Sono stati concepiti per garantire la sicurezza sulle strade,
rappresentando un deterrente all’eccessiva velocità nei tratti più pericolosi,
ed hanno effettivamente determinato una sensibile diminuzione degli incidenti
mortali. Eppure, gli apparecchi elettronici di misura della velocità, meglio
conosciuti come Autovelox, Tutor, Vergilius, non godono certo delle simpatie e
della riconoscenza degli automobilisti, che spesso li considerano solo un altro
sistema della Pubblica Amministrazione per recuperare soldi dai cittadini,
oltre che un impedimento ad una guida che in alcuni tratti di strada potrebbe
essere più frizzante e spregiudicata. Perciò, sin dalla loro introduzione questi sistemi sono stati sempre oggetto delle insofferenze di
cittadini ed associazioni di consumatori, che ora ne hanno contestato la
funzionalità ora vi hanno colto violazioni della riservatezza degli
automobilisti, e chi più ne ha più ne metta. In rete si trovano addirittura prontuari
per fare ricorsi di ogni genere contro le contravvenzioni al Codice della
Strada rilevate con l’ausilio di queste strumentazioni.
Fitta e variegata è la
giurisprudenza che si è
formata, pertanto, sulla materia, tanto da determinare l’intervento della Corte
Costituzionale che
ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Codice della Strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature per l’accertamento
delle infrazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche
di funzionalità e di taratura (Corte
Costituzionale, sentenza del 18 giugno 2015, n. 113). La Consulta, infatti,
aderendo alla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, ha ravvisato
nella norma censurata una irragionevole distinzione, ai fini dell’obbligo di
verifica periodica delle apparecchiature, tra quelle automatiche e quelle funzionanti
con la presenza e sotto il diretto controllo di un operatore. Infatti, nel richiamare
il regolamento di attuazione del Codice della Strada per regolare l’uniformità
della segnaletica, dei mezzi di controllo e delle omologazioni, la norma si riferisce solo alle strumentazioni per l’accertamento ed i sistemi di rilevazione automatica. Da
ciò deriverebbe una presunzione di corretto funzionamento o, comunque,
l’assenza di un obbligo di verifica periodica di funzionamento per le
apparecchiature non automatiche, che secondo la Corte Costituzionale confliggerebbe
con il “principio di razionalità, sia nel senso di razionalità formale, cioè
del principio logico di non contraddizione, sia nel senso di razionalità
pratica, ovvero di ragionevolezza”.
ogni apparecchiatura tecnologica deve
essere sottoposta a verifiche periodiche in
quanto
normalmente soggetta a logorio, obsolescenza e
deterioramento che possono determinare malfunzionamenti e disfunzioni, che solo
le verifiche possono rilevare ed eliminare garantendone la corretta
funzionalità. E ciò, evidentemente, vale a maggior ragione per le apparecchiature
di misura, per le quali la precisione e l’affidabilità sono requisiti
essenziali, e, tra queste, forse ancor più proprio per le apparecchiature di
misura non automatiche, in quanto più soggette ad urti, spostamenti, vibrazioni.
Inoltre, sottrarre ad ogni verifica le apparecchiature non automatiche
comporterebbe l’inapplicabilità alle loro rilevazioni dell’articolo 142, comma
6, del Codice della Strada, che considera fonti di prova per la determinazione
dell’osservanza dei limiti di velocità le risultanze delle apparecchiature
debitamente omologate (e tarate). Con la sentenza, pertanto, i giudici
costituzionali hanno inteso garantire quel bilanciamento,
che la norma non prendeva in considerazione, tra la tutela della sicurezza stradale e la tutela delle situazioni
soggettive degli automobilisti sottoposti
alle rilevazioni, i quali devono poter fare affidamento sul corretto
funzionamento delle apparecchiature. Affidamento che degrada in assoluta incertezza
laddove le apparecchiature non sono soggette a verifiche periodiche conformi
alle specifiche tecniche. Come era prevedibile, la pronuncia ha determinato, da
un lato, l’entusiasmo degli automobilisti pronti a fare ricorso contro verbali oramai
dichiaratamente illegittimi e, dall’altro lato, i timori dei Comuni di vedersi
annullati verbali non ancora pagati o addirittura di vedersi richiedere il
rimborso su verbali già pagati, ma indebitamente. Così, mentre i Comuni correvano
ai ripari mandando a verifica tutte le apparecchiature, sulla questione è
intervenuto anche il Ministero dell’Interno per cercare di mitigare i
pericolosi effetti della sentenza.
