mercoledì 21 ottobre 2015

CIRCOLAZIONE STRADALE: TUTTI CONTRO L’AUTOVELOX E LA CORTE COSTITUZIONALE INTERVIENE


Sono stati concepiti per garantire la sicurezza sulle strade, rappresentando un deterrente all’eccessiva velocità nei tratti più pericolosi, ed hanno effettivamente determinato una sensibile diminuzione degli incidenti mortali. Eppure, gli apparecchi elettronici di misura della velocità, meglio conosciuti come Autovelox, Tutor, Vergilius, non godono certo delle simpatie e della riconoscenza degli automobilisti, che spesso li considerano solo un altro sistema della Pubblica Amministrazione per recuperare soldi dai cittadini, oltre che un impedimento ad una guida che in alcuni tratti di strada potrebbe essere più frizzante e spregiudicata. Perciò, sin dalla loro introduzione questi sistemi sono stati sempre oggetto delle insofferenze di cittadini ed associazioni di consumatori, che ora ne hanno contestato la funzionalità ora vi hanno colto violazioni della riservatezza degli automobilisti, e chi più ne ha più ne metta. In rete si trovano addirittura prontuari per fare ricorsi di ogni genere contro le contravvenzioni al Codice della Strada rilevate con l’ausilio di queste strumentazioni.

Fitta e variegata è la giurisprudenza che si è formata, pertanto, sulla materia, tanto da determinare l’intervento della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 45, comma 6, del Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature per l’accertamento delle infrazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura (Corte Costituzionale, sentenza del 18 giugno 2015, n. 113). La Consulta, infatti, aderendo alla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, ha ravvisato nella norma censurata una irragionevole distinzione, ai fini dell’obbligo di verifica periodica delle apparecchiature, tra quelle automatiche e quelle funzionanti con la presenza e sotto il diretto controllo di un operatore. Infatti, nel richiamare il regolamento di attuazione del Codice della Strada per regolare l’uniformità della segnaletica, dei mezzi di controllo e delle omologazioni, la norma si riferisce solo alle strumentazioni per l’accertamento ed i sistemi di rilevazione automatica. Da ciò deriverebbe una presunzione di corretto funzionamento o, comunque, l’assenza di un obbligo di verifica periodica di funzionamento per le apparecchiature non automatiche, che secondo la Corte Costituzionale confliggerebbe con il “principio di razionalità, sia nel senso di razionalità formale, cioè del principio logico di non contraddizione, sia nel senso di razionalità pratica, ovvero di ragionevolezza”.

ogni apparecchiatura tecnologica deve essere sottoposta a verifiche periodiche in quanto normalmente soggetta a logorio, obsolescenza e deterioramento che possono determinare malfunzionamenti e disfunzioni, che solo le verifiche possono rilevare ed eliminare garantendone la corretta funzionalità. E ciò, evidentemente, vale a maggior ragione per le apparecchiature di misura, per le quali la precisione e l’affidabilità sono requisiti essenziali, e, tra queste, forse ancor più proprio per le apparecchiature di misura non automatiche, in quanto più soggette ad urti, spostamenti, vibrazioni. Inoltre, sottrarre ad ogni verifica le apparecchiature non automatiche comporterebbe l’inapplicabilità alle loro rilevazioni dell’articolo 142, comma 6, del Codice della Strada, che considera fonti di prova per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità le risultanze delle apparecchiature debitamente omologate (e tarate). Con la sentenza, pertanto, i giudici costituzionali hanno inteso garantire quel bilanciamento, che la norma non prendeva in considerazione, tra la tutela della sicurezza stradale e la tutela delle situazioni soggettive degli automobilisti sottoposti alle rilevazioni, i quali devono poter fare affidamento sul corretto funzionamento delle apparecchiature. Affidamento che degrada in assoluta incertezza laddove le apparecchiature non sono soggette a verifiche periodiche conformi alle specifiche tecniche. Come era prevedibile, la pronuncia ha determinato, da un lato, l’entusiasmo degli automobilisti pronti a fare ricorso contro verbali oramai dichiaratamente illegittimi e, dall’altro lato, i timori dei Comuni di vedersi annullati verbali non ancora pagati o addirittura di vedersi richiedere il rimborso su verbali già pagati, ma indebitamente. Così, mentre i Comuni correvano ai ripari mandando a verifica tutte le apparecchiature, sulla questione è intervenuto anche il Ministero dell’Interno per cercare di mitigare i pericolosi effetti della sentenza.

