lunedì 2 febbraio 2015

FABRIZIO CORONA: "DURA LEX, SED LEX", QUANDO LA LEGGE NON PERDONA


Arrogante, sfrontato, presuntuoso, spesso invidiato per lo stile di vita, qualcuno lo ritiene persino affascinante, indubbiamente un personaggio che ha fatto e farà ancora molto discutere per le sue malefatte e forse, perché no, anche per aver sfacciatamente sfidato qualche potente, per trarne benefici economici. Il re dei paparazzi è figlio d’arte e quindi giornalista, fotoreporter, oggi anche scrittore. Attualmente è detenuto nel carcere di Opera per scontare la pena accumulata per le condanne che diversi Tribunali del Paese gli hanno giustamente appioppato per i tanti delitti commessi. Tuttavia, ciò che una buona parte dell’opinione pubblica, me compresa, si chiede, e fatica a comprendere, è il motivo per il quale l’esuberante fotoreporter sta scontando e dovrà scontare così tanti anni di carcere senza essersi macchiato di delitti comunemente ritenuti più gravi. Insomma, sembra che lo zelo della giustizia, che beninteso ha applicato e sta applicando ad litteram le norme di legge, sia tutto rivolto verso il noto personaggio pubblico. Purtroppo, tanto impegno e amor di diritto sembra non emergere in altre scomode situazioni in cui la stessa sicurezza dello Stato è stata messa in discussione. Ma tant’è. Non occupandomi di diritto penale, e per capire qualcosa in più, da trasferire a tutti i nostri affezionati lettori, ho quindi pensato di chiedere lumi ad un collega penalista… 

CUMULO MATERIALE E CUMULO GIURIDICO Senza alcuna pretesa di esaustività e con parole molto semplici, sperando di non irritare, con l’utilizzo di qualche espressione impropria, i colleghi esperti della materia penalistica, cui rivolgo anzi l’invito ad esprimere il proprio contributo attraverso le integrazioni che riterranno opportune, va innanzitutto chiarito cosa si intenda, giuridicamente parlando, per cumulo materiale e cosa invece per cumulo giuridico. Acquisire queste informazioni significa comprendere la ragione delle scelte operate dai giudici al fine di evitare critiche infondate e gratuite. Ciò premesso, l’analisi degli istituti giuridici in parola mi porta a dire che:

1) si avrà cumulo giuridico quando, sebbene il soggetto commetta tecnicamente diversi delitti, la pena complessiva viene limitata perché si è in presenza di reati in concorso formale tra loro, come per esempio accade quando con una sola azione si commettono più reati (si pensi al caso di scuola in cui Tizio ingiuria una platea) oppure perché si è in presenza di più fatti-reato che sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In quest’ultimo caso si parlerà di continuazione nel reato. L’articolo 81 del codice penale stabilisce che in questi casi si dovrà comminare al condannato la pena prevista per il reato sanzionato più gravemente, aumentata sino ad un terzo. Ciò significa che a conti fatti il condannato fruisce di una diminuzione complessiva della pena dovuta alla circostanza per la quale lo stesso, a parere dei giudici, ha agito in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

2) si avrà, invece, cumulo materiale quando i giudici, chiamati a valutare la condotta di un determinato soggetto, ritengano che siano state commesse più azioni od omissioni in violazione di una medesima norma penale (concorso materiale omogeneo), come accade per esempio nell’ipotesi in cui Tizio impugni una pistola e con diversi colpi uccida una pluralità di persone, oppure quando, attraverso una pluralità di azioni od omissioni, siano state violate diverse norme penali (concorso materiale eterogeneo). In tali casi i magistrati faranno, dunque, applicazione del severissimo principio “tot crimina tot poenae” e, quindi, il condannato risponderà della sommatoria delle pene previste per tutti i reati commessi. Gli unici limiti previsti a tale principio prevedono che la pena non possa comunque superare i 30 anni se si tratta di reclusione, i 5 anni se si tratta di arresto e comunque il quintuplo della pena più grave. Tale principio è, comunque, scarsamente applicato per la proliferazione dei casi di continuazione nel reato cui si applica il regime del cumulo giuridico.

