Gli orientamenti degli ultimi mesi del Tribunale di Milano
possono indurre a pensare che la parola anatocismo sia destinata a scomparire
dal panorama bancario. In realtà, in materia di anatocismo, regna ancora una
grande incertezza derivante dalle differenti interpretazioni del nuovo articolo
120 del testo unico bancario, norma di riferimento sulla produzione e la
capitalizzazione degli interessi. Basti pensare che, tra gli altri, il
Tribunale di Torino, con un’ordinanza emessa proprio pochi giorni fa, ha
respinto un ricorso presentato da un’associazione dei consumatori contro una banca
piemontese; quest’ultima pronuncia, che fa seguito a numerose altre decisioni
dello stesso avviso, sembra dunque rafforzare l’orientamento per il quale
l’art. 120 TUB è inoperante in attesa dell’adozione di un’apposita
regolamentazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio
che dovrebbe finalmente porre fine a questa discrepanza di vedute. Quali sono i
motivi che hanno portato i Giudici a decisioni di segno opposto? Procediamo con
ordine...
È DOVEROSA UNA BREVE PREMESSA L’anatocismo è un metodo di calcolo degli interessi per cui
gli interessi maturati secondo una certa periodicità maturano altri interessi,
i quali sono sommati al capitale dato in prestito in modo tale da contribuire a
maturare altri interessi nei periodi successivi. In parole semplici, per anatocismo bancario si intende il costo
del denaro quando si chiede un prestito alla banca. L’anatocismo pertanto può
essere definito come un moltiplicatore
del debito perché ad ogni scadenza di pagamento verranno sommati anche gli
interessi che già sono stati pagati alla scadenza e che faranno parte
integrante del capitale nel nuovo intervallo temporale (in ambito bancario solitamente
un trimestre) ai quali si aggiungeranno nuovi interessi passivi.
IL DATO LEGISLATIVO PREVEDE L’ABOLIZIONE DELL’ANATOCISMO BANCARIO
IN OGNI SUA FORMA A PARTIRE DAL 1 GENNAIO 2014 La legge 27 dicembre 2013, n. 147, meglio nota come Legge di Stabilità 2014, infatti, ha
modificato l’art. 120 secondo comma, TUB, ponendo fine alla prassi degli interessi sugli interessi dei conti
correnti. La legge, tuttavia, ha
affidato al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio la regolamentazione
di alcuni aspetti, regolamentazione a tutt’oggi non ancora attuata. La
nuova disciplina che, come abbiamo detto, è stata introdotta con la Legge di
Stabilità 2014, ha espressamente previsto quanto segue: “Il CICR stabilisce
modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in
essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente
sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel
conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente
capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive
operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte
capitale”.
BANCA D’ITALIA DICE CHE LA NORMA NON È SUBITO OPERATIVA La nuova norma sancisce quindi il divieto di
capitalizzazione periodica degli interessi, innovando rispetto alla norma
previgente, che prevedeva la legittimità dell’anatocismo a condizione che gli
interessi attivi e passivi fossero capitalizzati con la stessa periodicità. È
dunque necessario comprendere se la nuova disciplina sia immediatamente
operativa, quindi in vigore dal primo gennaio 2014, oppure se la stessa possa
entrare in vigore soltanto dopo la delibera del CICR. La Banca d’Italia ha
dichiarato che la previsione di abolizione dell’anatocismo di cui al rinnovato testo
dell’art. 120 TUB non sarebbe stata operativa fino all’emanazione da parte del Comitato dei decreti attuativi.
Inoltre, anche la dottrina ed i commentatori in generale propendono per questa seconda
ipotesi.
DI DIVERSO AVVISO IL TRIBUNALE DI MILANO Con due distinte ordinanze collegiali del 25.03.2015 e del
03.04.2015, rese a seguito di un ricorso
cautelare depositato da una associazione di consumatori, secondo la
previsione dell’art. 140, comma 8, del Codice del Consumo, al fine di inibire
gli atti ed i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori, i Giudici
del Tribunale di Milano hanno accolto
il ricorso, sancendo così un rilevante principio secondo cui il nuovo art. 120,
comma secondo, TUB non necessita di attuazioni ed è da considerare in vigore a
partire dal primo gennaio 2014. Si afferma infatti nel testo delle Ordinanze
che “l’interpretazione s’impone in forza
del dato letterale della norma, lapidario, dove precisa che gli interessi non
possano produrre ulteriori interessi”. Il Tribunale dunque, alla luce della
mera interpretazione letterale del nuovo art. 120 TUB, ha statuito che le banche ben possano già escludere dalle
condizioni economiche qualsiasi clausola anatocistica, sia per i contratti in
essere, sia per quelli ancora da stipulare, senza dover attendere la normativa
regolamentare secondaria del CICR. In altre parole, è possibile affermare che
il Tribunale di Milano sta anticipando oggi gli effetti di un esito che appare
comunque vincolato al divieto di applicazione di interessi sugli interessi. La
giurisprudenza milanese, nello specifico, ha ritenuto che i giusti motivi
d’urgenza necessari al fine di accogliere un ricorso cautelare siano da
individuare esclusivamente nella necessità di assicurare una tutela tempestiva
agli interessi dei consumatori.
LA DECISIONE DI SEGNO OPPOSTO DEL TRIBUNALE DI TORINO Parallelamente alla linea interpretativa fatta propria dai
Giudici milanesi, i colleghi di Torino hanno respinto in via definitiva un
ricorso in materia di anatocismo promosso da un’associazione di consumatori; i giudici
della prima sezione civile, infatti, hanno affermato che mancherebbero i presupposti per un intervento cautelare in materia di
anatocismo e che, inoltre, in attesa della delibera regolamentare del CICR
prevista dalla legge, è scorretto anticipare il divieto di capitalizzazione
degli interessi. Con una lettura “ortodossa” dell’articolo 120 TUB, la corte
piemontese ha dunque rimandato la questione degli interessi
sugli interessi all’emanazione del decreto attuativo del CICR. Nella
motivazione del procedimento, i giudici torinesi hanno infatti fornito una
lettura unitaria dell’articolo 120 del Testo Unico Bancario, mentre la
giurisprudenza milanese privilegia la sola lettera b), ai sensi della quale gli
interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi
ulteriori. Il Tribunale piemontese ha precisato che “la norma, proprio in base all’interpretazione letterale, non intende
essere immediatamente precettiva, in quanto rimanda a una delibera del CICR le modalità
e i criteri per la produzione degli interessi ponendo peraltro dei limiti alla
normativa di rango inferiore e cioè prescrivendo che la stessa dovrà osservare
il divieto di anatocismo”. L’orientamento seguito dal Tribunale di Torino
mira del resto a salvaguardare l’operatività del Comitato Interministeriale per
il Credito ed il Risparmio, a cui la Legge n. 386/1993 ha attribuito l’alta
vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio. È del tutto
evidente, infatti, che l’art. 120 TUB, ove interpretato come precetto
immediatamente operativo, verrebbe a configgere con l’intero sistema, eliminando
la stessa funzione del CICR.
ADDIO ANATOCISMO? Proprio in questi giorni è stata sottoposta a
consultazione (e lo resterà fino al
23 ottobre 2015) la proposta di
delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio
attuativa dell’art. 120, comma 2 del Testo Unico Bancario. Le soluzioni
interpretative accolte con tale delibera sono state condivise con il Ministero dell’Economia
e delle Finanze e dovrebbero finalmente porre fine alle contraddittorie letture
del TUB. In particolare, il CICR evidenzia come l’art. 120, comma 2, TUB
stabilisca la regola fondamentale del divieto di produzione di interessi
anatocistici e, in coerenza con l’intenzione del legislatore, ha ritenuto che
l’interpretazione letterale della norma non consenta mai
la capitalizzazione degli interessi nelle operazioni da essa disciplinate.
Dottor Nicolò Piccaluga – Redazione Giuridicamente
parlando