Si avvicina la stagione
invernale e molti condomìni stanno già facendo i conti con l’accensione degli
impianti di riscaldamento centralizzati, una delle cause più frequenti di
discussione e discordia tra i condòmini, per i costi di esercizio e
manutenzione e per gli orari di accensione, da essi percepiti come imposti
dalla volontà condominiale piuttosto che decisi autonomamente, pur nel rispetto
dei limiti fissati dalla regolamentazione (nazionale e locale). Per tali
motivi, pertanto, non è raro che alcuni condòmini decidano di rinunciare al
riscaldamento centralizzato, distaccandosi dall’impianto termico comune. Ma, a
quali condizioni e con quali limiti è consentito tale distacco? E l’assemblea
condominiale può opporsi o non ha alcuna voce in capitolo?
PER IL CODICE CIVILE non è necessaria né
richiesta alcuna autorizzazione o approvazione preliminare da parte
dell’assemblea condominiale. Infatti, il condòmino, che voglia rinunciare
all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e distaccare le
diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, può
farlo, purché dal suo distacco non
derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri
condòmini. Questa è l’unica condizione ovvero l’unico limite al distacco.
Pur distaccato, tuttavia, il condòmino rimane
obbligato al pagamento delle spese
per la conservazione dell’impianto, nonché di quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si
risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere
gli altri condòmini. È quanto prevede espressamente l’ultimo comma
dell’articolo 1118 codice civile, come modificato dalla legge n. 220/2012 (la
cosiddetta Riforma del condominio).
Per la norma, infatti, il condòmino, che si è distaccato dall’impianto
centralizzato, continuando a rimanere comproprietario dell’impianto centrale (a
cui potrebbe per assurdo tornare a collegarsi), continua anche ad essere
obbligato a sostenere gli oneri relativi alla manutenzione e all’adeguamento
del bene stesso (salva la possibilità di esonero con il consenso unanime di
tutti i condòmini), nonché continua ad essere obbligato a partecipare alle
spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il
distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico
degli altri condòmini. Infatti, se il costo di esercizio dell’impianto
(rappresentato anche dall’acquisto di carburante necessario per l’esercizio
dello stesso) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non viene posta a
carico del condòmino distaccante, gli altri condòmini sarebbero aggravati nella
loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condòmino
distaccato.
ANCHE LA GIURISPRUDENZA per la verità e prima
ancora del Codice Civile, è pervenuta unanime alle medesime conclusioni, escludendo la necessità di una delibera
condominiale in tutti quei casi in cui il distacco dal riscaldamento
centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi
dell’impianto, specificando che il condòmino distaccato è comunque tenuto a
contribuire alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, nonché a
quelle di gestione se, e nei limiti in cui, il distacco non porti con sé una
diminuzione degli oneri del servizio, ed affermando che la delibera assembleare
(a cui il distacco va comunque notiziato ai sensi dell’ultimo comma
dell’articolo 1122 codice civile) che, pur in presenza delle suddette
condizioni, si opponga al distacco, è nulla per violazione del diritto
individuale del condòmino sulla cosa comune. (Corte di Cassazione, sentenza del 30/03/2006, n. 7518; Corte di
Cassazione, sentenza del 25/03/2004, n. 5974; Corte di Cassazione, sentenza del
02/07/2001, n, 8924. Ma, si veda pure Corte di Cassazione, Sez. 2, sentenza del
30/04/2014, n. 9526; Corte di Cassazione, sez. 6, ordinanza del 16/09/2016, n.
18170).
UNA NORMA POCO
APPREZZATA L’articolo
1118 del codice civile quindi, non avrebbe fatto altro che recepire, senza
alcun ulteriore apporto o contributo, quello che già da tempo costituiva un
pacifico orientamento giurisprudenziale. Tuttavia, proprio per questo suo
asettico recepimento, sordo all’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta
in materia energetica e di efficientamento energetico, la norma codicistica, pur andando incontro alle istanze
condominiali, è stata scarsamente
apprezzata. In primo luogo, infatti, non comparendo tra le norme
inderogabili di cui al comma 4 dell’art. 1138 codice civile, la previsione in
questione sembrerebbe derogabile dal regolamento o da accordi condominiali. Ma,
soprattutto, ha ancora senso oggi distaccarsi dall’impianto centralizzato? Se,
infatti, le motivazioni che spingono un condòmino a distaccarsene sono
essenzialmente la libertà di accensione e il controllo della spesa, oggi tali
esigenze possono essere soddisfatte anche restando collegati all’impianto
centralizzato, attraverso la cosiddetta contabilizzazione
del calore. Infatti, attraverso l’installazione di valvole termostatiche e
sensori di temperatura, la contabilizzazione del calore consente ad ogni
condòmino di avere allo stesso tempo un impianto centralizzato (che rimane) e
una piena autonomia nella gestione del calore, scegliendo quando accendere o
spegnere il riscaldamento, se aumentare o diminuire la temperatura interna
(sempre entro i limiti di legge), e soprattutto di pagare solo la quantità di calore effettivamente consumato, e non
più in base alle tabelle millesimali.
ENTRO IL 31 DICEMBRE
2016
proprio a tal fine infatti, il comma 5 dell’articolo 9 del Decreto Legislativo
n. 102/2014 obbliga, pena l’applicazione di sanzioni, i condomìni (con almeno
due unità immobiliari) riforniti da una fonte di riscaldamento centralizzata,
all’installazione, a cura del proprietario, di sotto-contatori per misurare
l’effettivo consumo di calore per ciascuna unità immobiliare. Ove l’uso di
sotto-contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini
di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali, per la
misura del riscaldamento si ricorrerà, sempre a cura dei proprietari,
all’installazione di sistemi di
termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali, per
quantificare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun corpo scaldante
posto all’interno delle unità immobiliari dei condòmini.
QUINDI ferme restando la
facoltà e l’opportunità di decidere in ogni momento e nei termini indicati il
distacco dall’impianto centralizzato, sembra evidente come, almeno per
l’immediato, i condomìni centralizzati
debbano affrettarsi ad uniformare i propri impianti alle suddette prescrizioni,
finalizzate a favorire il contenimento dei consumi energetici, per non
incorrere nelle relative sanzioni.
Avvocato
Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando