L’articolo pubblicato lo scorso primo marzo, dedicato alla perdita di chance, ha riscosso notevole successo tra i nostri lettori, tanto che la redazione ha ricevuto moltissime e-mail in cui venivano chiesti ulteriori chiarimenti in materia. In particolare, il Sig. Vincenzo ci ha posto la seguente domanda: “supponendo che il rappresentante vendite di una azienda si accorga che, contrariamente agli accordi contrattuali, il titolare della medesima si metta in segreto contatto con i clienti allo stesso presentati dal rappresentante al fine di non riconoscergli le dovute provvigioni, che tipo di danno si configurerebbe per il rappresentante? Lucro cessante o perdita di chance?”. Per una risposta occorre partire dall’esame della normativa attuale in materia di contratto di agenzia …
IL CONTRATTO DI AGENZIA è disciplinato compiutamente dal codice civile agli articoli 1742 e seguenti, il primo dei quali, fornendone la definizione, così dispone: “col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. Essendo il contratto in parola, dunque, oneroso (retribuzione), a prestazioni corrispettive (una parte procaccia e conclude contratti e l’altra retribuisce) e con effetti obbligatori (entrambe le parti assumono degli impegni), ovviamente lo stesso è fonte di diritti e di obblighi in capo ad entrambe le parti. In particolare:
IN TEMA DI OBBLIGHI e in relazione alla posizione dell’agente, rileva soprattutto il comma 1 dell’art. 1746 del codice civile nel quale viene sancito che “nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario”. Specularmente, sono posti obblighi in capo al preponente (titolare dell’azienda), in quanto secondo quanto disposto dall’art. 1749 del codice civile lo stesso “nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede. Egli deve mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto […] Il preponente consegna all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L’estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente. L’agente ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili. È nullo ogni patto contrario alle disposizioni del presente articolo”.
LE PROVVIGIONI SONO UN DIRITTO Tenuto ben presente quanto detto, in particolare l’obbligo reciproco di agire con lealtà e buona fede, occorre ora evidenziare quelli che sono i diritti dell’agente, elencati dall’art. 1748 del medesimo codice, tra i quali, ovviamente, emerge innanzitutto il diritto alle provvigioni, giacché la norma su indicata sancisce che “per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”. La norma, prosegue poi chiarendo che “la provvigione è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l’agente aveva in precedenza acquisito come clienti per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o gruppo di clienti riservati all’agente, salvo che sia diversamente pattuito”. Tale secondo comma, ai fini del presente contributo, risulta di fondamentale importanza, poiché laddove il titolare dell’azienda e/o altra figura dirigenziale mettesse da parte l’agente, giuridicamente parlando lo estromettesse, nella conclusione dei contratti con clienti procacciati da quest’ultimo, evidentemente creerebbe un danno patrimoniale allo stesso, qualificabile come lucro cessante, ovvero mancato guadagno, per la perdita del risultato, vale a dire della provvigione, certamente conseguita per la conclusione dell’affare.
NON RICONOSCERLE E' CONDOTTA ILLECITA Non si tratta, dunque, di perdere con criterio probabilistico la possibilità di acquisire un determinato bene, bensì di perdere qualcosa di certo poiché regolamentato dall’accordo intercorso tra l’agente e il preponente. In ragione di ciò, quindi, l’agente ha diritto al risarcimento dei danni patrimoniali già patiti e che patisce secondo la regola stabilita dall’art. 1223 del codice civile in quanto creditore, nei confronti del preponente, di valori economici non acquisiti proprio a causa della condotta estromissoria posta in essere da quest’ultimo, essendo il danno direttamente conseguente da tale condotta illecita.
E' POSSIBILE OTTENERE UN RISARCIMENTO Al fine di ottenere il risarcimento in parola, quindi, l’agente dovrà provare i fatti costitutivi della sua pretesa, ovvero la sussistenza del contratto o mandato di agenzia e gli affari promossi, nonché il nesso di causalità tra la condotta del promittente ed il danno patito, conseguenza immediata e diretta della condotta stessa (cfr. sul punto Appello Firenze Sezione Lavoro, Sentenza del 20 aprile 2012; Tribunale di Bari, Sezione II, Sentenza del 4 luglio 2012; Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza del 29 novembre 2011, n. 25221; Cassazione civile, Sezione Lavoro, Sentenza del 10 aprile 2008, n. 9426).
Dottoressa Roberta Bonazzoli - Studio Comite
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