Carlo è un uomo di trentanove anni che svolge l’attività di tecnico informatico a contratto. Recentemente un’affermata azienda, in una lettera di intenti, manifesta interesse per il suo profilo professionale prospettando la possibilità della sottoscrizione di un contratto per la progettazione, la formazione del personale e la messa in opera di una piattaforma informatica finalizzata alla gestione di un nuovo ambito commerciale già pianificato. La lettera d’intenti contiene indicazioni anche in relazione al compenso, ammontante a circa sessantamila euro, la cui determinazione definitiva, tuttavia, è rinviata alla successiva fase contrattuale. Dalla comunicazione in questione si evince inoltre che l’azienda ha interesse a definire i dettagli in tempi brevi per non rischiare di essere scalzata dalla concorrenza. Carlo è determinato a portare avanti le trattative ma, sfortunatamente, a pochi giorni dalla ricezione della lettera in parola, mentre era alla guida del proprio motoveicolo, rimane vittima di un sinistro stradale cagionato dalla imprudente condotta di un automobilista che a un incrocio non gli concede la precedenza urtandolo e facendolo rovinosamente cadere al suolo. Quali le conseguenze sul piano giuridico?
UNA BRUTTA FRATTURA… L’incidente gli procura una brutta frattura alla tibia e al perone che obbliga i sanitari a procedere all’intervento chirurgico per l’immobilizzazione della stessa che gli cagiona un ricovero di dieci giorni e un lunghissimo periodo di difficoltà a deambulare, se non con l’aiuto di stampelle, e una conseguente faticosa e impegnativa riabilitazione. Carlo, purtroppo, perde, oltre alla salute anche la possibilità di portare avanti la negoziazione e, quindi, la conclusione del ventilato contratto che con discreto margine di probabilità sarebbe stato portato a termine. Mi chiede, allora, se tra le partite di danno può pretendere anche il risarcimento di questa chance sfumata …
…E LA CONSEGUENTE PERDITA DI “CHANCE” Con il termine “chance” si intende il venir meno per il danneggiato della concreta, effettiva e attuale occasione favorevole di conseguire un determinato bene che non andrà commisurata tanto alla perdita del risultato bensì alla possibilità di conseguirlo. Nel caso di Carlo, per esempio, non si è trattato di perdere il contratto (il risultato), bensì la possibilità, effettiva e concreta di sottoscriverlo. In tale accezione la chance non rappresenta una semplice aspettativa ma una vera e propria probabilità statistica di conseguire un arricchimento. Se Carlo avesse perso il “contratto”, magari appena sottoscritto ma comunque già siglato, e risolto per impossibilità sopravvenuta (l’incidente), non si sarebbe potuto parlare di chance ma di mancato guadagno poiché vi era certezza che lo stesso, una volta adempiuto secondo le condizioni concordate, avrebbe portato al risultato cui il negozio era finalizzato. Carlo, invece, a causa della condotta posta in essere dal danneggiante ha perso la possibilità, reale e concreta in termini probabilistici, di siglare l’accordo per il quale erano in corso le trattative e che aveva indubbi riflessi patrimoniali in relazione al probabile guadagno che ne sarebbe derivato.
PERDERE LA CHANCE = PERDERE UNA POSSIBILITA’ DI GUADAGNO E’ quanto è stato confermato dalla giurisprudenza di legittimità la quale qualche giorno fa ha ribadito appunto che le espressioni linguistiche lucro cessante e perdita di chance hanno due significati differenti e, infatti, il primo si riferisce ad un mancato guadagno mentre con la seconda si intende perdita di probabilità. E’, peraltro, possibile che un danno da lucro cessante sia ravvisato sulla base della rilevante probabilità che, in assenza dell’evento lesivo che lo ha impedito, un guadagno si sarebbe invece verificato. Anche nel caso affrontato dalla Suprema Corte si dibatteva infatti della impossibilità di dare inizio ad un rapporto di lavoro. Al momento del sinistro non vi era, dunque, in essere un formale contratto di lavoro, ovvero una posizione lucrativa tutelabile, ma una semplice speranza di guadagno che a dire del giudice del merito non poteva essere presa in considerazione e di conseguenza risarcita. I giudici di legittimità ribaltano, quindi, la decisione assunta nel merito e sottolineano che correttamente il ricorrente aveva fatto riferimento nell’appello alla “chance” perduta per non avere il giudice ravvisato la rilevante probabilità che lo stesso sarebbe stato assunto e, pertanto, avrebbe percepito una retribuzione se non avesse subito le lesioni personali che glielo avevano impedito (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 febbraio 2014, n. 4078).
LA REGOLA DEL “PIU’ PROBABILE CHE NON” In ossequio alla regola tipica del processo civile che poggia su criteri differenti rispetto al processo penale in cui vige il principio “dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, la giurisprudenza afferma, ed ha affermato, che la “perdita di chance” si considera sussistente e, quindi, provata tutte le volte in cui, come nell’ipotesi di Carlo, vi sia una probabilità non trascurabile, ovvero consistente, di raggiungere il risultato. La regola è dunque quella del “più probabile che non”, adeguata al concetto di “chance” e quindi parametrata percentualmente alla chance persa: il risarcimento non sarà pertanto integrale ma commisurato a tale percentuale (Tribunale di Piacenza, Sentenza dell’11 gennaio 2011, n. 11; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 16 ottobre 2007, n. 21619). Per chiarire si può tornare all’esempio di Carlo: se si accerterà, con giudizio probabilistico e prognostico, che per quest’ultimo la possibilità di concludere il contratto e conseguire l’auspicato vantaggio economico, si aggirava intorno al 90% allora si darà seguito ad un risarcimento del danno, c.d. da perdita di chances, pari al 90% del guadagno ipotizzato. Il risarcimento non potrà essere del 100% in quanto il giudizio è probabilistico e non fondato sulla certezza. In relazione invece al bene salute, leso dalla condotta dell’automobilista imprudente, una volta accertata l’integrale responsabilità di quest’ultimo, il risarcimento dovrà essere integrale. Riassumendo possiamo dire che la sentenza del Tribunale di Piacenza sopra citata, correttamente, evidenzia che “Il risarcimento da lesione di chance, intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, presuppone allora l’onere di provare, sia pure presuntivamente o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza diretta e immediata” (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza del 26 gennaio 2009, n. 1850).
LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO da lesione di chance può anche essere equitativa, questo accadrà tutte le volte in cui il conseguimento del vantaggio anziché essere presuntivo e/o probabile è solo possibile. Nel primo caso il valore della chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la sua perdita, che, del resto, in presenza di una sola possibilità potrà anche essere escluso, all’esito di una valutazione in concreto della prossimità della chance rispetto alla consecuzione del risultato e della sua idoneità ad assicurarla” (Tribunale di Piacenza, Sentenza dell’11 gennaio 2011, n. 11; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 18 settembre 2008, n.2384, est. Frasca).