Un vero e proprio fenomeno sociale che porta con sé il rischio, non trascurabile, che molte operazioni non siano eseguite correttamente. Gli interventi mal riusciti comportano talvolta danni rilevanti per i pazienti che vanno valutati non solo sotto il profilo strettamente biologico ma anche psicologico o morale. La chirurgia plastica nel nostro Paese ha conosciuto un vero proprio boom nell’ultimo decennio: oltre 600.000 gli interventi effettuati con finalità estetiche ogni anno.
In caso di errore medico nell’ambito della chirurgia
estetica è legittimo domandarsi quali siano i criteri per ottenere un giusto
risarcimento. Molto spesso infatti gli interventi di chirurgia estetica non
riusciti costringono il paziente a ricorrere nuovamente ad una nuova operazione
poiché la prima non ha conseguito gli effetti previsti.
In questo caso, infatti, bisogna tenere conto, ai fini
di una corretta richiesta di risarcimento, delle probabili difficoltà che il
chirurgo incontrerà eseguendo un secondo intervento “correttivo” sulla medesima
parte del corpo incidendo su tessuti già alterati nella precedente operazione.
Non solo. Occorrerà tenere anche in debito conto se, per tale motivo, il
secondo intervento comporterà maggiori rischi e maggiori spese per il paziente.
Infine dovrà essere valutato lo stress psicofisico a cui lo stesso paziente
sarà esposto sottoponendosi ad un ulteriore intervento che necessiti, con tutta
probabilità, un periodo più lungo di degenza clinica e di riabilitazione.
Sotto un profilo squisitamente patrimoniale non vi è dubbio che, una volta accertata l’esistenza
di un danno, il risarcimento deve tenere conto quindi di tutte le sue
componenti (presenti e future) e quindi non solo del “valore di mercato” della
prestazione non eseguita a regola d’arte ma anche di tutte le conseguenze
patrimoniali dirette e negative che colpiscono il creditore, come bene espresso dall’art. 1223 Cod.
civ.. Ciò premesso è bene ricordare che se al momento della richiesta di
risarcimento del danno il paziente non ha ancora sostenuto le spese di un
secondo intervento “correttivo” del primo la loro risarcibilità non è affatto
esclusa, essendo ammessa dal nostro ordinamento il risarcimento dei danni
“futuri” allorquando questi siano obiettivamente preventivabili alla luce della
causa efficiente costituita dalla natura del danno e dalla necessità di
eliminare le sue conseguenze.
Tuttavia, al di là dell’aspetto patrimoniale ed in
ossequio al principio che il danno vada risarcito in tutte le sue componenti
essenziali, la Cassazione ha riconosciuto al paziente anche il risarcimento del
danno non patrimoniale. Infatti la
Suprema Corte ha osservato che anche nel caso in cui la prima operazione
“non riuscita” non abbia determinato un peggioramento dello stato di salute del
paziente, risultando per questo motivo semplicemente inefficace rispetto al
risultato estetico pattuito, ciò ha comunque arrecato un danno biologico al paziente, danno costituito dall’incisione di
parti del corpo, dalle cicatrici e dall’assunzione di farmaci nonché dal
periodo di inabilità temporanea assoluta e/o parziale conseguita all’intervento
“inutile” e, soprattutto, dallo stress e turbamento psicologico insorto nel
periodo post-operatorio ed, infine, dal più che legittimo timore di un secondo
intervento.
(Cass. Civ. , III sez., 20/09/2004 n° 18853 e analogamente nel merito App. Roma, sez. III, 10.01.2012; Trib. Terni sent. 30.09.2011; Trib. Catanzaro, sez. III, 31.03.2011; Trib. Salerno, sez. II, 21.06.2010; Trib. Milano, sez. V, 9.02.2009)
(Cass. Civ. , III sez., 20/09/2004 n° 18853 e analogamente nel merito App. Roma, sez. III, 10.01.2012; Trib. Terni sent. 30.09.2011; Trib. Catanzaro, sez. III, 31.03.2011; Trib. Salerno, sez. II, 21.06.2010; Trib. Milano, sez. V, 9.02.2009)