COSA SIGNIFICA REATO CONTINUATO? Si è in presenza di continuazione nel reato quando tra le diverse azioni od omissioni vi è un denominatore comune, vale a dire lo stesso disegno criminoso. Peraltro, la difficoltà di provare la sussistenza di tale unico disegno criminoso ha indotto la giurisprudenza più recente a presumere l’esistenza del reato continuato in presenza di reati commessi anche a distanza di tempo, estendendo quindi l’ambito di applicazione del cumulo giuridico ovvero di quel principio in base al quale la pena viene diminuita secondo quanto disciplinato dall’articolo 81 del codice penale. L’univocità del disegno presuppone, naturalmente sia l’elemento intellettivo della rappresentazione anticipata sia l’elemento finalistico dato dall’unicità dello scopo; in sintesi il soggetto in questione, attraverso diverse azioni od omissioni compie una pluralità di reati (omogenei oppure eterogenei), commessi anche a distanza di tempo, volendo, in ogni caso, realizzare un unico progetto. Tenuto conto di ciò la giurisprudenza ha ritenuto che non si possa parlare di “disegno criminoso” tutte le volte in cui i fatti costituenti reato siano, rispetto al primo fatto, in rapporto di mera occasionalità, oppure nel caso in cui esprimano mera abitualità o un costume di vita dell’imputato, come accade per esempio nel caso delle persone tossicodipendenti, costrette a delinquere per procacciarsi i mezzi economici per soddisfare il bisogno quotidiano di sostanze stupefacenti (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza del 13 giugno 2013, n. 25939; Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza del 10 aprile 2006, n. 12638)

LA DECISIONE DEL GIP MENEGHINO E L’APPLICAZIONE DELLA “CONTINUAZIONE” Per tornare al contestatissimo caso di Fabrizio Corona, posso ora precisare che il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, dott. Enrico Manzi, a febbraio 2014, facendo applicazione del cumulo giuridico previsto dall’articolo 81 del codice penale, aveva ridotto appunto il cumulo delle pene a nove anni mettendo in continuazione le condanne per le estorsioni a colpi di flash con quelle per la bancarotta della Fenice e per i reati fiscali collegati oltre che per aver corrotto un agente di polizia penitenziaria che gli permise di fare un reportage fotografico a San Vittore. Il giudice aveva ritenuto che tutto facesse parte di un “unico disegno criminoso” poiché, “Corona amava il denaro e i guadagni facili e per questo gestiva in modo irregolare la sua società, non pagava le tasse e ricattava le sue vittime con le foto”, aveva sostenuto Manzi, ghigliottinando la pena complessiva e togliendogli ben 4 anni e 2 mesi di carcere. Insomma, un bel regalo che, però, non è stato gradito dalla Procura.

LA CASSAZIONE DICE NO. SI TORNA INDIETRO! Il 28 gennaio scorso, tuttavia, su ricorso del Pubblico Ministero, dott.ssa Nunzia Gatto, procuratore aggiunto presso la Procura milanese, la Cassazione ha annullato lo sconto ritenendo che quei reati non possono stare insieme e ha rimandato gli atti al Tribunale di Milano per il ricalcolo della pena. Per ora è noto il solo dispositivo della sentenza che ha stabilito: “Si annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al riconoscimento della continuazione tra i reati di estorsione e i restanti reati oggetto delle sentenze dell’8 marzo 2010 del gip del tribunale di Milano e del 7 giugno 2012 della Corte d’Appello di Milano, e si rinvia per nuovo esame al gip del tribunale di Milano. Si rigetta il ricorso di Corona Fabrizio che si condanna al pagamento delle spese processuali”. Secondo quanto precisa uno dei legali del re dei paparazzi, ciò significa, in sostanza, che la Cassazione ha riconosciuto la continuazione tra le pene per le due condanne riportate, a seguito delle inchieste di Milano e Torino, sui cosiddetti fotoricatti, mentre non l’ha ritenuta applicabile tra le due condanne per estorsione e altre due sentenze: quella per aver corrotto una guardia carceraria, quando era detenuto nel 2007, per far entrare una macchina fotografica a San Vittore e realizzare un servizio fotografico e la condanna a 3 anni e 10 mesi per bancarotta fraudolenta documentale.

ORA CORONA RISCHIA UNA CONDANNA A QUASI 14 ANNI DI CARCERE La parola torna ora al Tribunale del riesame di Milano che dovrà ricalcolare la pena tenendo conto delle indicazioni dei giudici della Suprema Corte i quali hanno applicato ad litteram i principi giuridici stabiliti dalla legge ed elaborati dalla giurisprudenza. Senza contare che ci sono ancora alcuni processi in corso per diffamazione, truffa, oltraggio a magistrato e falsa testimonianza, violazione di misure cautelari e detenzione d’arma. In sintesi, l’esuberante fotografo rischia di scontare una condanna complessiva che ha il sapore amaro del clamore mediatico e che induce anche coloro che per lui non hanno mai parteggiato ad avere uno slancio di simpatia. Insomma, il motivo non lo si conosce appieno ma, nonostante sia notorio che Corona non fosse uno stinco di santo, la maggior parte degli uomini di strada provano per lui la stessa simpatia che tanti hanno provato per le prodezze di Arsenio Lupin o del celebre personaggio partorito dalla penna di Angela Giussani e noto a tutti come Diabolik. Entrambi ladri spietati e protagonisti di storie spesso sanguinose ma alla fine però, non si sa come, non si sa perché, il lettore non parteggia mai né per Ginko né per gli inseguitori di Lupin. Ma questi sono personaggi della fantasia e sono altre storie, mentre Fabrizio Corona è reale e, una volta acciuffato, il carcere lo sta facendo per davvero, quello duro, senza benefici e, da domani, forse anche senza sconti, quello riservato a coloro che hanno commesso i delitti più efferati. I suoi legali dicono che due anni di reclusione lo abbiano privato di quella villana sfrontatezza che lo caratterizzava cui, devo confessare, una volta, qualche anno fa, quando al suo fianco c’era ancora la bella Belen Rodriguez, in occasione di un evento all’Hotel Bulgari di Milano, ho avuto modo di constatare personalmente. Arroganza pura e ciò nonostante, come altri, non ho provato antipatia.


MOLTI CHIEDONO LA GRAZIA AL PRESIDENTE Almeno per il reato ostativo di estorsione, (vale a dire non commesso ma che stava per commettere), ai danni del calciatore Trezeguet. Sono diversi i personaggi pubblici a richiederla per far sì che il piatto della bilancia venga tarato aggiungendo il peso del buon senso affinché si possa parlare di giustizia che punisce ma che è capace anche di rieducare, attraverso il perdono e l’opportunità di resipiscenza. Tra questi Adriano Celentano, Fiorello, Marco Travaglio (collega del padre a La Voce con Indro Montanelli) e Paolo Bocedi (presidente dell’associazione anti-racket Sos Italia Libera); tutti chiedono a gran voce che il Presidente della Repubblica, prima Napolitano e ora il neo eletto Mattarella, gli conceda almeno una grazia parziale di due anni e sei mesi che gli permetta di accedere a una pena alternativa. Travaglio, in particolare sottolinea che sarebbe opportuno un atto di clemenza, che grazi quantomeno il reato ostativo, così da “ridare speranza a un ragazzo che ne ha combinate di tutti i colori, ma senza mai far male a nessuno. 

Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite