c., individuati nei
singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili”.
IL
SISTEMA DI GARANZIE INTRODOTTE CON LA RIFORMA La seconda considerazione
che, questa volta, riguarda esclusivamente il periodo successivo all’entrata in
vigore della riforma, è quella per cui, in linea teorica, non ci si dovrebbe
più preoccupare della parziarietà dell’obbligazione, nei termini pratici del
recupero materiale del credito da parte del terzo, proprio in virtù delle
novità introdotte in materia condominiale. Infatti, il novellato art. 1135 del
codice civile, al numero 4, stabilisce come l’assemblea dei condomini provvede:
“alle opere di manutenzione straordinaria
e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo
pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un
contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo
stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli
pagamenti dovuti”. Ciò presuppone che i fondi necessari al pagamento dei
creditori, dovrebbero già essere accantonati per intero, o in virtù dello stato
di avanzamento, prima dell’inizio dei lavori e, quindi, materialmente
corrisposti nel momento dell’ultimazione degli stessi ovvero alla fine dei
singoli stati di avanzamento. A ciò si aggiunga come il nuovo art. 1129 del
codice civile, al numero IX, dispone che: “Salvo
che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è
tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati
entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è
compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per
l’attuazione del presente codice”, pertanto, anche con decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo e senza alcuna necessità di autorizzazione da parte
dell’assemblea. Anche in questo caso appare plausibile ipotizzare che, prima
che il terzo creditore batta cassa, l’amministratore, per mezzo della procedura
anche esecutiva, riesca a reperire le somme necessarie ad estinguere l’obbligazione
contratta verso terzi, evitando un’azione giudiziaria.
MA NELLA PRATICA, TALVOLTA NON BASTA… La nuova normativa ha definito una serie di obblighi per
l’amministratore, la cui violazione fonderebbe l’ipotesi della grave
irregolarità e, contestualmente, legittimerebbe la revoca dello stesso da parte
dell’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condominio, secondo quanto
previsto dall’art. 1129 del codice civile, proprio al fine di arginare fenomeni
di eccesivo indebitamento da parte del condominio e, pertanto, la coesistenza
di un rilevante numero di creditori che inevitabilmente cercherebbero di
soddisfarsi sul patrimonio dei singoli condomini. Questo almeno nella teoria e
nelle buone intenzioni del Legislatore. Sappiamo bene, ed io grazie alla mia
professione ne sono primo testimone, che nella
realtà le cose non vanno proprio così, posto che vi sono molti casi di
edifici condominiali in cui si registra la presenza di situazioni di grave
indebitamento di più condomini contemporaneamente, dove magari esistono già
procedure esecutive immobiliari a loro carico che però, come l’esperienza sul
campo insegna, presumibilmente non si risolveranno in tempi brevi. In tali casi
la sofferenza di liquidità del condominio non è arginabile con la sola normativa
vigente richiedendo, invece, spesso un intervento straordinario da parte degli
altri condomini in regola con i pagamenti ad esempio mediante la costituzione di un fondo di solidarietà
per sopperire alle morosità importanti e quindi alla necessità di pagare i
creditori prima che questi inizino ad aggredire il patrimonio comune. Ma questo
sarà l’argomento che tratterò nel prossimo post con il quale avrò modo di
analizzare cosa succede, in concreto, quando uno o più fornitori decidono di
agire esecutivamente nei confronti del condominio per debiti non pagati.
Dottor Massimo Botti – Studio Comite