lunedì 13 aprile 2015

COSA SIGNIFICA ESSERE AVVOCATI? (Milano 9 aprile 2015, Palazzo di Giustizia)


È sabato. Sto passando in rassegna qualche sentenza e alcuni dei quesiti che quotidianamente mi vengono sottoposti. Insomma, sto facendo quello che spesso mi capita di fare durante il week end: un po’ di archivio del materiale raccolto e poi un po’ di aggiornamento sulle sentenze e gli argomenti giuridici più dibattuti durante la settimana, ma soprattutto sto studiando, perché un buon avvocato non smette mai di farlo e perché senza libri e riviste di diritto sarei come un manovale senza attrezzi. E così, è già qualche ora che leggo e rileggo; oggi, però, nulla riesce ad incuriosirmi né ad attirare la mia attenzione. Oggi mi manca il fuoco, la passione che mi aiuta ad accettare qualunque sacrificio e amarezza, quel fuoco ardente che mi fa venir voglia di approfondire, che mi porta a gioire senza misura quando arriva la sentenza che canta vittoria e a sopportare la sconfitta, da cui riparto più forte e arricchita (naturalmente non mi riferisco al portafoglio). Eh sì, perché quando ami ciò fai e ciò che sei non puoi rimanere indifferente di fronte a nulla. Oggi, invece, forse per la prima volta, mi sento privata di quell’entusiasmo che mi accompagna sempre. Non ne ho voglia! Non ho voglia di capire, di conoscere, di buttare il sangue per le cose in cui credo. Semplicemente non ne ho voglia. Sono passati solo due giorni! Troppo pochi per schiacciare lo sconforto e non sentire il dolore sordo dei colpi di pistola che rimbombano ancora a Palazzo … 

NON È GIUSTO! Qualcuno ha avuto l’ardire di strumentalizzare l’evento e parlare di ennesimo attacco alla magistratura. Non ho neppure voglia di perdermi coi nomi. Tanto sono noti a tutti e la politica, anche quella meno appariscente, fa schifo in ogni caso! Naturalmente, quindi, non posso condividere. Quanto accaduto giovedì mattina è profondamente ingiusto; per tutti. Per gli uomini che sono morti, per le loro famiglie, per i giudici, per coloro che rendono possibile l’esistenza stessa dei Tribunali, ma anche per tutti noi. Intendo noi avvocati. Già proprio così, perché in quel Palazzo di giustizia che pare sterminato, noi avvocati ci danniamo l’anima, corriamo come pazzi, combattiamo le nostre battaglie in nome dei diritti lesi dei nostri clienti, ci sediamo davanti ai giudici e discutiamo, pacatamente ma talvolta, quando occorre, anche con forza. In quel Palazzo, a volte, ci passiamo intere giornate, ad aspettare che si reciti il nostro processo e la nostra causa; rispettosamente, senza mai dare segni di stanchezza e sconforto, tranquillizzando i clienti impazienti che a quei criteri non ci sono abituati ed ai quali pare tutto così strano. Ecco, pensavo che noi avvocati, nel luogo dove si parla di diritto e di diritti e si butta fuori tutto quello che la notte prima si è ripassato e rivisto fino allo sfinimento, perché non scappi nulla, potessimo stare tranquilli; almeno lì. È per questo che dico che è ingiusto. 

ILLUSIONE… Mi aspettavo che fossimo protetti; ma forse era solo un’illusione. In fondo, varcando l’ingresso di uno dei quattro lati del Tribunale di Milano, l’ho pensato tante volte che sarebbe stato un gioco da ragazzi per qualche malintenzionato introdursi indisturbato, mentre passavo con il tesserino di riconoscimento in mano che, i vigilanti, nemmeno ti guardano e ti dicono: “vada avvocato, vada non si preoccupi …”. E poi cerchi di cacciar via quell’idea, la paura, perché altrimenti l’angoscia non ti fa ragionare ed un avvocato, invece, la ragione non può e non deve mai perderla, perché è su questa che argomenta e dibatte. Poi ti affanni a spiegare ai clienti, che appena entrano si sentono già persi e che ti chiedono sempre di essere recuperati all’ingresso, che è giusto che loro passino attraverso il metal detector. Che è giusto un trattamento differenziato. Che loro, sì, sono brave persone, ma magari non tutti sono così. E, allora, sorridono come se avessero capito, ma in realtà non hanno capito nulla (per fortuna) e ti dicono: “ha ragione avvocato di questi tempi non si sa mai”. Sorrido a mia volta, li ringrazio e continuo dicendo loro che è per ragioni di sicurezza … Già, proprio così, di sicurezza!!!! Ma dentro ti resta la stessa sensazione che si prova quando da bambino dici le bugie; non ti piace e ti senti a disagio e speri che non ti becchino mai. 

BISOGNA CAPIRE PER APPREZZARE… Insomma, oggi non ce la faccio proprio, ed ho solo voglia di spiegarvi, e forse anche urlare, cosa c’è dietro all’essere avvocati. Attenzione perché la mia non vuole essere la solita lagna a favore della categoria, come se fossimo i soli capaci di impegnarsi, anima e cuore, in ciò che fanno. È solo che molti credono che fare l’avvocato sia una modalità assai facile per accumulare denaro a scapito dei poveretti che domandano di essere assistiti e rappresentati. Beh, non è così, o almeno non è così per la maggior parte di noi. Accade, invece, più spesso che la remunerazione economica non sia affatto commisurata all’impegno ed alle ore di tempo dedicate per ottenere un certo risultato. C’è un bel da fare e un bel rischio da sopportare. A questo punto, direi, per la vita stessa. Per praticare e ricercare la giustizia bisogna crederci fermamente; in altre parole bisogna essere fervidi credenti, fedeli attenti e osservanti delle regole. Ecco perché la toga, figurativamente parlando, si continua a indossarla anche quando si esce dalle aule di Tribunale. Ecco perché di essere avvocati non si smette mai, perché la giustizia si manifesta solo a chi ci crede. Non bigotti o esaltati dalla personalità ridondante ma persone che, per amor di diritto, sono disposte a sacrifici immani. 

VOGLIO TORNARE A CREDERCI, MA NON OGGI… Questo è il momento per pensare a chi non c’è più, anche se si trattava di uno sconosciuto. È il tempo per il silenzio, per il vuoto, per l’amarezza e anche per la paura, quella che ti toglie la ragione e la lucidità. Forse domani le cose saranno diverse e la passione bruciante per la giustizia, mi porterà a perdonare non solo la leggerezza delle istituzioni, che avrebbero dovuto proteggerci all’interno del tempio dedicato alla “giustizia”, ma anche Claudio Giardiello il folle che ha procurato tanto dolore e disperazione. Quel folle che sarà difeso e assistito proprio da un avvocato, perché anche i folli hanno diritto ad un processo giusto ed equo. Chissà, forse lunedì sarà un’altra storia e, come tanti altri colleghi, inghiottirò la mia paura e tornerò a credere che ne valga la pena. Oggi però non ne ho voglia e penso, comunque, che nessuno, varcando l’ingresso del Palazzo, dimenticherà più quanto accaduto. 

Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite