Quando ne ho sentito parlare la prima volta, la Finanziaria 2016 non era ancora legge. Si trattava, infatti, di un fondo introdotto da uno dei tanti emendamenti proposti durante la sua approvazione, passato e presentato come una conquista, in quanto rappresenta una tutela più rapida, rispetto agli ordinari rimedi in sede civile e penale, per i coniugi separati a cui non viene versato l’assegno di mantenimento dall’altro coniuge. Un fondo, pertanto, rivolto ai coniugi in difficoltà economica, anche se pensato soprattutto a tutela della donna che, nelle coppie scoppiate, è quasi sempre il coniuge economicamente più debole, che continua a subire anche dopo il matrimonio i soprusi, le ripicche e gli screzi, che ne hanno causato la fine. Spesso, infatti, complice anche la crisi economica che da qualche anno risiede nel nostro paese, la fine del matrimonio rappresenta l’anticamera della povertà. Recenti sondaggi, infatti, evidenziano come una significativa percentuale delle persone che mangiano alle mense dei poveri o chiedono aiuto ad associazioni caritatevoli o alle parrocchie è proprio rappresentata da coniugi separati e divorziati. Ebbene, dal 1° gennaio 2016…
…È LEGGE DI STABILITÀ Dalla stessa data, pertanto, è istituito, presso il Ministero della Giustizia e in via per il momento solo sperimentale, il Fondo di Solidarietà previsto ai commi 414, 415 e 416 dell’articolo unico della Legge, con una dotazione di 250.000 euro per l’anno 2016 e di 500.000 euro per l’anno 2017. In sostanza, esso funziona come un’anticipazione a favore del coniuge a cui l’altro non abbia versato l’assegno di mantenimento di cui all’articolo 156 del codice civile di una somma non superiore all’importo dell’assegno stesso. Sarà poi il Ministero della Giustizia a rivalersi sul coniuge moroso per il recupero delle somme anticipate. Naturalmente, tassative sono le condizioni per potervi accedere: il coniuge che non percepisce il versamento periodico deve versare in uno stato di bisogno e non deve essere in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli, che devono essere minori o maggiorenni portatori di handicap grave e conviventi. Il meccanismo di funzionamento del Fondo è semplice e lineare: va fatta un’istanza, sottratta al pagamento del contributo unificato, e depositarla nella cancelleria del tribunale del luogo ove il richiedente ha la residenza. Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, se ne ritiene sussistenti i presupposti, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, ne valuta l’ammissibilità e la trasmette al Ministero della Giustizia per la corresponsione della somma. Altrimenti, la rigetta con decreto non impugnabile.
MA IL FONDO È ACCESSIBILE SOLO DOPO IL DECRETO ATTUATIVO Dal 1° gennaio 2016 i coniugi in possesso dei requisiti prescritti potrebbero richiedere di accedere al fondo. In realtà, però, finché non viene emesso il decreto attuativo pur nella vigenza attuale delle norme che lo istituiscono, non è ancora operativo. È il decreto, infatti, che deve adottare le disposizioni necessarie per l’istituzione e l’operatività del Fondo, con particolare riguardo alle modalità per la corresponsione delle somme e per la riassegnazione al Fondo delle somme recuperate dallo Stato, ed all’individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazione. Le solite cose all’italiana, mi verrebbe da dire. Mai un provvedimento definito e certo nel suo significato e nella sua applicazione. C’è sempre bisogno di provvedimenti successivi, che ne chiariscano la portata e l’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo. In più, il tenore letterale del comma 416, lascerebbe intendere che non tutti i tribunali saranno coinvolti nell’attuazione, ma solo quelli individuati dalle norme attuative per avviarne la sperimentazione. Se è così, sarebbe una cosa inaccettabile e incomprensibile non solo perché limiterebbe le potenzialità di uno strumento di tutela salutato al momento della sua istituzione come un passo di civiltà, ma anche perché lo si negherebbe ad una parte di quanti avrebbero tutti i requisiti per potersene avvalere, ma sfortunatamente non risiedono nel posto giusto. E, inoltre, come avverrebbe questa selezione dei tribunali? In base a quali criteri?
TANTE SONO LE PERPLESSITÀ che il fondo ha suscitato, prima ancora di essere attuato praticamente Infatti, se è stato concepito per tutelare il coniuge economicamente più debole fornendogli un ulteriore strumento più snello, veloce ed economico, perché limitarlo solo ai coniugi separati e non riconoscerlo anche ai coniugi divorziati? Allo stesso modo, perché considerare, ai fini dello stato di bisogno, solo i figli maggiorenni portatori di handicap grave e non anche i figli maggiorenni con handicap lievi/medi che comunque incidono sulla situazione economica familiare ovvero i figli maggiorenni sani ma senza lavoro? Sembra quasi che la norma abbia la vista corta, non recepisca tutti i fenomeni sociali che determinano in una famiglia un disagio economico che si aggrava ancor più in caso di rottura dei coniugi. Ancora: cosa succede se il coniuge moroso è inadempiente perché anch’esso si trova a sua volta in una situazione di difficoltà economica? In questi casi, lo Stato rischierebbe di non rientrare nelle somme anticipate che andrebbero a gravare sul debito pubblico. Anzi, proprio questa possibilità potrebbe dare spazio ad accordi fraudolenti tra coniugi senza scrupoli che arriverebbero a separarsi solo per accedere alle somme erogate dal Fondo, quasi fosse un sussidio a fondo perso. Certo, prima dell’erogazione delle somme, il tribunale competente deve effettuare le verifiche ed acquisire le informazioni necessarie per valutarne l’erogabilità o meno. Ma proprio questa attività istruttoria è stata vista come un ulteriore aspetto critico dell’istituto in quanto andrebbe ad appesantire il già noto sovraccarico di lavoro delle cancellerie dei nostri tribunali con ulteriori ripercussioni negative sui tempi della giustizia.
ALMENO PER ORA sembra che gli svantaggi e i rischi superino il buono che c’è in questo Fondo di solidarietà. Bisogna aspettare però le norme attuative. Chissà che non aggiustino il tiro. D’altra parte, si tratta pur sempre di una sperimentazione, che può trarre insegnamento dagli inconvenienti che possono emergere nella pratica e correggerli via via.
Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giurdicamente parlando