La quotidianità dello studio legale ci mette a confronto con persone
incensurate cui talvolta può capitare di commettere una sciocchezza che, in
genere, pagano con l’angoscia di una pendenza penale sul capo. Il pensiero va
immediatamente a quei reati quali la ricettazione e il furto aggravato, ma la Legge
n. 67 del 28 Aprile 2014 ha introdotto, nell’ambito del processo alle persone
maggiorenni, l’istituto della sospensione
del procedimento con messa alla prova, chiaramente ispirato alla probation
anglosassone e già previsto nell’ambito del processo penale per i minorenni. La
finalità deflattiva dell’istituto consiste non solo nel ridurre la durata dei
tempi del processo (con notevole risparmio di attività e risorse da parte dello
Stato) ma anche nell’evitare il sovraffollamento delle carceri e, non ultimo, per evitarne il contatto per i soggetti incensurati che
commettono reati di gravità e di allarme sociale non particolarmente elevati. Per
molti assistiti si tratta di un utile strumento non solo per risolvere in tempi
brevi la pendenza penale ma anche per evitare il carcere, senza sostenere
esborsi per pene pecuniarie poiché la pena viene scontata lavorando. La fedina
penale resta poi sgombra da condanne definitive e, infatti, il reato, in caso
di esito positivo della messa alla prova, viene dichiarato estinto. Vediamo
come funziona...
I PRESUPPOSTI APPLICATIVI
sono indicati nel nuovo art. 168 bis del codice penale. La sospensione
del processo con messa alla prova è, dunque, possibile per tutti quei reati che
siano:
- puniti con la sola pena
pecuniaria;
- puniti con pena detentiva non
superiore nel massimo a quattro anni di reclusione, sola, congiunta o
alternativa alla pena pecuniaria;
-
- per quelli previsti dal comma 2
dell’art. 550 del codice di procedura penale, cioè per tutti quelli a citazione
diretta dinnanzi al Tribunale Monocratico, quali per esempio la ricettazione e
il furto aggravato.
Sono esclusi dal beneficio i
soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. La
sospensione del procedimento con messa alla prova è incompatibile con lo
stato di detenzione. Ancora: la sospensione del procedimento con la MAP
ovvero la messa alla prova può essere
chiesta una sola volta.
LA RICHIESTA DELLA MAP può essere effettuata già nella fase delle indagini
preliminari ed entro l’udienza preliminare ovvero, nel caso dei reati a
citazione diretta o nel procedimento per direttissima, entro la dichiarazione
di apertura del dibattimento. Nel caso di decreto penale di condanna la
richiesta va fatta nell’atto di opposizione. La sospensione non può eccedere i
due anni per i reati puniti con pena detentiva e un anno per i reati puniti con
la sola pena pecuniaria.
E IL PROGRAMMA TRATTAMENTALE La
richiesta può essere fatta dall’imputato
personalmente o dal suo difensore il quale deve però essere munito di procura speciale. A livello
pratico, il primo passo consiste nel rivolgersi all’Ufficio Esecuzione Penale
Esterna, richiedendo la redazione di un programma
trattamentale, elemento centrale dell’istituto in questione (può
richiederlo l’imputato oppure il difensore con procura speciale). Il programma
trattamentale consiste nella strutturazione di un “percorso” di lavori di
pubblica utilità, da esercitarsi presso enti pubblici o strutture di
volontariato, attività queste che devono risultare compatibili con le normali
esigenze di vita, di studio, di lavoro e di famiglia dell’imputato stesso. Il
programma prevede anche una serie di prescrizioni di condotta (ad es. divieto
di frequentare un certo tipo di locali), condotte riparatorie, mediazione con
la persona offesa e, ove possibile, risarcitorie. Il programma viene elaborato
dall’UEPE (che svolge la funzione dei servizi sociali, ovvero di affidatario
del soggetto messo alla prova) attraverso una serie di colloqui con l’imputato
e tale elaborazione richiede solitamente del tempo, anche per individuare l’ente
o la struttura disponibile ad accogliere l’imputato per la prestazione
dell'attività lavorativa.
LA RICEVUTA DI RICHIESTA È IMPORTANTE Per conciliare questa
tempistica con i termini processuali, questa infatti viene allegata all’atto di opposizione a decreto penale di condanna
con cui si richiede la MAP ed è sempre
questa che viene depositata dal difensore in udienza preliminare o nella prima
udienza dibattimentale, sempre unitamente alla dichiarazione di
disponibilità dell’ente presso il quale l’imputato presterà la sua attività
lavorativa. A seguito dell’opposizione, il Giudice per le Indagini preliminari
fissa udienza per il deposito del programma definitivo. In udienza preliminare
o in dibattimento, il Giudice non può sospendere il processo in mancanza del
programma, però, di fronte al deposito della domanda di programma, dispone un rinvio
al fine di consentire all’Avvocato il deposito del programma stesso.
IL PROCESSO VIENE SOSPESO SOLO CON IL DEPOSITO È solo col deposito
del programma che il Giudice può disporre la sospensione del processo (previo
parere favorevole del Pubblico Ministero e solo laddove il giudice non debba
pronunciare il proscioglimento secondo quanto previsto dall’art. 129 del codice
di procedura penale), e la fissazione di un termine iniziale (la firma, da
parte dell’imputato, del verbale di messa alla prova a cura dell’UEPE) e di un
termine finale della messa alla prova, entro il quale deve essere completato il
programma. Viene fissata altresì un’udienza nella quale il Giudice, sulla base
della relazione finale dell’UEPE, valuterà se la messa alla prova ha dato o
meno esito positivo. La sospensione del termine di prescrizione è sospesa dal
momento in cui il Giudice dispone la sospensione e fino al termine della stessa
ma non nel periodo che va dalla richiesta della sospensione alla sua ammissione.
Se l’esito è positivo il Giudice, con sentenza, dichiara estinto il
reato. Se è negativo dispone la ripresa del processo dal punto in cui
si era interrotto ma, in sede esecutiva, il PM di esecuzione dovrà detrarre
dalla pena da eseguire un periodo corrispondente al periodo di sospensione (tre
giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o a Euro 250,00 di
multa o ammenda).
LE CONSEGUENZE DELL’ESTINZIONE
DEL REATO sono la non comparizione, nel casellario, di una condanna, sostituita
dalla semplice menzione del fatto che il soggetto ha usufruito del beneficio.
L’esito positivo della messa alla prova non preclude tuttavia l’applicazione
delle sanzioni amministrative accessorie. Una questione delicatissima è se, in
occasione della domanda di partecipazione ad un concorso pubblico, laddove
venga richiesto di indicare eventuali condanne o pendenze, il soggetto messo
alla prova con esito positivo possa, senza incorrere nel reato di falso
ideologico, dichiarare di non aver mai avuto condanne. La messa alla prova con
esito positivo estingue il reato. L’analisi
della giurisprudenza amministrativa (Consiglio
di Stato e TAR Lazio in particolare) in tema di autocertificazione delle
condanne penali ai sensi dell’art. 38 comma 1 lettera c) del Decreto Legislativo
n. 193 del 2006 porta a concludere che non vi è obbligo di auto-dichiarare i
reati estinti. Vanno invece dichiarate le condanne per le quali è prevista la
non menzione nel casellario (sebbene non visibili nel certificato richiesto dal
privato). La regola sembrerebbe suscettibile di estensione generalizzata ma
prima di presentare la domanda è opportuno esaminare attentamente il bando di
concorso e consultare un legale. La MAP avrebbe quindi un ulteriore vantaggio: non precludere al beneficiario la partecipazione
ai concorsi pubblici.
LE POSSIBILI SOVRAPPOSIZIONI
CON ALTRI ISTITUTI tra cui il lavoro di pubblica utilità richiedibile per i
reati previsti dal Codice della Strada richiedono un attento esame al momento
della scelta della strategia da seguire. Di fronte ad un reato di quest’ultima
categoria può essere scelta la MAP oppure il vecchio lavoro di pubblica
utilità: a livello pratico, l’attività richiesta all’imputato è la stessa, gli
effetti sono identici (estinzione del reato). In questo caso scegliere il
“vecchio” istituto permette di non “bruciare” la possibilità della MAP.
IN CONCLUSIONE può
affermarsi che la nuova MAP, che già nel campo del diritto penale minorile ha
dato risultati molto soddisfacenti, appare come uno strumento utile tanto per
il sistema giustizia quanto per il privato, consentendogli di risolvere il
problema (ove chiaramente ricorrano i presupposti di legge) in modo più rapido,
evitando la reclusione o il pagamento di pene pecuniarie, senza alcuno stigma
sociale e senza compromettere (generalmente) le possibilità lavorative. Soltanto
il tempo e la pratica potranno dimostrare se queste aspettative sono fondate o
meno.
Avvocato Maria Elisabetta Puri –
Giuridicamente parlando