mercoledì 3 agosto 2016

ANIMALI DOMESTICI: SE FIDO SOFFRE, IL GIUDICE CONDANNA


Le tanto agognate vacanze stanno arrivando per molti di noi; per altri sono già terminate. Sole, mare o montagna, divertimento e relax sono ciò che accomunano questi ultimi caldi mesi. Eppure c’è un altro elemento che, da qualche anno, purtroppo, sembra essere una costante del periodo estivo: l’abbandono dei nostri amici animali. Avere animali domestici comporta una serie di responsabilità, non mi riferisco solo al dovergli dare da mangiare o al doverlo portare fuori la mattina presto. Anche gli animali hanno una loro dignità e sensibilità e, pertanto, comportamenti tali da provocargli sofferenze sono penalmente rilevanti. È ciò che ha ribadito recentemente una pronuncia del Tribunale di Campobasso. Esaminiamo, allora, insieme questa bella sentenza…
 
COSA DICE LA LEGGE SULL’ABBANDONO DI ANIMALI? Da sempre il nostro Legislatore è attento alla tutela degli animali, prevedendo una serie di misure volte a garantire la loro salute e la loro stessa vita. Tra tali norme troviamo, prima fra tutte, l’articolo 727 del codice penale intitolato oggi “Abbandono di animali” che sanziona chiunque abbandona animali domestici (primo comma) o li detiene in condizioni incompatibili alla loro natura e produttive di gravi sofferenze (secondo comma). Si tratta di due regole che, se violate, comportano la sanzione della contravvenzione. Esse sono distinte tra loro ma accomunate dal medesimo bene giuridico protetto: il sentimento di comune pietà verso gli animali, in quanto esseri viventi capaci di soffrire e provare dolore. Queste regole si pongono in un rapporto di continuità con i delitti previsti dagli articoli 544bis e seguenti del codice penale, introdotti nel 2004 ove si sanzionano condotte ritenute più gravi (uccisione di animali; maltrattamento di animali ecc). Per giurisprudenza costante, per abbandono di animali si intende tanto la condotta di chi volontariamente si allontana dallo stesso, quanto quella di chi tiene un colposo comportamento di indifferenza o inerzia nella ricerca dell’animale. Ad esempio, si violano le regole contenute nell’art 727 del codice penale sia nell’ipotesi in cui un soggetto abbia lasciato l’animale nel canile con la consapevolezza di non andare più a riprenderlo, sia laddove il proprietario del cane non abbia prontamente denunciato la scomparsa dello stesso. Si configurerà, altresì, lo stesso reato anche quando gli animali vengano detenuti in condizioni di abbandono, ossia con modalità incompatibili alla cura e alla nutrizione degli stessi.

IL CASO Il Tribunale monocratico di Campobasso è stato chiamato a pronunciarsi su una vicenda che, in alcune zone d’Italia, è purtroppo molto frequente. L’imputato era l’amministratore unico di una società che deteneva 33 animali di varie specie in condizioni incompatibili con la loro natura e idonei a cagionare agli stessi gravi sofferenze. In particolare gli animali si trovavano in una stalla di poco più di 200mq, chiusa all’esterno e totalmente priva di aperture capaci di far entrare luce e aria. Inoltre, i muri di questa struttura erano pieni di spuntoni di ferro in grado di cagionare lesioni, il pavimento era coperto di letame e non vi erano sistemi di abbeveraggio. Tale situazione era stata documentata dai rappresentati locali del Corpo Forestale dello Stato con cospicua documentazione, anche fotografica. Sulla base delle prove prodotte e sui testimoni ascoltati, il Giudice di Campobasso ha ritenuto, appunto, di condannare l’imputato per il reato di cui all’art 727 del codice penale (Tribunale di Campobasso, sezione penale, sentenza 4 aprile 2016, n. 223).

GLI ANIMALI NON DEVONO SOFFRIRE! Nel pronunciare una sentenza di condanna per la contravvenzione di cui all’art 727 del codice penale, il Tribunale di Campobasso si è allineato all’orientamento giurisprudenziale per il quale la detenzione di animali in stato di sovraffollamento è penalmente rilevante quando cagiona una grave sofferenza agli stessi. Proprio quest’ultimo elemento è ciò che deve caratterizzare il caso concreto per poter essere riferito al reato in analisi: saranno punite penalmente solo quelle situazioni in cui, secondo la comune esperienza o la scienza, l’animale subisca un patimento psicofisico. Non è, però, necessario che dal fatto derivi una lesione o la morte perché, in tal caso, non si dovrà più parlare di abbandono di animali ma di uccisione degli stessi (art. 544 bis del codice penale) o di maltrattamento di animali (544 ter del medesimo codice). Le sofferenze, poi, devono essere gravi ossia di significativa intensità. Al di sotto di tale soglia, che potrà essere accertata anche tramite perizia, non potrà dirsi integrato il reato.

DA CIÒ DERIVA CHE anche gli animali hanno una propria dignità e, così, qualsiasi condotta volta a cagionare loro una situazione di intenso disagio merita di essere sanzionata penalmente. La sentenza, come auspicabile, appare coerente con l’interpretazione consolidata delle regole che ho menzionato oltre che apprezzabile dal lato umano.

Avvocato Licia Vulnera – Redazione Giuridicamente Parlando