venerdì 15 maggio 2015

CONDIZIONATORE IN CONDOMINIO? STAI FRESCO!


Tra poco arriva l’estate e, per difendersi dalla calura, molti ricorreranno all’installazione di un condizionatore. Quando, però, si abita in un condominio, la scelta di dotarsi di un impianto di condizionamento deve fare i conti con una serie di regole da rispettare specie se per necessità l’unica opzione possibile è quella di utilizzare la facciata dello stabile. Pur partendo dal presupposto che secondo il codice civile ciascun condomino ha diritto di servirsi della cosa comune (e quindi, nel caso del condizionatore, della facciata dell’edificio), è altresì vero che l’esercizio di tale diritto non deve alterare la destinazione del bene che è appunto comune, né impedirne l’altrui paritario uso, né tantomeno recare pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. E allora come comportarsi per soddisfare la propria esigenza e non ledere i diritti altrui?

IL DECORO ARCHITETTONICO Condominio e condizionatori non sono due realtà tra loro inconciliabili quando, appunto, ci si attiene a specifiche precauzioni. Una prima questione, da sempre assai dibattuta, riguarda l’installazione dei condizionatori sulla facciata dell’edificio condominiale. Bisogna rammentare, infatti, che la Legge n. 220/2012 (riforma dell normativa sul condominio) ha inserito a pieno titolo la facciata nella più ampia categoria delle parti comuni di proprietà di tutti i condomini. È quasi del tutto scontato che l’impatto visivo di un impianto (o macchinario, che dir si voglia) di condizionamento installato sul muro perimetrale possa comportare una lesione al decoro architettonico dello stabile e tale potenziale lesione non riguarda esclusivamente la parte esterna dell’edificio, ovvero quella che si affaccia sulla pubblica via, ma interessa altresì altre parti comuni del condominio. Va ricordato che il decoro architettonico è considerato un bene comune il cui mantenimento va salvaguardato indipendentemente dalla validità estetica delle variazioni che s’intendono apportare. Sia in caso di edifici di pregio, sia in relazione a fabbricati di categoria “popolare”, la violazione del decoro architettonico viene a configurarsi ogni volta che si realizzano opere che cambiano l’originario aspetto condominiale, anche soltanto per singole unità o limitati elementi. 

QUANDO SI HA LESIONE DEL DECORO ARCHITETTONICO? Diventa, dunque, chiaro come l’installazione di un condizionatore di ingenti dimensioni sulla parte esterna di un edificio, così come nella correlata sezione interna, possa determinare un’alterazione del decoro architettonico e conseguentemente un deprezzamento dell’intera struttura condominiale. La Suprema Corte, ad esempio, ha condannato due condomini a rimuovere due impianti posizionati nell’androne del fabbricato in ragione del fatto che quest’ultimo, oltre ad essere destinato al libero transito dall’esterno verso il cortile interno del comprensorio, serve a preservare il decoro in riferimento all’ingresso stesso a prescindere dalle condizioni estetiche. Per essere più precisi possiamo affermare che il concetto di decoro architettonico coincide con l’insieme di tutte le strutture che contraddistinguono esteticamente l’edificio, arrivando a conferire al medesimo una distintiva fisionomia (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 13 maggio 2013, n. 11386).

ATTENZIONE ANCHE AI REGOLAMENTI Il divieto di installare un impianto di condizionamento sulla facciata, può essere espressamente previsto dal regolamento condominiale predisposto dal costruttore dello stabile (regolamento di condominio denominato “contrattuale”) e accettato dai singoli acquirenti degli appartamenti negli atti di acquisto o, in via diversa, successivamente deliberato dalla totalità dei condomini. In tali casi tale divieto risulta incontrovertibile per tutti i condomini senza possibilità di deroga alcuna. Prima di procedere all’installazione di un tale manufatto risulta quanto mai opportuno verificare anche che non sussistano particolari limitazioni all’interno di ogni regolamento comunale perché proprio questi ultimi, infatti, possono contenere, per esempio, il divieto di installare condizionatori sulle sezioni esterne di tutti gli stabili del centro storico. 

