mercoledì 21 gennaio 2015

LAWYER POWER: PIÙ POTERE AGLI AVVOCATI PER RISOLVERE LE LITI, E ALLORA NEGOZIAMO?


Le tumultuose vicende politiche odierne, caratterizzate da repentini cambiamenti e ribaltamenti sociali, non potevano non manifestarsi anche nelle riforme che il Legislatore sta tentando, più o meno coscientemente, di realizzare, in particolare in tema di diritto civile e relativa procedura. A tal proposito, infatti, credo sia opportuno analizzare ed approfondire in questa sede una delle novità apportate dal famigerato “Decreto giustizia”, recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, tra cui la procedura di negoziazione assistita. Ma vediamo ora nel dettaglio cosa si intende per negoziazione assistita e, soprattutto, quali risvolti pratici e vantaggi comporta…

DECRETO GIUSTIZIA: SNELLIRE E SMALTIRE Il sistema della giustizia italiana, purtroppo, è fin troppo famoso soprattutto per le falle che lo caratterizzano, dunque non sorprende il fatto che il Legislatore abbia deciso di intervenire nuovamente in materia, apportando modifiche finalizzate in particolare allo snellimento della procedura civile, oltre che all’esaurimento dell’immensa mole di cause pendenti arretrate. In ragione di ciò, dunque, mediante gli interventi normativi citati in premessa, è stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo istituto, onestamente con ottime potenzialità di sviluppo, volto a favorire la risoluzione dei conflitti e delle controversie in via stragiudiziale (cioè senza ricorrere all’azione giudiziaria, trovando una soluzione favorevole a tutte le parti coinvolte): sto parlando, ovviamente, della procedura di negoziazione assistita.

COSA SI INTENDE PER NEGOZIAZIONE ASSISTITA? La procedura di negoziazione assistita, peraltro disciplinata dall’intero Capo II del Decreto Legge 132/2014, non è altro che un accordo sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti nella lite, detto convenzione di negoziazione, mediante il quale si conviene di cooperare per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili (ossia, diritti che, al contrario di quelli indisponibili, possono essere trasferiti ad altri dal titolare o essere oggetto di rinuncia da parte del medesimo), tramite l’assistenza degli avvocati, dandosi regole da rispettare nella successiva attività di negoziazione vera e propria. Al termine di questo negoziato, condotto secondo le regole prestabilite nella convenzione, laddove le parti raggiungessero effettivamente una soluzione bonaria della controversia, avrebbero la possibilità di cristallizzare l’intesa in un accordo scritto. Tale accordo, inoltre, se sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo anche per l’iscrizione di ipoteca giudiziale, al pari di un provvedimento giudiziale. La procedura di negoziazione assistita si snoda in diverse fasi, meglio chiarite qui di seguito:

1) Fase informativa: all’atto del conferimento dell’incarico, ciascun avvocato deve informare il proprio cliente della possibilità, o dell’obbligo per alcune materie, di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita, essendo suo preciso dovere deontologico fornire al proprio assistito una panoramica esaustiva delle opzioni che ha a disposizione; 

2) Invito alla negoziazione assistita: la parte può scegliere, laddove l’oggetto del contendere non rientri nei casi di negoziazione assistita obbligatoria, di provare la nuova procedura e, in caso affermativo, sarà l’avvocato a formulare alla controparte un invito a stipulare una convenzione di negoziazione;

3) Stipulazione della convenzione di negoziazione assistita: come anticipato, la convenzione di negoziazione è l’accordo mediante il quale le parti convengono di “cooperare in buona fede e con lealtà” per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati. Tale convenzione, quindi, oltre ad essere redatta in forma scritta e ad essere siglata dalla parti e dagli avvocati, i quali certificano l’autografia delle sottoscrizioni, deve necessariamente indicare il termine per l’espletamento della procedura che, in ogni caso, la nuova Legge stabilisce debba essere non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti. Naturalmente, la convenzione dovrà altresì indicare l’oggetto della controversia;

4) Fase della negoziazione: in questa fase, peraltro fondamentale dal momento che è dall’esito della stessa che dipenderà o meno il ricorrere all’autorità giudiziaria, sia gli avvocati sia le parti sono tenuti a comportarsi con lealtà reciproca, oltre che ad attenersi alla riservatezza in ordine alle informazioni ricevute. 

