La storia può anche strappare un sorriso
innocente, ma leggendo questa curiosa sentenza emessa poco più di un anno fa,
ci si rende subito conto che da ridere c'è ben poco. L'argomento è di certo tra
quelli che maggiormente stimolano la curiosità di tutti, ma quando c'è di mezzo
l'art 609-bis del codice penale, il semplice interesse dovrebbe lasciare spazio
a una seria analisi degli eventi e soprattutto ad una triste ma necessaria
constatazione dell'estrema quanto odiosa diffusione di tali episodi. Per chi
non avesse ancora inteso di cosa tratteremo, sto parlando di uno dei peggiori
illeciti penali puniti dal codice Rocco: la violenza sessuale. Giusto per
rendere l'idea dell'estensione del fenomeno, basti pensare che secondo un
rapporto Eures-Ansa, in Italia,
ogni 12 secondi una donna è vittima di violenza. Avete capito bene, anche nel
nostro paese accade questo. Molti di questi casi peraltro, avvengono tra le
mura domestiche e i carnefici non sono balordi di strada o maniaci sessuali,
bensì mariti e compagni…
NON
TUTTI I LAVORI SONO PULITI e questo è
pacifico, soprattutto per una donna che, come nel nostro caso ha sposato un
uomo che di lavoro svolge l'antica quanto ormai rara mansione di pastore. Gli
inconvenienti e la durezza dell'attività in questione sono quantomeno palesi,
se non fosse che da uno di questi elementi è scaturito l'episodio violento. Diciamocelo pure, la bucolica immagine di una
giornata trascorsa camminando sotto il cocente sole di Sicilia, pascolando un
gregge di pecore, si dovrebbe concludere
necessariamente con una bella doccia rigenerante. Questo almeno il pensiero
della nostra protagonista, la quale comprensibilmente, pretendeva che il suo
consorte mantenesse una decorosa igiene personale. Di tutt'altro avviso invece
il pastore, che al suo rincasare pretendeva di giacere senza indugio con la sua
consorte.
IL
RIFUTO DELLA DONNA ad avere rapporti
sessuali con suo marito, sarebbe quindi scaturito dal suo forte odore dovuto al
tipo di lavoro da lui svolto, ponendo come condizione sine qua non che
egli curasse la sua igiene personale prima di avere rapporti sessuali. Dal
canto suo, il consorte era sembrato essere ben poco interessato alla legittima richiesta della moglie,
lasciandole di fatto insoddisfatte. Ciò che qui rileva è che l'uomo obbligò la
moglie a compiere atti sessuali contro la sua volontà attuando quindi una forma
di coercizione fisica decisamente violenta, bloccandole le mani affinché non
riuscisse a sottrarsi alle sue pulsioni. I giudici della suprema corte, hanno
così confermato la condanna
dell'uomo in quanto il reato di violenza sessuale, sussiste “in tutti i casi
in cui i rapporti sessuali vengano in qualsiasi modo imposti, essendo del tutto
irrilevanti le modalità e i mezzi utilizzati e le motivazioni che avessero
indotto la parte offesa a rifiutare non un semplice rapporto sessuale con il
marito, ma il rapporto da questi preteso e poi imposto senza che avesse
praticato l’igiene personale che la donna riteneva indispensabile“.
IL
CONSENSO E' SEMPRE NECESSARIO per
quanto possa sembrare logico e comprensibile che la libertà di autodeterminazione sessuale sia un
diritto sacrosanto è stato necessario che la cassazione penale ribadisse in una
recentissima sentenza (Cassazione Penale Sezione III, del giorno del 23
Gennaio 2015, n. 3231) quanto già stabilito alcuni anni fa, cioè che anche
nel caso in cui si trattasse di rapporti sessuali tra coniugi, quindi consumati
con una certa frequenza e continuità, questo non “degrada la persona di un
coniuge ad oggetto di possesso di un altro coniuge” (Cassazione Penale
Sezione III, del 12 Luglio 2007, n. 3602). Altra doverosa precisazione
è quella secondo cui il diniego al rapporto sessuale, non deve essere
necessariamente palesato nel caso in cui essa abbia rinunciato per
rassegnazione a opporsi al rapporto sessuale, anche quando la vittima si fosse
trovata in una condizione di soggezione nei confronti del reo, non avendo avuto
successo i rifiuti precedenti. Integrano infatti il reato di violenza sessuale
“non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di
opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio
costringimento fisico ma anche tutti quegli atti idonei a superare la volontà
contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica
in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della
vittima” (Cassazione Penale Sezione III, del 28 Novembre 06 n. 40443),
così come qualsiasi atto idoneo a superare la volontà contraria della persona
offesa. (Cassazione Penale Sezione III, del 1 Gennaio 10. n. 6643). In
altre parole, il consenso non può essere considerato liberamente prestato ed
essendo ritenuto viziato, finisce per integrare la fattispecie di illecito
prevista dall'art. 609-bis c.p.
PER
CONCLUDERE possiamo
dire che i maltrattamenti in famiglia e la violenza sessuale sono spesso illeciti che vengono commessi
contemporaneamente in situazioni familiari degradate e violente come quelle di
cui abbiamo trattato. Accade, infatti, spesso che il coniuge vittima di violenza sessuale sia anche oggetto di percosse e di vessazioni di vario genere da parte del familiare. Ebbene, la
giurisprudenza è univoca nel ritenere che il reato previsto dall’art. 572 c.p.
non sia assorbito da quello previsto dal 609-bis del medesimo codice, partendo
dalla considerazione che vengono tutelati beni giuridici differenti. Per quanto
concerne i maltrattamenti, lo scopo della norma è quello di tutelare
l'integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo, mentre
nell'altro caso, la norma si pone di preservare la libertà sessuale
dell'individuo (Cassazione Penale Sezione VI, del 25 Giugno 2008 n. 35910;
Cassazione Penale Sezione VI, del
12 Febbraio 2010, n. 12423). L'unica ipotesi in cui i due reati finiscono
col coincidere esclusivamente nella violenza sessuale (quindi tecnicamente con
l'assorbimento del reato di maltrattamenti nella violenza sessuale) è quello in
cui “vi sia piena coincidenza delle condotte, nel senso che gli atti lesivi
siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e
siano strumentali alla stessa” (Cassazione Penale Sezione III, del 20
Ottobre 2008 n. 45459).
Dottor Michael Frasca - Studio Comite