Nello scorso post abbiamo visto chi sono i soggetti che possono
accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento. Ora
credo sia opportuno fornire un’indicazione su quali siano in concreto le tre
strade che l’ordinamento giuridico mette a disposizione del soggetto in
difficoltà economica affinché non si trovi esposto alle azioni esecutive dei
suoi creditori e a trovi un accordo con questi ultimi. Presupposto comune a
tutte e tre le procedure è, naturalmente, lo stato di sovraindebitamento, che,
come visto, è rappresentato da una situazione di continuo squilibrio tra le
obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte. Vediamo
allora insieme in cosa consistono gli strumenti che il legislatore ci ha messo
a disposizione.
ACCORDO DEL DEBITORE… La prima delle tre strade percorribili è
aperta a tutte e tre le categorie di soggetti che possono accedere alla
procedura di composizione a condizione che questi ultimi non siano già
sottoposti a procedure concorsuali (fallimento e concordato preventivo). In
questa circostanza, come nelle altre due che descriveremo, fondamentale è l’apporto dato dagli Organismi di Conciliazione della
Crisi (O.C.C.), di cui parlerò dettagliatamente nel prossimo post. Questa via
prevede che il soggetto sovraindebitato proponga, con l’aiuto di un O.C.C., a
tutti i suoi creditori, appunto, un accordo. Questo accordo potrà prevedere un
rinvio o una rateizzazione dei debiti oppure una rinuncia parziale dei
creditori ai propri crediti o, ancora, un rinvio o rateizzazione del debito a
cui i creditori abbiano parzialmente rinunciato. Infine è possibile che il debitore affidi il suo patrimonio a un liquidatore
affinché lo custodisca, e lo venda distribuendo il ricavato ai creditori.
…IN QUESTO CASO I CREDITORI DEVONO ACCETTARE! La proposta d’accordo
deve essere comunicata a tutti i creditori e, se almeno il 60% di crediti (è
l’ammontare dei crediti che conta e non il numero dei creditori) decide di aderire ad essa, l’accordo
viene depositato presso il Tribunale dove risiede il debitore sovraindebitato e
questo comporta la sospensione del corso
degli interessi convenzionali o legali. Il successivo decreto di apertura
della procedura, invece, produce gli effetti del pignoramento, vengono bloccate
le azioni esecutive già iniziate contro il debitore e non possono essere
iscritte ipoteche o acquisiti diritti di prelazione da parte dei creditori. Il giudice, allora, verifica il raggiungimento della maggioranza
richiesta, la capacità del piano a soddisfare integralmente i crediti non
riducibili (crediti impignorabili, come gli alimenti, o le imposte etc.) e omologa l’accordo. Dal momento
dell’omologa l’accordo è vincolante per tutti i creditori, salve le eccezioni
previste dalla legge. L’accordo
raggiunto può essere revocato, annullato o risolto. Il primo caso si
verifica automaticamente quando il debitore compie atti al fine di frodare i
debitori. Il secondo avviene su richiesta di uno qualsiasi dei creditori quando
il debitore ha intenzionalmente mentito sulla sua situazione debitoria, oppure
ha sottratto una parte rilevante dell’attivo del proprio patrimonio o ha finto
l’esistenza di attività che in realtà non ci sono. I casi di risoluzione
riguardano principalmente il mancato pagamento delle obbligazioni che
riguardano i debiti con le Pubbliche Amministrazioni, i crediti per cui non può
essere proposto un adempimento solo parziale (ad es. iva, crediti impignorabili
etc.) ed infine quando il debitore non adempie agli obblighi assunti con
l’accordo.
PIANO DEL CONSUMATORE La seconda via è riservata a quei debitori
persone fisiche che abbiano contratto debiti per soli scopi estranei
all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Le differenze
con l’accordo riguardano, oltre al soggetto legittimato a proporlo, gli effetti
che conseguono alla presentazione del piano, infatti in questo caso non si
verifica la sospensione automatica delle eventuali azioni esecutive intraprese
dai creditori (ciò si verifica solo dopo l’omologazione del giudice). Altra importante
differenza rispetto all’accordo è rappresentata dalla non necessità di un consenso dei creditori alla presentazione del piano.
Il debitore “consumatore”, rivolgendosi ad un O.C.C. che preparerà una
relazione in cui vengono illustrati i motivi della crisi e vengono forniti
elementi utili per valutare la
meritevolezza della condotta del debitore, può depositare presso il
Tribunale di residenza un piano che, una volta omologato dal giudice,
sospenderà le procedure esecutive eventualmente intraprese dai creditori.
Quindi a differenza di quanto accade con l’accordo, nel caso del piano non è
necessario il consenso di almeno il 60% dei crediti per avviare la procedura,
ma l’effetto sospensivo si ottiene solo a seguito dell’omologazione del giudice
invece che nel momento in cui si avvia la procedura depositando il piano.
Valgono per il piano del consumatore le stesse cause di revoca, annullamento e
risoluzione viste per l’accordo del debitore.
LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO Con quest’ultima alternativa, il
debitore sovraindebitato chiede al giudice che i suoi beni siano venduti
affinché il ricavato sia distribuito ai creditori. La possono richiedere anche
i creditori nel caso in cui l’accordo o il piano dovessero essere revocati,
annullati o risolti. In questo caso è necessaria una relazione dell’O.C.C. che esprime un giudizio sulla completezza e
attendibilità della documentazione prodotta, illustra i motivi della crisi
e fornisce elementi utili per valutare la diligenza del debitore nell’assumere
obbligazioni. Una volta depositata la domanda di ammissione alla procedura, il
giudice con il decreto di apertura della liquidazione nomina un liquidatore,
che può essere lo stesso O.C.C., e vieta l’inizio o la prosecuzione di azioni
esecutive sul patrimonio oggetto di liquidazione. Durante la procedura il patrimonio è amministrato dal liquidatore che
forma l’inventario dei beni e comunica ai creditori le modalità di accesso
alla procedura liquidativa. Al termine della procedura , il debitore persona
fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui (cioè quelli
che, nonostante la liquidazione del patrimonio, rimangono ancora da saldare)
attraverso l’esdebitazione a patto che presenti determinati requisiti di
meritevolezza previsti dalla legge e che attraverso la procedura siano stati
soddisfatti almeno in parte i creditori concorsuali (cioè quelli che, al
momento di presentazione della domanda di liquidazione erano già creditori del
sovraindebitato).
IN SINTESI Il legislatore ha voluto, attraverso lo strumento della
composizione della crisi, fornire alcune possibilità al debitore meritevole per
sanare la propria situazione di insolvenza consentendogli di mantenere una vita
normale e dignitosa senza necessità che si “nasconda” dai creditori. A parere
di chi scrive non è poco!
Dottor Luca Cantisano – Studio Comite