Il 19 marzo 2014 ho pubblicato un commento alla sentenza n. 50/2014 della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che consentivano agli affittuari di abitazioni, senza regolare contratto, di sanare la propria posizione dichiarando al fisco l’esistenza di accordi in nero, ottenendo in tal modo il riconoscimento di un regolare contratto con canone molto basso (pari al triplo della rendita catastale). In altre parole il Governo eccedendo i propri poteri aveva emanato delle norme per le quali non aveva poteri in virtù di quanto stabilito nella Legge Delega (Legge n. 42 del 2009), che dettava i limiti entro cui il Governo avrebbe potuto legiferare in materia di federalismo fiscale. Avendo utilizzato lo strumento del Decreto Legislativo, in spregio all’art. 76 della Costituzione, il Governo aveva per così dire sforato e, quindi, la Corte Costituzionale lo ha bacchettato. Una recente Legge regolamenta oggi ciò che la Corte Costituzionale aveva spazzato via. Vediamo come…
C’È UNA NUOVA DISCIPLINA TRANSITORIA Il comma 1 ter dell’art. 5, del Decreto Legge del 28 marzo 2014, n. 47, (convertito nella Legge del 23 maggio 2014, n. 80), sembra aver salvato l’operato del Governo che aveva appunto introdotto un sistema premiale a favore degli inquilini e che sanzionava, invece, i proprietari che avevano affittato con accordi non dichiarati al fisco. La legge che ha nuovamente soccorso gli affittuari stabilisce, infatti, che sono fatti salvi, fino al 31 dicembre 2015, gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. È chiaro, dunque, che i contratti denunciati e regolarizzati dalle norme, poi abrogate dalla sentenza 50/2014 della Corte Costituzionale, e resi inefficaci proprio in virtù di tale decisione, tornano ad essere validi anche se per un periodo di tempo limitato e ad un canone fisso stabilito dalla stessa Legge.
INQUILINI E PROPRIETARI: UN COLPO AL CERCHIO E UNO ALLA BOTTE Il Piano Casa introdotto dalla Legge 80/2014 fa quindi salvo l’effetto dell’autodenuncia ed elimina definitivamente il rischio che gli affittuari possano essere sfrattati per morosità. La sentenza della Corte Costituzionale aveva infatti prodotto, paradossalmente, proprio questo problema, vale a dire che venendo meno la legittimità dei contratti regolarizzati nel rispetto della normativa abrogata con canone ridotto, i proprietari di casa avevano maturato la possibilità di sfrattare gli inquilini che pagando affitti ribassati, erano di fatto diventati morosi. La questione presentava indubbi aspetti sociali e, pertanto, scalfendo un pochino il principio della certezza del diritto si è cercato probabilmente di salvaguardare in parte gli interessi degli inquilini consentendo loro di godere ancora di un regime agevolato e in parte i proprietari stabilendo, appunto, la transitorietà di tale sistema.
QUALI ERANO GLI EFFETTI DELL’AUTODENUNCIA? Gli inquilini che si autodenunciavano ottenevano per effetto dell’emersione innanzitutto che la durata del contratto incominciasse a decorrere dal momento della registrazione, indipendentemente dall’inizio effettivo del rapporto locativo. Il canone d’affitto veniva automaticamente determinato nella misura del triplo della rendita catastale dell’immobile e, infine, la durata della locazione veniva comunque fissata in 4 anni più 4 anni. La nuova disciplina non vale per tutti ma solo a quelli denunciati prima della sentenza della Corte Costituzionale più volte richiamata. La norma di cui si parla, ovvero il comma 1 ter dell’art. 5 del Decreto Legge 47/2014, convertito con la Legge 80/2014, ha voluto salvare solo i contratti già emersi ai quali erano già state apportate le modifiche in virtù della normativa dichiarata poi illegittima dalla Corte Costituzionale senza andare oltre.
LA NORMA ABROGATA REINTRODOTTA DA UNA LEGGE: MA DAL 2016? La nuova norma non viola la sentenza della corte costituzionale che si era limitata a sanzionare l’eccesso di delega, vale a dire solo un aspetto formale delle norme introdotte dal Governo con uno strumento non corretto. Il Parlamento nell’esercizio del proprio potere legislativo, ha, dunque, sanato tale irregolarità introducendo con una Legge (strumento idoneo) ciò che era stato abrogato. Anche il richiamo alla violazione dello Statuto del contribuente, contenuto nella decisione della Corte Costituzionale, non può ritenersi sufficiente per sostenere che l’attuale Legge abbia introdotto delle norme illegittime in quanto lo Statuto in questione non ha la valenza di una norma costituzionale e cede il passo alla disciplina derogatoria speciale in materia locatizia. Ciò significa che le norme sulle locazioni hanno una valenza superiore rispetto a quelle enunciate nello Statuto del contribuente. Rimane un unico dubbio: cosa succederà successivamente dal 2016? Interverrà nuovamente il Legislatore? Prevarranno gli interessi mortificati dei proprietari di casa furbetti o quelli degli inquilini spioni? Come disse qualcuno: chi vivrà vedrà!
Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite