Quando in un condominio c’è un lastrico solare prima o poi, si sa, diventa necessario affrontare il problema delle infiltrazioni e delle conseguenti riparazioni o, nei casi più gravi, al completo rifacimento della sua impermeabilizzazione. Al lastrico solare vengono equiparate le terrazze a livello, che, pur non essendo collocate nella parte terminale dell’edificio, svolgono comunque una funzione di copertura. A sua volta il lastrico solare può essere di proprietà ed uso comune oppure di proprietà comune ed uso esclusivo di un condomino oppure, ancora, di proprietà ed anche uso esclusivo di un singolo proprietario. I casi possono, quindi, essere diversi. Cosa accade, allora, quando si verifica un’infiltrazione proveniente appunto dal lastrico solare che provoca danni agli appartamenti sottostanti allo stesso?
DI CHI È IL LASTRICO? Intanto è bene intendersi su cosa sia il lastrico solare. Secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con questo termine ci si riferisce alla “superficie terminale dell’edificio che abbia la funzione di copertura, tetto delle sottostanti unità immobiliari, comprensivo di ogni suo elemento, sia pure accessorio, come la pavimentazione”. Quando il lastrico solare è ad uso esclusivo di un solo condomino le riparazioni od il suo rifacimento sono regolate dall’art. 1126 del codice civile ovvero un terzo della spesa è carico di chi ne gode in modo esclusivo ed i restanti due terzi “sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”. La norma è chiara e trova pacifica applicazione. Ma quando un condomino lamenta di aver subito dei danni da infiltrazioni provenienti dal sovrastante lastrico solare di proprietà o semplicemente di uso del condomino soprastante come vanno ripartite le spese dovute a titolo di indennizzo dei danni subiti? La questione è da considerarsi “calda” perché una recente sentenza della Suprema Corte sollecita un radicale cambiamento dell’orientamento sino ad oggi prevalente. Infatti i giudici della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione hanno rimesso al Primo Presidente della Corte gli atti di una causa relativa alle modalità di ripartizione delle spese derivanti dai danni prodotti dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare di proprietà o uso esclusivo (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 13 giugno 2014, n. 13526).
L’ORIENTAMENTO DAGLI ANNI ‘90 Sino alla recentissima sentenza che ho richiamato l’orientamento della giurisprudenza si ancorava alla nota pronuncia della Cassazione degli anni ‘90 secondo cui se il lastrico solare appartiene a tutti i condomini questo svolge solo una funzione di copertura dell’edificio e le spese per la conservazione, le riparazioni e le ricostruzioni sono ripartite tra tutti i proprietari, sulla base della tabella millesimale (ex art. 1223, comma 1, codice civile). Quindi, in caso di danni provocati all’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, per difetto di manutenzione o per usura di quest’ultimo, il risarcimento dovrà essere a carico di tutti i condomini e anch’esso andrà ripartito sulla base delle quote riportate dalle tabelle millesimali di proprietà. Qualora invece il lastrico solare, oltre che fungere da copertura dell’edificio, è di proprietà esclusiva di un singolo condomino ed è destinato ad offrire, a quest’ultimo, ulteriori utilità oltre alla copertura (per esempio, come terrazza, vano stenditoio, giardino pensile etc.), in tal caso, la ripartizione delle spese per la manutenzione e/o rifacimento e per il risarcimento dei danni da infiltrazioni deve (o meglio doveva) essere effettuata secondo i criteri dell’art. 1126 del codice civile, sopra richiamato, ovvero due terzi a carico di tutti i condomini (poiché tutti i proprietari usufruiscono, comunque, della funzione di copertura del lastrico stesso) ed un terzo a carico del titolare del lastrico (Cassazione civile, Sezioni Unite, Sentenza del 29 aprile 1997, n. 3672).
UNA SOLUZIONE CHE NON SODDISFAVA Questa interpretazione è sembrata semplicistica perché non tiene conto di alcuni profili giuridicamente rilevanti in tema di imputazione della responsabilità e l’orientamento, oggi confutato, era già stato oggetto di critiche da parte degli studiosi del diritto, ovvero in dottrina. Si è osservato infatti che il condominio è tenuto alla manutenzione del lastrico solare (o della terrazza a livello) anche se di uso o di proprietà esclusiva, e che alle relative spese deve provvedere il condominio con la ripartizione di cui al criterio stabilito dall’art. 1126 del codice civile. Ma se tale particolare ripartizione trova fondamento nel maggior uso godimento della cosa che ne trae il condomino che vanta l’uso esclusivo e/o la proprietà del lastrico solare (o della terrazza a livello) non si comprende invece la ratio secondo cui la giurisprudenza (di merito e di legittimità) applicava in via analogica e presuntiva lo stesso criterio di riparto anche per il risarcimento dei danni arrecati al condomino o al terzo proprietario dell’appartamento sottostante. La dottrina infatti, rilevando che le infiltrazioni possono essere determinate da cause diverse (incuria del proprietario del lastrico solare, omessa o ritardata manutenzione da parte del condominio in caso di usura del manto impermeabilizzante) osservava anche che l’art. 1126 del codice civile è norma “speciale” in quanto fa esclusivo riferimento alle spese per la riparazione e la ricostruzione del lastrico solare.
OBSOLESCENZA O RESPONSABILITÀ Ora, un conto è tener fermo il principio secondo cui al condomino che ha la proprietà esclusiva o il diritto di uso esclusivo sul lastrico solare spetti una quota significativa per le riparazioni ed il rifacimento in caso di vetustà, altro è considerare in termini di responsabilità da fatto illecito, o aquiliana, il risarcimento dei danni di cui il condominio deve rispondere in caso di infiltrazioni derivanti da omessa manutenzione le quali possono verosimilmente non dipendere da un comportamento del proprietario esclusivo del lastrico o del titolare di un diritto di uso esclusivo, bensì, appunto, dall’inerzia del condominio stesso.
LA CASSAZIONE CI RIPENSA La sentenza 13 giugno 2014, n. 13526, sulla scorta di tali prospettazioni della dottrina, propugna un ripensamento della questione “cristallizzata” nella precedente pronuncia delle Sezioni Unite osservando testualmente che “…è opinione di questo Collegio, riscontrata da interventi dottrinali, che l’orientamento qui contrastato abbia effettuato una indebita applicazione delle norme fissate per stabilire il contributo alle riparazioni o ricostruzioni, concepite dal legislatore (si veda la Relazione al Re circa l’art. 1126 e suoi richiami all’art. 563 abrogato) per tenere conto della maggiore utilità che i condomini aventi l’uso esclusivo (quale piano di calpestio) traggono rispetto agli altri condomini che si giovano della funzione principale del lastrico, quella di copertura".
E PRECISA Gli ermellini puntualizzano inoltre che “… più coerentemente altre pronunce della Suprema Corte (Cassazione 7727/07; 6376/06; 642/03; 15131/01) hanno richiamato l’applicazione dell’art. 2051 c.c. nell’ipotesi di cattiva manutenzione di cose in uso esclusivo al condomino, seguendo il principio che addebita il danno ascrivibile ai singoli o al condominio all’eventuale comportamento lesivo di chi lo ha cagionato.(omissis) Ciò che maggiormente rileva è però la convinzione che gli obblighi di contribuzione fissati negli articoli 1123 e 1125 e 1126 cod. civ. riguardano il diritto dei proprietari e l'utilità che essi traggono dai beni, non l'allocazione del danno subito dai terzi, che nella complessa tipologia in esame prescinde, di regola, dalla condotta dell’utilizzatore. Esso infatti risale alla mancata solerzia del condominio nell’apprestare ricostruzioni e riparazioni tempestivamente, prima cioè che si produca il pregiudizio per l’appartamento sottostante. Questa omissione di azione condominiale può esservi, come nella specie è stato denunciato, anche se il condomino che vanta l’uso esclusivo del lastrico o la proprietà della terrazza (si è già detto della costante equiparazione, non esente da perplessità, di dottrina e giurisprudenza, su cui non è in questo caso sollevata questione) sia esente da specifiche colpe. Né il criterio di regolazione di cui all’art. 1218 vale a correggere, di norma, l’imputazione degli addebiti. È stato notato inoltre che il risarcimento prescinde da ogni considerazione sull’utilità che il danneggiante trae dal pregiudizio arrecato, criterio contrario a quello che regge il 1126 c.c., fondato sull'utilità del danneggiante. Si intende quindi ribadire che il fatto costitutivo dell’illecito risale alla condotta omissiva o commissiva dei condomini, che fonda una responsabilità aquiliana, la quale deve essere scrutinata secondo le rispettive colpe dei condomini e, in caso di responsabilità condominiale, secondo i criteri millesimali, senza utilizzare la normativa coniata ad altro fine”.
IN SOSTANZA la sentenza rivela la necessità di un cambio di orientamento interpretativo rispetto a quanto sentenziato dalle Sezioni Unite nel 1997 in materia di valutazione della natura della responsabilità per danni provenienti dal lastrico solare di uso o proprietà esclusiva e conseguenti oneri risarcitori, ovviamente per i casi in cui il danno non sia direttamente riconducibile al comportamento del proprietario o utilizzatore esclusivo. Sulla scorta delle motivazioni sopra riportate, che riteniamo giuridicamente fondate, siamo propensi a credere che le Sezioni Unite della Cassazione, investite della questione, avranno l’occasione per fare chiarezza su una materia ancor oggi molto controversa.
Dottor Massimo Botti - Studio Comite