I MANUALI D’USO PREVEDONO GIà LA
REVISIONE degli apparecchi automatici La circolare del Ministero
dell’Interno del 26 giugno 2015 (protocollo 300/a/4745/15/144/5/2015), infatti,
ritiene sottratte alla censura della sentenza costituzionale le apparecchiature
automatiche (Tutor, Vergilius e Autovelox), per le quali nulla cambierebbe, in quanto per esse i
manuali d’uso e manutenzione già prevedono, di regola, una verifica periodica,
di solito annuale, ed anche il decreto di approvazione del singolo apparecchio
contiene la previsione dell’obbligo di verifica periodica. I dispositivi
automatici, pertanto, già sarebbero sottoposti a verifica iniziale (sul prototipo, prima di essere messi in
funzione) o periodica (in genere
annuale) presso un centro opportunamente accreditato presso il S.N.T. (Sistema
Nazionale di Taratura) o presso lo stesso costruttore, purché abilitato alla
certificazione di qualità aziendale secondo le norme ISO 9001:2000 e seguenti.
SECONDO IL MINISTERO, LA SENTENZA SI RIFERISCE AGLI
APPARECCHI NON AUTOMATICI Diverso, invece, è il
discorso per le apparecchiature non
automatiche (Telelaser e Provida), per le quali, sostiene il
Ministero, né i costruttori né i decreti di approvazione prevedono verifiche
periodiche di funzionalità, in quanto dotate di sistemi di autodiagnosi dei
guasti e utilizzabili con l’intervento di operatori. Ad esse solo, dunque, si
applicherebbe quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. È evidente, però,
che la Circolare Ministeriale, nel tentativo di limitare gli effetti della
sentenza, abbia diversi limiti: al di là del fatto che si rivolge solo alla
Polizia Stradale ed alle apparecchiature in dotazione a questa, la Circolare si
ferma alla superficie della sentenza e sembra non comprendere pienamente il
principio in essa sancito. Non c’è dubbio, infatti, che oggetto degli
interventi normativi di adeguamento debbano essere anche le apparecchiature
automatiche, il cui sistema attuale di verifica periodica come sopra delineato
non garantisce quel bilanciamento di tutele che ha ispirato la pronuncia della
Corte Costituzionale.
il principio della necessaria tutela
del ragionevole affidamento che deriva dalla
permanenza della funzionalità delle apparecchiature di misura della velocità,
così come affermato dalla Corte Costituzionale, perché sia effettivamente
garantito, richiede un sistema di
verifiche chiaro, certo e definito, nei tempi, nella periodicità e nei
parametri. Lasciare ai manuali d’uso e manutenzione dei costruttori la
discrezionalità di fissare, modello per modello, il tipo di verifica (solo iniziale
o anche periodico) e la cadenza della verifica periodica (in genere annuale), comporterebbe
ancora una volta una disparità di trattamento, che porterebbe quale effetto
diretto quella incertezza e limitazione di tutela per i soggetti sottoposti
alle verifiche, che la Corte Costituzionale ha inteso invece eliminare.
In conclusione quindi è evidente che il compito del Legislatore che dovrà
adeguare la norma al principio sancito dalla Corte Costituzionale dovrebbe
essere molto più difficile ed impegnativo di quello prospettato dal Ministero, dovendo
prevedere e disciplinare un sistema di verifiche uguale per tutte le
apparecchiature, che, pur tenendo conto del meccanismo specifico di
funzionamento, automatico o non automatico, preveda controlli non solo iniziali
e non solo sul prototipo, ma anche periodici, con scadenze certe e fisse, e su
parametri chiari ed effettivamente utili a verificarne il corretto
funzionamento, in modo da garantire sempre e senza discriminazioni di sorta l’affidabilità
del dato rilevato quale fonte di prova per le sanzioni.
Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente
parlando