5) Esito della negoziazione: lo svolgimento della negoziazione può portare, come ovvio, ad un risultato positivo o negativo. In caso di mancato accordo, verrà redatta la dichiarazione di mancato accordo, certificata dagli avvocati che hanno partecipato alla negoziazione. In caso positivo, ossia di raggiungimento di un accordo, questo dovrà non solo essere conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico, ma anche sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono. Come più volte ribadito, l’accordo costituisce titolo esecutivo anche per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

OBBLIGATORIA OPPURE FACOLTATIVA Il Legislatore ha previsto due tipi negoziazione assistita: procedura facoltativa/volontaria e procedura obbligatoria. Nel primo caso, è la parte che liberamente sceglie se iniziare una procedura di negoziazione assistita, preferendo esperire prima un tentativo amichevole e bonario di risoluzione della controversia, presumibilmente nella speranza di non dover instaurare un giudizio. Nel secondo caso, invece, è il Legislatore stesso che stabilisce i casi nei quali sia obbligatorio iniziare la procedura in commento, replicando in buona parte quanto già disposto in relazione alla mediazione obbligatoria e sancendo che l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale (in altre parole, non sarà possibile agire in giudizio se non si è prima tentata la negoziazione assistita). Ai sensi della normativa vigente, quindi, sussiste l’obbligo di invitare, tramite l’avvocato, l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita per chi intenda

A) esercitare in giudizio un’azione in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti;

B) proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 euro, ad eccezione delle controversie assoggettate alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria.

IN TEMA DI DIRITTO DI FAMIGLIA soprattutto in ordine alla separazione e al divorzio, la negoziazione assistita è stata prevista in via facoltativa, soprattutto in ragione della pesante influenza emotiva che caratterizza questo tipo di controversie, nelle quali non è così scontato che le parti riescano a cooperare al fine di risolvere amichevolmente il proprio contendere. L’art. 6 del Capo II del Decreto Giustizia, infatti, è espressamente dedicato alla particolare ipotesi di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio. La disciplina sostanzialmente prevede che, tramite la convenzione di negoziazione assistita, peraltro, da almeno un avvocato per parte proprio al fine di meglio favorire il dialogo, i coniugi possano raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o divorzio precedentemente stabilite. 

LA PROCEDURA È ATTUALMENTE APPLICABILE sia in assenza che in presenza di figli minorenni o di figli maggiorenni, incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. Nel primo caso, l’accordo raggiunto dovrà essere sottoposto al vaglio del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, il quale, laddove non ravvisasse irregolarità, comunicherà il nullaosta agli avvocati delle parti. Nel secondo caso, invece, il Pubblico Ministero, cui va trasmesso l’accordo concluso entro 10 giorni, autorizzerà il medesimo solo se lo stesso è rispondente all’interesse dei figli. Qualora così non fosse, sarà tenuto a trasmettere l’accordo in parola, entro cinque giorni, al Presidente del Tribunale, il quale, nel termine massimo di trenta giorni, disporrà la comparizione delle parti, provvedendo senza ritardo. Una volta autorizzato, l’accordo, nel quale, tra l’altro, gli avvocati devono dare atto di aver esperito il tentativo di conciliazione tra le parti informandole della possibilità di ricorrere alla mediazione familiare, lo stesso è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono gli analoghi procedimenti in materia. Infine, dopo la sottoscrizione dell’accordo, il legale della parte ha l’obbligo di trasmetterne copia autenticata munita delle relative certificazioni, entro 10 giorni, a pena di sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto per tutti gli adempimenti successivi necessari (trascrizione nei registri di stato civile; annotazioni sull’atto di matrimonio e di nascita; comunicazione all’ufficio anagrafe).

IN CONCLUSIONE… è evidente non solo il potenziale di questo nuovo istituto, sia nell’ipotesi obbligatoria che in quella facoltativa, ma anche l’importanza che assume il ruolo dell’avvocato in queste procedure, con poteri ed obblighi connessi e deontologicamente rilevanti. La novità, si sa, desta sempre molto interesse destinato a scemare via via, ma mi auguro che la procedura di negoziazione assistita nelle materia in cui è facoltativa riesca a trovare una propria dimensione applicativa, soprattutto con riguardo al diritto di famiglia, dove il clima molto spesso pesante non ha certo bisogno di essere ulteriormente gravato dalle tensioni di un giudizio. Sarà compito di noi operatori del diritto formarci professionalmente in tal senso, affinché sia possibile promuovere più incontri che scontri.


Dottoressa Roberta Bonazzoli – Studio Comite