Non potrà esserci alcuna black list dei cittadini morosi
online sul sito del Comune; l’Autorità Garante per la protezione dei dati
personali ha, infatti, ritenuto che si tratterebbe di un inutile ed
irragionevole strumento vessatorio lesivo della dignità delle persone. La
balzana idea del Sindaco di Mulazzo (comune della Toscana) di mettere alla
gogna pubblica coloro che non hanno pagato i tributi, fortunatamente, è stata
bloccata dal parere esposto dall’Authority della privacy la quale ha spiegato
come la procedura approvata dal Consiglio comunale violi il principio di
legalità sotto diversi profili. Cerchiamo allora di capire per quali motivi il
Comune non è autorizzato a pubblicare sul proprio sito web la lista dei
morosi...
L’IDEA DEL SINDACO DI MULAZZO Con il voto della maggioranza e l’astensione della
minoranza, il consiglio comunale di Mulazzo, lo scorso maggio, ha approvato la
delibera che dava il via libera alla pubblicazione sul sito internet del Comune
della lista dei nomi dei cittadini che non hanno pagato le tasse comunali. “Invieremo
lettere di sollecito dando tempo 15 giorni, a tutti di mettersi in regola. Ma
chi, nonostante questo, continuerà a non pagare il dovuto, vedrà apparire il
suo nome su un albo apposito creato sul sito web del Comune. Non sarà un album
della vergogna, bensì un invito a pagare a tutela di chi lo ha già fatto”,
queste le discutibili parole del Sindaco del Comune di Mulazzo alla stampa. L’idea
di irrogare una sanzione accessoria ai cittadini inadempienti sembra voler riprendere (seppur esclusivamente
dal punto di vista mediatico) la
tradizione medievale di punire con la gogna i malfattori ed i ladri i quali
venivano incatenati nelle piazze dei borghi, affinché fossero esposti alle pubbliche
offese e ad ogni genere di vessazione da parte degli altri cittadini i quali
avevano la possibilità di riempire il volto dei condannati con sterco o,
addirittura, ferirli a sangue ricoprendo le ferite con il sale.
LA GOGNA È ILLEGITTIMA!
Secondo la newsletter n. 405 del 28 agosto 2015, pubblicata dall’Autorità
garante della privacy, i Comuni non possono pubblicare sul proprio sito web i
nomi dei cittadini che non pagano i tributi. A dire del Garante, la
legislazione statale non prevede tale obbligo ed esso non può comunque essere
introdotto con un Regolamento dell’ente locale. L’Autorità presieduta da
Antonello Soro ha dunque messo nero su bianco che i propositi del Comune toscano, così come ovviamente quelli delle
altre amministrazioni che hanno adottato o pensano di adottare analoghi
sistemi, violano il principio di
legalità sotto diversi profili. Innanzitutto, il Comune non può in alcun
modo procedere alla pubblicazione online di una black list con i nomi dei
morosi né può introdurre una nuova sanzione accessoria quale si configurerebbe
la pubblicazione on line rispetto alle sanzioni amministrative già previste
legate al mancato o erroneo pagamento del tributo. Le amministrazioni, infatti,
secondo quanto scritto dal Garante nel suo provvedimento, possono pubblicare
online soltanto i dati che la legge impone loro di pubblicare e non hanno la
possibilità di riscrivere le regole in materia di privacy. In secondo luogo, la
diffusione online dei nomi degli utenti che non pagano i tributi non è giustificata
neanche dalla normativa sulla trasparenza (D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33), che individua
con estrema precisione gli obblighi di pubblicazione sui siti web
istituzionali.
ANCHE LA RETROATTIVITÀ NON È AMMISSIBILE… Il medesimo decreto legislativo, scrive il Garante,
stabilisce, al contrario, che le Pubblica Amministrazione possa mettere
online informazioni e documenti di cui non è obbligatoria la pubblicazione
soltanto dopo aver reso anonimi i dati personali eventualmente presenti. L’Autorità,
inoltre, oltre a rilevare queste criticità, ha ritenuto che la disciplina comunale violi il principio
di legalità anche sotto il profilo temporale, poiché l’entrata in vigore
dell’obbligo di pubblicazione online è stata deliberata con effetto
retroattivo. Un’idea come quella in questione viola il principio di necessità, pertinenza e non eccedenza cui è
ispirata l’intera disciplina sui dati personali poiché non serve la gogna
per punire chi non paga le tasse e le finalità indicate dal Comune di stimolare
il senso civico dei cittadini, sollecitandoli al pagamento di quanto dovuto,
possono altresì essere soddisfatte con le misure già in vigore quali, tra gli
altri, il pagamento degli interessi di mora e l’applicazione di una sanzione amministrativa.
…E OFFENDE LA DIGNITÀ UMANA Oltre a ciò, scrive il Garante, non si può non considerare
che il mancato pagamento delle tasse può essere dovuto a svariati motivi e la
mera pubblicazione online di una black list finirebbe per parificare la
situazione di chi non versa i tributi per scelta consapevole di evadere e chi,
invece, non riesce a pagare le tasse per gravi e reali difficoltà economiche. Per
concludere possiamo dire che, fortunatamente, l’intervento del Garante della
privacy ha finalmente posto fine alla sconcertante iniziativa intrapresa da
numerose amministrazioni di mettere alla gogna mediatica i cittadini che non
hanno pagato le tasse. Oltre all’irregolarità di tali iniziative dal punto di
vista giuridico mi sembra doveroso sottolineare come la pubblicazione online della black list dei morosi, in quanto
provvedimento suscettibile di causare danni e disagi lesivi della dignità della
persona, sia assolutamente contraria ad
un minimo senso civico nonché ad un elementare principio di civiltà.
Dottor Nicolò Piccaluga – Redazione Giuridicamente
Parlando