venerdì 23 ottobre 2015

SEPARAZIONE: L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO SI ABBASSA SE FACCIO UN FIGLIO CON UN’ALTRA?


Eccomi qui ancora una volta a raccontarvi una situazione piuttosto ricorrente, alla quale tuttavia non è facile dare risposta univoca. Qualche tempo fa, Raffaella e Marco si sono separati consensualmente e tra le condizioni dell’accordo hanno previsto non solo l’ammontare del contributo di mantenimento per le figlie, entrambe minorenni, ma anche l’obbligo a carico di Marco di versare un assegno mensile in favore della moglie con un reddito da lavoro decisamente inferiore rispetto a quello del marito. Le cose sono andate bene sino a quando Marco non ha conosciuto l’attuale compagna dalla cui relazione è nata Martina. A questo punto, infatti, mi ha contattata per chiedermi se fosse possibile ottenere, in occasione del divorzio che aveva interesse a richiedere, una riduzione del contributo al mantenimento delle figlie avute da Raffaella e, addirittura, l’annullamento di quello in favore della ex moglie. Tutto ciò a causa della nuova situazione familiare che si era creata e alle sopravvenute necessità di mantenimento della nuova compagna e della piccola Martina. Raffaella, com’era logico e naturale, non ha voluto sentire ragioni e, quindi, si è fermamente opposta a tali richieste motivando tale presa di posizione sul presupposto che l’ex marito non poteva e doveva dimenticarsi di avere obblighi anche nei confronti della famiglia costituita a seguito delle prime nozze. Raffaella ha aggiunto …

QUELLA LÌ SE LO PUÒ SCORDARE … Il risentimento verso Marco, che non ha perso tempo ad intraprendere una relazione sentimentale con la nuova giovanissima compagna, ha indotto Raffaella a rifiutare con fermezza la richiesta di abbassamento del periodico contributo in favore delle figlie, già piuttosto grandicelle e quindi con esigenze di mantenimento commisurate all’età, e quella di annullamento del proprio. Più precisamente le sue parole sono tuonate più o meno così: “avvocato, non se ne parla neppure! Ma le pare che io debba farmi carico di mantenere quella signorina e il suo pargolo e togliere il pane di bocca a me stessa e alle mie ragazze? Mai e poi mai nella vita, sino a quando non ci sarà un giudice che me lo imporrà”!

DISTINGUIAMO GLI ASPETTI EMOTIVI DA QUELLI GIURIDICI È chiaro che da un punto di vista umano la posizione di Raffaella è più che comprensibile. Ha appena metabolizzato la fine del matrimonio, la circostanza che dovrà occuparsi della gestione quotidiana delle due figlie adolescenti e, infine, l’abbandono del marito per una donna più giovane. Come se non bastasse ora si trova, in poco tempo, a fare i conti con una richiesta di riduzione dei contributi di mantenimento in virtù delle mutate condizioni economiche dell’ex marito, dovute alla nascita di un’altra figlia con una donna che detesta. Si può darle torto? Emotivamente, non si può non comprendere il rancore e la rabbia di Raffaella. Tuttavia, non si può e non si deve trascurare il punto di vista giuridico; la giurisprudenza è costante nell’affermare che la misura del contributo al mantenimento è commisurata, in ogni tempo, oltre che alle esigenze della ex famiglia, anche alle condizioni reddituali dell’obbligato. La costituzione di un nuovo nucleo familiare, da parte dell’ex coniuge tenuto al versamento, e la nascita di un figlio rappresentano indubbiamente elementi per riconsiderare l’ammontare dei contributi, ma non per escluderli, e ristabilire nuovi equilibri. Il giudice e, prima ancora gli avvocati, sono chiamati ad affrontare la questione mettendo in disparte gli aspetti umani ed emotivi della vicenda e a considerare esclusivamente i criteri che il diritto ci mette a disposizione. Tra questi occorre ricordare che l’ordinamento giuridico attribuisce indubbia rilevanza alla famiglia di fatto ma solo a certe condizioni.

QUANDO È RILEVANTE LA FAMIGLIA DI FATTO? Recentemente la giurisprudenza è tornata ad occuparsi di tali aspetti e con alcune pronunce interessanti ha ribadito sostanzialmente che la costituzione di una famiglia di fatto assume rilevanza giuridica solo quando questa acquisisce il carattere della stabilità e non è pertanto aleatoria. Ciò significa che la famiglia di fatto può dirsi tale solo se non si esaurisce in una mera convivenza more uxorio. Per avere tali connotati deve instaurarsi un rapporto di carattere familiare, che può dirsi tale quando è caratterizzato dalla presenza di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli. In altre parole e per tornare al caso di Raffaella e Marco, la circostanza per la quale quest’ultimo ha intrapreso una convivenza che perdura ormai da qualche anno e dalla quale è scaturita la nascita di un figlio è sicuramente un elemento molto concreto per affermare che Marco ha costituito un nuovo nucleo familiare che assume rilevanza, poiché connotato dai caratteri della stabilità e della continuità, e richiede quindi tutela al pari del vecchio (Cassazione civile, Sezione VI, Ordinanza del 28 settembre 2015, n. 19194; Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 3 aprile 2015, n. 6855; Cassazione civile, Sezione I, Sentenza dell’11 aprile 2011, n. 8227).

LA COSTITUZIONE TUTELA ANCHE LA FAMIGLIA DI FATTO Ricordiamo, peraltro che l’art. 2 della nostra Carta Costituzionale tutela ogni cittadino sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui trova espressione la sua personalità e la famiglia di fatto rientra ormai a pieno titolo proprio in tale concetto. Ciò a maggior ragione se, oltre ai connotati della stabilità e continuità, si aggiunge un progetto di vita comune, quale è quello rappresentato dalla crescita di un figlio, elaborato consapevolmente dai conviventi.

LA COSTITUZIONE DELLA NUOVA FAMIGLIA NON FA ESTINGUERE GLI OBBLIGHI PRECEDENTI È importante sottolineare, tuttavia, e ciò a sostegno della posizione giuridica di Raffaella, che la costituzione di una famiglia di fatto caratterizzata dai connotato appena esaminati non legittima di per sé l’esonero dal dovere di mantenere l’ex moglie e i figli nati nel corso della precedente unione poiché la nuova convivenza è frutto di una scelta libera e consapevole che lascia inalterati gli obblighi determinati in occasione della separazione (Cassazione civile, Sentenza del 24 aprile 2001, n. 12212). L’esistenza della nuova famiglia, seppur di fatto, influirà semmai sulla determinazione dell’ammontare del valore dell’assegno in base al miglioramento o al peggioramento delle condizioni economiche dell’obbligato. Dico miglioramento poiché paradossalmente l’obbligato, costituendo il nuovo nucleo, potrebbe anche migliorare le proprie condizioni reddituali in virtù della capacità reddituale della nuova compagna la quale potrebbe, sempre in via teorica, ma possibile, lasciare immutata la capienza patrimoniale dell’obbligato o addirittura migliorarla.

IN SINTESI … Quando ci si trova ad affrontare casi come quello di Raffaella e Marco, questione peraltro ancora aperta e che mi auspico possa concludersi serenamente e senza strascichi giudiziali, occorre esaminare nel dettaglio, e con estrema analiticità, il caso concreto. Sottolineo, peraltro, che tutte le volte in cui l’obbligato alla contribuzione domanda una riduzione in virtù della nuova stabile e continuativa relazione affettiva, competerà a quest’ultimo dimostrare che, in concreto, la propria capacità reddituale è diminuita e non è rimasta inalterata o addirittura migliorata.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite