venerdì 28 luglio 2017

OMICIDIO DI BUDRIO: CACCIATORI DI TAGLIE PER CATTURARE IGOR?


Nei film western c’è sempre questo personaggio, che, con intenti tutt’altro che moralizzanti e di giustizia, va a caccia di pistoleri e criminali, per catturarli vivi o morti ed incassare la taglia posta sulla loro testa. Un vero e proprio mestiere che, negli Stati Uniti, è sopravvissuto al tempo del Far West, arrivando fino ai nostri giorni. Quelli che oggi vengono chiamati “bounty-hunter”, infatti, rappresentano una vera e propria categoria professionale che, sebbene non sia ancora regolamentata da una legge federale organica che ne fissi i requisiti minimi, è riconosciuta e piuttosto diffusa. Ma, a seguito della notizia di questi giorni circa una taglia posta per la cattura di Norbert Feher, alias Igor Vaclavic, il killer del barista di Budrio, molti lettori attenti alla cronaca nera si sono chiesti se anche in Italia ci possano essere cacciatori di taglie e, soprattutto, se sia lecito mettere taglie per la cattura di criminali, alla quale sono deputate esclusivamente le Forze dell’Ordine. Vediamo allora di capire meglio…

NEGLI STATI UNITI il mestiere del cacciatore di taglie è legato all’istituto della cauzione, tipico del sistema giudiziario americano. Quando una persona viene arrestata per un reato, infatti, il giudice ne fissa anche la cauzione, pagata la quale, l’imputato (se non ritenuto particolarmente pericoloso) viene messo in libertà in vista del processo. Generalmente, le cauzioni hanno importi piuttosto alti, che non tutti sono in grado di permettersi. In tal caso, l’alternativa al restare in prigione fino alla celebrazione del processo, è quella di farsi aiutare dai cosiddetti “bail bondsmen”, cioè i garanti per le cauzioni, a volte vere e proprie società, che lucrando sul particolare meccanismo di pagamento delle cauzioni, garantiscono per l’accusato, pagandogli la cauzione. Ma può accadere (e accade piuttosto spesso) che, al momento del processo, l’accusato non si presenti e il garante rischi di rimetterci. Ed è qui che inizia il lavoro del cacciatore di taglie, che – o per conto del garante o in proprio - ha il compito di cercare e catturare l’accusato che, una volta riassicurato alla giustizia, frutta al cacciatore una somma pari al 10/20% del valore della cauzione. Quindi, la taglia (legale) riconosciuta negli Stati Uniti è la cauzione.

IN ITALIA chiaramente tutto ciò non c’è. Quindi, quale taglia potrebbe essere messa in palio, ammesso che sia lecito poterlo fare? Certamente non per la cattura di un criminale, perché – come già detto – ciò compete alle sole Forze dell’Ordine. E ogni tipo di interferenza, seppure lodevole, oltre a non essere lecita, rischierebbe di comprometterne il buon esito. Ma, da quanto scrivono i giornali, nel caso di cronaca che ha stimolato questa nostra riflessione, la taglia messa in palio da un comitato di amici della vittima e certificata dal legale della vedova è in favore di chi darà informazioni utili per la cattura del killer latitante: 50mila euro, ridotte a 25mila euro se lo si dovesse trovare morto. L’operazione sarà valida fino al 22 ottobre di quest’anno e le segnalazioni dovranno essere indirizzate al legale medesimo o al presidente del Comitato. Si tratta, ovviamente, di una iniziativa che ha fatto e fa molto discutere non solo perché fornire informazioni utili alle indagini (chiaramente però alle Forze dell’Ordine) rientra in quel senso civico che ognuno di noi dovrebbe sentire, naturalmente, gratuitamente e responsabilmente, ma anche perché mettere una taglia sembra stonare con il nostro ordinamento giuridico.

MA È PROPRIO COSÌ? Il legale che ha certificato la taglia, redigendo un apposito regolamento, si è richiamato all’istituto della promessa al pubblico, prevista e disciplinata dal nostro ordinamento all’art. 1989 codice civile, a mente del quale “Colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa è resa pubblica. Se alla promessa non è apposto un termine, o questo non risulta dalla natura o dallo scopo della medesima, il vincolo del promittente cessa, qualora entro l’anno dalla promessa non gli sia stato comunicato l’avveramento della situazione o il compimento dell'azione prevista nella promessa”. Esempi tipici di tale istituto sono le manifestazioni a premio (“concorsi a premio” e “operazioni a premio”) e le fattispecie del tipo “Darò 100 euro a chi mi trova il cane smarrito”, molto simili queste al caso che ci occupa. In quanto negozio unilaterale che vincola il promittente, non appena ha reso pubblica la sua volontà nei confronti di una pluralità di persone, ad una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, la promessa al pubblico viene generalmente distinta dall’offerta al pubblico di cui all’art. 1336 codice civile (sebbene spesso confuse, anche etimologicamente, tra loro), principalmente perché questa è invece volta alla conclusione di un contratto.

IN CONCLUSIONE, e senza addentrarci nell’esame delle varie teorie sulla natura e sull’inquadramento giuridico della promessa al pubblico, taglie di tal genere, ove ricondotte a detto istituto ed alla sua ratio e purché aventi un oggetto ovviamente determinato, possibile e lecito (nel nostro caso, il fornire informazioni), sono ammissibili e in linea con i principi e le norme del nostro ordinamento giuridico. È chiaro però che iniziative del genere, seppure per fini giusti ed apprezzabili, vadano proposte e percorse con grande e particolare attenzione, cercando soprattutto di evitare che il pubblico (indeterminato e perciò vario ed imprevedibile) a cui sono rivolte possa percepirle ed utilizzarle in maniera difforme o eccessiva.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando