lunedì 10 marzo 2014

CONDOMINIO: L'AMMINISTRATORE SCAPPA CON LA CASSA? QUALCHE UTILE CONSIGLIO (PT.2)



Nella prima parte pubblicata su tale argomento abbiamo affrontato la questione sotto un profilo meramente pratico fornendo ai nostri amici lettori qualche utile consiglio per evitare (o per lo meno tentare di evitare) di trovarsi nella spiacevole situazione di scoprire che l’amministratore è scappato con i soldi del condominio. Ora spostiamo l’attenzione sui rimedi che la legge 220/2012 (la c.d. riforma del condominio) ha apprestato per contrastare questa “piaga” che negli ultimi anni ha assunto delle proporzioni inquietanti considerati i numerosi casi che si sono registrati. 


UNA SITUAZIONE CRITICA I primi e più immediati problemi che solitamente si presentano ai condomini quando l’amministratore scappa con la cassa sono principalmente due. Il primo, è rappresentato dal modo con cui si dovranno gestire i rapporti con i fornitori che, legittimamente, pretendono il pagamento delle loro fatture per le opere e/o i servizi prestati e che, una volta resisi conto dello stato di insolvenza del condominio per l’ammanco di cassa, cercheranno di tutelarsi attraverso la proposizione di azioni legali. Il secondo è rappresentato invece dalla scelta degli strumenti di tutela da attuare contro l’amministratore infedele.

RAPPORTI CON I FORNITORI In merito alla prima questione vi è da premettere che il comportamento illecito dell’amministratore, che s’è appropriato delle somme versate a titolo di oneri condominiali, non influisce sui debiti verso i terzi. Infatti ai fornitori, che hanno in buona fede continuato ad erogare servizi e a prestare la loro opera in favore del condominio, non gli si può opporre l’esatto adempimento dei proprietari nel versamento dei contributi condominiali imputando il mancato pagamento all’amministratore disonesto. Ciò sta a significare che, purtroppo, i condomini saranno tenuti a versare nuovamente il denaro necessario per ripianare l’ammanco di cassa e per onorare i debiti nei confronti dei creditori del condominio. Una buona prassi, atta a scongiurare il più possibile l’esperimento di azioni legali da parte dei fornitori, vuole che il nuovo amministratore si adoperi, con capillare e sapiente opera di mediazione, affinchè si trovi un accordo con i creditori, proponendo piani di rientro che prevedano una dilazione nei pagamenti. Per evitare l’onere di gravarsi di spese legali, interessi moratori ed interruzioni di forniture essenziali, quali quella del riscaldamento o della luce, è bene che il nuovo amministratore proponga ai fornitori piani di rientro non solo “ragionevoli” ma che sappia anche rispettare ogni singola scadenza prevista negli accordi. Perché ciò avvenga è opportuno, se non necessario, che venga istituito un “Fondo straordinario per le morosità” .Detto “Fondo” costituirà una una gestione contabile “a latere”, quindi separata dai versamenti imputati alla gestione ordinaria, sino a quando non verrà ripianata la situazione economica del condominio. 

RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE Quanto all’amministratore, che in qualità di mandatario, si è reso responsabile di un comportamento illecito, si deve subito affermare che il profilo di responsabilità è duplice: una di carattere civile ed una di carattere penale. Per quanto riguarda la responsabilità civile è necessario promuovere un’azione di responsabilità al fine di costringerlo a restituire il maltolto. Ovviamente ci si auspica che l’amministratore infedele abbia beni aggredibili a lui intestati (beni immobili, beni mobili registati, conti correnti o anche compensi provenienti dall’amministrazione di altri condomini), ipotesi questa talvolta peregrina allorchè l’azione illecita perpetrtata dall’amministratore “infedele” sia stata premeditata e non isolata. Molto spesso infatti questi ammanchi di cassa non vengono commessi in danno di un solo condominio, in maniera sporadica ed occasionale, ma sono, al contrario, frutto di un disegno criminoso ben articolato ed organizzato, riguardando tutti o quasi tutti i condomini da costui amministrati. Sotto il profilo penale, invece, l’amministratore che sottrae il denaro dalle casse condominiali si rende responsabile del delitto di appropriazione indebita. L’art. 646 c.p., infatti dispone: chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni.Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata. Si procede d’ufficio se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell’articolo 61. Si tratta d’un reato perseguibile d’ufficio perché commesso durante la prestazione di un’opera. Questo il senso dell’ultimo comma dell’articolo succitato. In sostanza, il colpevole potrà essere punito tanto su querela (proponibile individualmente da ogni condomino) tanto d’ufficio ossia su iniziativa del pubblico ministero che, in ogni modo, venga a conoscenza del delitto.

SPIRA UN NUOVO VENTO…FORSE Questo fenomeno che abbiamo all’inizio definito “piaga” pare abbia trovato da parte del Legislatore la sua giusta attenzione. La Riforma del condominio, che ha visto la luce con la legge 220/2012 dopo anni di traversie nelle varie commissioni parlamentari, pur prestando il fianco a molte critice e non solo degli addetti ai lavori, pare abbia messo dei punti fermi proprio per arginare la “debolezza umana” degli amministratori che si trovano, per necessità della loro professione, a maneggiare e gestire soldi altrui. In particolare tre articoli della Riforma sono qui degni di nota e ci sembra utile rammentarli ai nostri lettori. 

OBBLIGO DEL CONTO CORRENTE CONDOMINIALE L’art. 9 della L. 220/2012 che ha emendato completamente l’art. 1129 del codice civile introduce un obbligo a carico dell’amministartore che, prima, era solo stato enunciato unicamente quale principio dalla giurisprudenza sia di merito che di legittimità per ciò che riguarda il conto corrente condominiale. Il comma 7 del nuovo art. 1129 dispone infatti che “l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”. La norma non è di poco conto se si pensa che molti amministratori avevano la (cattiva) abitudine di far transitare le somme versate dai condomini su un conto corrente personale. La trasparenza di queste movimentazioni era quindi pari pressoché a zero. Inoltre ci sembra importante, ai fini di “prevenzione” delle brutte sorprese, sottolineare il diritto di ogni condomino a prendere periodicamente visione della rendicontazione bancaria. L’esame delle movimentazioni (in uscita e in entrata) fornisce elementi certi ed utili a verificare la correttezza gestionale dell’amministratore. 

CONTROLLO TELEMATICO DEL CONTO CORRENTE Un’altra novità che riveste la funzione di garanzia è quella che il controllo dei documenti e dei conti del condominio possa avvenire in via telematica da parte di ogni condomino. L’introduzione dell’art. 71ter delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede infatti che “ su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini”. Nel caso di specie non si tratta di obbligo ma di mera facoltà che viene concessa ai condomini ma, a parere dello scrivente, questa possibilità di consultazione telematica, oltre ad essere un’innovazione tecnologica rappresenta uno strumento formidabile di controllo a tutela del condominio e non sfruttarla per risparmiare poche decine euro sarebbe veramente una scelta improvvida.

REVISIONE DEL BILANCIO CONDOMINIALE Infine vogliamo segnalare un’altra norma che ci sembra estremamente utile a contrastare le “tentazioni venali” dell’amministratore. E’ la norma che prevede la verifica della contabilità effettuata da un revisore dei conti. Il Legislatore ha infatti introdotto nel codice covile l’art. 1130 bis il quale prevede che “l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la  relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi  di proprietà". La norma non ha bisogno di nessun commento essendo chiara la sua funzione “preventiva”, ciò che invece vogliamo sottolineare è che, finalmente, la Riforma del condominio ha sancito quali sono i criteri a cui l’amministratore deve attenersi nella formazione del bilancio di esercizio, criteri che prima erano rimessi alla mera quanto discrezionale prassi adottata dallo stesso professionista. Sempre il citato art. 1130bis cod. civ. dispone infatti che “il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”. Chiaro è anche qui l’intento di obbligare l’amministratore ad adottare criteri di rendicontazione che garantiscano la trasparenza e l’intelligibilità della tenuta dei conti. 

Se, concludendo, ci possiamo permettere una considerazione di merito, vorremmo dire, senza con ciò minimamente giustificare azioni illecite, che spesso taluni disonesti amministratori si sono trovati facilitati nella commissione del reato di appropriazione indebita in danno dei condomini proprio a causa di una fiducia che veniva loro accordata in modo superficiale dagli stessi condomini a cui seguiva, altrettanto spesso, una pigrizia collettiva nel mancato controllo del suo operato. Resta, dunque, sempre valido ed efficace l’antico proverbio secondo il quale “prevenire è meglio che curare”.

Dottor Massimo Botti - Studio Comite

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