IL DECORO E LA GIURISPRUDENZA Mi pare utile ricordare che l’art. 1120, VI comma, del codice civile prevede che “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”. Sulla scorta di tale principio la stessa Suprema Corte con una recente pronuncia ha ribadito il proprio orientamento secondo cui la corretta applicazione dell’art. 1120 del codice civile porta a ritenere che “costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio e che la relativa valutazione spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 6 ottobre 2014, n. 20985). Sulla base di tale assunto la Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, la quale era fondata sulla premessa fattuale che il fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali ed era inserito in un ambito paesaggistico protetto, e che era evidente la lesione al decoro architettonico dell’edificio derivante dalle dimensioni delle due apparecchiature e dalla loro collocazione quasi “aggrappate” alla gronda del tetto, di cui rompevano la continuità.

ALTRI LIMITI: L’IMMISSIONE DI RUMORI MOLESTI Altro aspetto da non trascurare, poi, è che l’installazione di un impianto di condizionamento non deve essere tale da recare pregiudizio ai vicini. Il che può avvenire, ad esempio, riducendo loro la veduta oppure quando dal condizionatore derivino rumori molesti. Con riferimento, in particolare, ai rumori molesti, che sono uno dei motivi di maggior contenzioso in ambito condominiale, è bene sapere che la norma del codice civile che si occupa della materia è l’art. 844, secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni ove queste non superino il limite della normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. In proposito la giurisprudenza ha avuto modo di precisare più volte che tale disposizione è applicabile anche negli edifici in condominio e che tale limite non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti. Quest’ultimo principio è stato ribadito dalla giudici della Suprema Corte, secondo cui il giudizio in ordine alla tollerabilità dei rumori “va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice”, tenuto conto delle particolarità della situazione concreta (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 27 gennaio 2003, n. 1151). 

IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE VA RISPETTATO Interessante in tema di rumori molesti è anche la precisazione, operata ancora dalla Suprema Corte, secondo cui, laddove un regolamento condominiale di origine contrattuale contenga determinate disposizioni al riguardo, è a queste disposizioni, e non all’art. 844 del codice civile, cui necessariamente occorre far riferimento (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 4 aprile 2001, n. 4963). Insomma, prima di tutto, occhio al regolamento. E comunque occorre tenere sempre presente che l’installazione di un condizionatore, in ambito condominiale, è una operazione che non va fatta con superficialità ma che richiede la dovuta attenzione. Solo così ci si potrà difendere dal caldo senza rischiare di essere coinvolti in discussioni che potrebbero sfociare facilmente in contenziosi.

MINIMO INGOMBRO? LEGITTIMA L’INSTALLAZIONE SUL MURO CONDOMINIALE Con una recentissima pronuncia la Suprema Corte sembra aver cambiato orientamento rispetto alla “rigidità” che l’aveva sempre contraddistinta in passato. Ma in verità così non è. La Cassazione è stata chiamata ad analizzare un caso relativo all’installazione di un impianto di aria condizionata all’esterno di un muro perimetrale di un edificio condominiale. Il ricorrente, proprietario di diversi appartamenti, impugnava la decisione dell’assemblea che autorizzava due condomini a mantenere il condizionatore sulla parete dell’edificio, adducendo gli estremi di una appropriazione di una parte della cosa comune. Per tali motivi un simile utilizzo poteva essere autorizzato soltanto con delibera votata all’unanimità dei condomini facenti parte dell’edificio e non all’unanimità dei presenti all’assemblea, come avvenuto. Nell'assemblea condominiale veniva infatti già autorizzato il proprietario esclusivo ad utilizzare l’impianto in quanto, oltre ad essere di modeste dimensioni, i tubi delle acque di scarico erano debitamente raccolte in una piccola vaschetta mimetizzata in un vaso di fiori. Per tali ragioni, si sosteneva, che l’impianto in questione non alterava il decoro architettonico dell’edificio e non si poteva neanche invocare il regolamento condominiale che vieta l’occupazione, per quanto temporanea, di spazi collettivi visto che l’impianto è amovibile, piccolo e non rappresenta un intralcio per il passaggio dei residenti. (Cassazione civile, Sezione II, Ordinanza del 4 maggio 2015, n. 8857)