I MANUALI D’USO PREVEDONO GIà LA REVISIONE degli apparecchi automatici La circolare del Ministero dell’Interno del 26 giugno 2015 (protocollo 300/a/4745/15/144/5/2015), infatti, ritiene sottratte alla censura della sentenza costituzionale le apparecchiature automatiche (Tutor, Vergilius e Autovelox), per le quali nulla cambierebbe, in quanto per esse i manuali d’uso e manutenzione già prevedono, di regola, una verifica periodica, di solito annuale, ed anche il decreto di approvazione del singolo apparecchio contiene la previsione dell’obbligo di verifica periodica. I dispositivi automatici, pertanto, già sarebbero sottoposti a verifica iniziale (sul prototipo, prima di essere messi in funzione) o periodica (in genere annuale) presso un centro opportunamente accreditato presso il S.N.T. (Sistema Nazionale di Taratura) o presso lo stesso costruttore, purché abilitato alla certificazione di qualità aziendale secondo le norme ISO 9001:2000 e seguenti.

SECONDO IL MINISTERO, LA SENTENZA SI RIFERISCE AGLI APPARECCHI NON AUTOMATICI Diverso, invece, è il discorso per le apparecchiature non automatiche (Telelaser e Provida), per le quali, sostiene il Ministero, né i costruttori né i decreti di approvazione prevedono verifiche periodiche di funzionalità, in quanto dotate di sistemi di autodiagnosi dei guasti e utilizzabili con l’intervento di operatori. Ad esse solo, dunque, si applicherebbe quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. È evidente, però, che la Circolare Ministeriale, nel tentativo di limitare gli effetti della sentenza, abbia diversi limiti: al di là del fatto che si rivolge solo alla Polizia Stradale ed alle apparecchiature in dotazione a questa, la Circolare si ferma alla superficie della sentenza e sembra non comprendere pienamente il principio in essa sancito. Non c’è dubbio, infatti, che oggetto degli interventi normativi di adeguamento debbano essere anche le apparecchiature automatiche, il cui sistema attuale di verifica periodica come sopra delineato non garantisce quel bilanciamento di tutele che ha ispirato la pronuncia della Corte Costituzionale.

il principio della necessaria tutela del ragionevole affidamento che deriva dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature di misura della velocità, così come affermato dalla Corte Costituzionale, perché sia effettivamente garantito, richiede un sistema di verifiche chiaro, certo e definito, nei tempi, nella periodicità e nei parametri. Lasciare ai manuali d’uso e manutenzione dei costruttori la discrezionalità di fissare, modello per modello, il tipo di verifica (solo iniziale o anche periodico) e la cadenza della verifica periodica (in genere annuale), comporterebbe ancora una volta una disparità di trattamento, che porterebbe quale effetto diretto quella incertezza e limitazione di tutela per i soggetti sottoposti alle verifiche, che la Corte Costituzionale ha inteso invece eliminare.

In conclusione quindi è evidente che il compito del Legislatore che dovrà adeguare la norma al principio sancito dalla Corte Costituzionale dovrebbe essere molto più difficile ed impegnativo di quello prospettato dal Ministero, dovendo prevedere e disciplinare un sistema di verifiche uguale per tutte le apparecchiature, che, pur tenendo conto del meccanismo specifico di funzionamento, automatico o non automatico, preveda controlli non solo iniziali e non solo sul prototipo, ma anche periodici, con scadenze certe e fisse, e su parametri chiari ed effettivamente utili a verificarne il corretto funzionamento, in modo da garantire sempre e senza discriminazioni di sorta l’affidabilità del dato rilevato quale fonte di prova per le sanzioni.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando