venerdì 15 gennaio 2016

ADOZIONE: I FRATELLASTRI POSSONO ESSERE SEPARATI (MA ANCHE NO!)


Crescere un figlio non è semplice. Occorre tanta pazienza ed essere costantemente attenti a tutto quello che lo circonda, aiutandolo a compiere le scelte migliori sempre tenendo conto della sua personalità. È come camminare su un filo che collega due grattacieli altissimi: bisogna valutare ogni singolo passo e le implicazioni che lo stesso potrebbe avere, perché camminare troppo velocemente o troppo piano o andare più sulla sinistra che sulla desta o viceversa, potrebbe farci cadere e farci tanto male. Essere genitori, ripeto, non è semplice specialmente in alcune situazioni ambientali e sociali. Proprio per far fronte a quelle situazioni di difficoltà in cui, per i più svariati motivi, due persone non sono in grado di fare da madre e da padre, il nostro legislatore ha voluto tutelare il più possibile l’interesse del figlio con la Legge 184 del 1983 rubricata “Diritto del minore a una famiglia”. Cerchiamo di apprendere insieme i contenuti di questa normativa e di conoscere la recente sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata su un caso alquanto particolare…
 
QUATTRO SONO I MODELLI DI ADOZIONE previsti dal nostro legislatore, distinti a seconda dei presupposti richiesti dalla legge. Il codice civile regolamenta l’adozione di persone maggiori di età; la l. 184/1983 quella dei minori. In quest’ultima categoria, però, si è soliti distinguere tra l’adozione dei minori legittimante, dei minori internazionale e, infine, dei minori in casi particolari. Se l’adozione disciplinata nel codice civile era stata ideata per consentire a coloro che non avessero discendenti legittimi o legittimati di tramandare il proprio nome nel tempo (oggi non è più così perché adottante può essere anche chi ha discendenti purché maggiorenni), l’adozione dei minori si fonda su un diverso presupposto. L’art 1, al comma 4 della legge del 1983, infatti, prevede che un bambino possa essere adottato quando la famiglia non è in grado di provvedere alla sua educazione e al suo mantenimento, così come richiesto anche dall’art 30 Cost. Presupposto è, pertanto, la necessità di assicurare al minore la migliore crescita e il migliore sviluppo psico-fisico possibile, senza l’intromissione di fattori negativi. Soffermandoci sull’adozione legittimante, la legge richiede che il minore venga dichiarato in stato di adottabilità da parte del Tribunale per i minorenni. Ciò avviene quando il figlio non riceve un’adeguata assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti, purché tale situazione non derivi da forza maggiore avente carattere transitorio. Trattasi di uno status che si attribuisce solo quando altre soluzioni non sono idonee a realizzare l’esigenza del minore di vivere in un contesto familiare sano e adeguato, in quanto principio generale della l. 184 (intuibile già dalla sua rubrica) è il diritto del figlio a crescere ed essere educato nella propria famiglia di origine.

LA VICENDA da cui trae spunto questo mio articolo ha per protagonisti due fratelli dichiarati in stato di adottabilità poiché i genitori non erano in grado di prendersi cura di loro, essendo dediti al consumo di stupefacenti e avendo problemi psicologici. A tale decisione si erano opposti i nonni paterni, intesi a dare una casa e una serenità familiare ai due bambini. Nelle more del processo, però, si è scoperto che uno dei due minori non era figlio biologico del padre e ciò ha inciso sulla decisione dei giudici. Infatti è stata confermata la dichiarazione di adottabilità per entrambi i fratelli, seppur con motivazioni differenti. Per il bambino non legato da alcun vincolo genetico, i magistrati hanno ritenuto che i nonni non potessero opporsi allo stato di adottabilità non potendosi ritenere parenti entro il quarto grado e, pertanto, privi della legittimazione processuale ad agire (così come richiede la L. 184). Per l’altro minore, invece, si è preferito dichiararlo comunque adottabile per non dividerlo dal fratello a cui era molto legato e, così, consentir loro di vivere insieme in una nuova famiglia. Anche tale decisione, tuttavia, è stata impugnata dai due nonni e portata dinanzi la Corte di Cassazione che, a sua volta, ha fornito una soluzione differente per i due figli seppur motivando diversamente.

PER IL NIPOTE BIOLOGICO è stato applicato il principio ispiratore della l. 184, ossia il diritto del minore a crescere nella propria famiglia. Conseguentemente, è stata annullata la dichiarazione di adottabilità e il minore potrà crescere con i nonni se questi saranno ritenuti idonei dal giudice del rinvio. Tale annullamento deriva dalla circostanza per cui, applicando l’assunto sopra detto, l’adozione diventa una strada percorribile solo ove diverse soluzioni non possano essere adottate. Così come più volte affermato dalla nostra giurisprudenza, infatti, il diritto del minore a crescere nella propria famiglia di origine può soccombere solo ed esclusivamente quando quel clima familiare comprometterebbe irrimediabilmente il normale sviluppo psico-fisico del bambino. Solo a seguito di un rigoroso accertamento sulla stabilità del contesto familiare e sull’idoneità dei membri a esercitare al meglio la responsabilità genitoriale sarà possibile, eventualmente, sradicare il figlio da quel nucleo e porlo in uno diverso e migliore. Tutto ciò è dimostrato, altresì, dalla predisposizione da parte del legislatore di una serie di interventi volti a rimuovere, se possibile, o contenere le situazione di difficoltà. L’art 1, al comma 3, L.184 sancisce infatti che lo Stato e le sue articolazioni hanno il dovere di sostenere i nuclei familiari a rischio e ciò per evitare che i figli minori possano essere abbandonati e non educati.

PER L’ALTRO FRATELLO invece, i giudici hanno ritenuto di dover confermare lo stato di adottabilità non tenendo conto dell’esigenza di non separare i due bambini. Tale soluzione deriva da un’applicazione letterale della L. 184 e dell’art 74 cod. civ., in forza dei quali possono opporsi alla dichiarazione di adottabilità solo i genitori o i parenti entro il quarto grado. In tale ultima categoria non rientravano i ricorrenti, poiché si era scoperto, come già detto, che il loro figlio non era il padre del minore e, conseguentemente, l’adottabilità è stata confermata anche dai giudici di legittimità. La norma, seppur apparentemente ingiusta in tali casi, non può essere elusa perché si fonda sulla presunzione che solo chi è legato da un vincolo di sangue possa avere dei “diritti” e degli oneri nei confronti di una qualsiasi persona. Ecco perché i due fratelli sono stati separati. I giudici, però, suggeriscono altre strade per riunirli. Secondo quanto previsto dalla L. 184, infatti, i “non parenti” possono percorrere l’ordinaria strada dell’adozione minorile o dell’adozione in casi particolari, cosicché i nonni potranno ancora avere entrambi i nipoti sotto lo stesso tetto rispettando, allo stesso tempo, la legge (Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 24 novembre 2015, n. 23979).

IN CONCLUSIONE tale sentenza ribadisce il principio fondante la L. 184 del 1983 secondo cui un minore non può essere dichiarato adottabile se sussistono parenti, entro il quarto grado, idonei ad assicuragli un corretto sviluppo psico-fisico. Non può, pertanto, darsi rilievo a legami che seppur forti non si fondino su vincoli di sangue. Principio di per sé corretto. In altre parole, la Suprema Corte pur richiamando il rispetto delle norme vigenti, indica una possibile soluzione, aderente al sistema vigente e allo stesso tempo soddisfacente per le esigenze del caso concreto.


Avvocato Licia Vulnera – Redazione Giuridicamente parlando