IL CONTENUTO DELLA DECISIONE Dalle motivazioni dell’ordinanza si evince che la facoltà prevista dall’articolo 1102 del codice civile può essere invocata dal proprietario esclusivo visto che ha utilizzato una piccola porzione del muro perimetrale e l’utilizzo più intenso della parte comune dell’edificio da parte del proprietario esclusivo deve essere rapportato alla funzione degli spazi condominiali. Quindi il climatizzatore resterà sul muro comune dell’edificio perché l’ingombro dell’impianto risulta minimo e non si pone un problema di lesione al decoro del fabbricato. Per chiarezza espositiva si ricorda che detta norma dispone che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

LA COSA COMUNE PUÒ ESSERE USATA DAL SINGOLO SOLO ENTRO CERTI LIMITI... Bisogna premettere che i muri perimetrali di un edificio condominiale sono destinati al servizio esclusivo dell’edificio stesso, di cui costituiscono parte organica per la suddetta funzione e destinazione, cosicché possono essere utilizzati dal singolo condomino solo per il miglior godimento della parte del fabbricato di sua proprietà esclusiva, ma non possono essere usati, senza il consenso di tutti i comproprietari, per l’utilità di altro immobile di proprietà esclusiva di uno dei condòmini e costituente un’unità distinta rispetto all’edificio comune, ciò in quanto comporterebbe la costituzione di una servitù a carico del suddetto edificio per la quale occorre il consenso di tutti i comproprietari (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 21 aprile 2008, n. 10324).

…STABILITI DALLA LEGGE Pertanto, l’utilizzazione del muro comune da parte di un condomino comproprietario, incontra i limiti generali stabiliti dall’art. 1102 del codice civile per l’uso della cosa comune ovvero:

1) non deve incidere sulla statica del fabbricato condominiale compromettendone la stabilità

2) non deve pregiudicare la sicurezza e il decoro architettonico dell’edificio

3) non deve alterare la destinazione del bene

4) non deve dare luogo alla costituzione di una servitù a favore di terzi estranei al condominio

5) non deve impedire l’uso del diritto agli altri proprietari

6) non deve violare il diritto degli altri condòmini esercitabile sulle porzioni immobiliari di loro proprietà esclusiva

Pertanto tra le modifiche che il condomino può apportare al muro perimetrale al fine di trarre dal bene comune una particolare utilità, inerente alla sua proprietà esclusiva, è possibile ricomprendere, ad esempio, l’applicazione di targhe o cartelli, ivi compreso l’inserimento nel muro di elementi ad esso estranei e posti al servizio esclusivo della sua porzione, purché non impedisca agli altri condòmini l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. 

NON SI TRATTA DI UNA DECISIONE INNOVATIVA Alla stregua di quanto ho sottolineato si capisce come questa recentissima pronuncia non si metta in contrasto con l’orientamento dominante ma, anzi, ne specifichi meglio i termini entro i quali sia possibile opporre i divieti sopra menzionati. In linea con questo orientamento interpretativo dovrà ritenersi possibile utilizzare il muro comune anche per appoggio di parti di manufatti di modeste dimensioni e per infiggervi zanche. In tal caso non si profilerà il rischio di alterare la naturale e precipua destinazione del muro in funzione di sostegno, nonché di delimitazione perimetrale e protezione o isolamento dall’esterno delle proprietà individuali, configurando solo un uso più intenso della cosa comune consentito dall’art. 1102 del codice civile.

Dottor Massimo Botti - Studio Comite