lunedì 31 marzo 2014

NUOVA SENTENZA: Se le casse acustiche del locale notturno mettono in pericolo la pubblica tranquillità il loro sequestro è legittimo




Se le casse acustiche del locale notturno mettono in pericolo la pubblica tranquillità il loro sequestro è legittimo

CASSAZIONE PENALE, SEZIONE I, SENTENZA DEL 30-01-2014 (UD. 05-12-2013), N. 4466

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere -
Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe - Consigliere -
Dott. ROCCHI Giacomo - rel. Consigliere -
Dott. BONI Monica - Consigliere -

ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto da:

G.F. N. IL (OMISSIS);
O.L. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 500249/2012 TRIB. LIBERTA' di TORINO, del 20/02/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

sentite le conclusioni del PG Dott. DI POPOLO Angelo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 20/2/2013, in parziale accoglimento dell'appello proposto dal P.M. avverso l'ordinanza del G.I.P. dello stesso Tribunale, che aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo, ordinava il sequestro preventivo degli impianti di diffusione sonora di quattro locali siti nell'area dei Murazzi del Po.
La richiesta di sequestro era stata avanzata in relazione all'ipotesi di reato di cui all'art. 659 cod. pen.; il G.I.P., nell'ordinanza di rigetto, aveva ritenuto mancanti elementi sufficienti per affermare, con riferimento a ciascun locale, che esso, in via autonoma e senza sommare le sue emissioni a quelle degli altri, avesse superato i limiti fissati dall'autorità amministrativa ed avesse effettivamente recato disturbo ai sensi dell'art. 659 cod. pen..
Il Tribunale riteneva provato un intollerabile e prolungato disturbo del riposo delle persone causato dalle emissioni sonore provenienti dall'area dei Murazzi, menzionando le testimonianze dei cittadini e le misurazioni eseguite dall'Arpa; riteneva, altresì, provato che il rumore fosse prodotto dai locali ivi insistenti.
Secondo il Tribunale, l'ordinanza del G.I.P. nella parte in cui richiedeva la prova del fatto che ciascun singolo locale fosse effettivamente causa del disturbo, non era convincente, poiché quella della cautela reale non è la sede in cui occorra accertare la responsabilità penale. Per il sequestro preventivo è sufficiente l'astratta configurabilità del fatto illecito ipotizzato in base ad elementi già acquisiti in atti. Appariva quindi sufficiente, per la sussistenza del fumus del reato, ritenere verosimile che all'origine del disturbo vi fossero tutti i locali dei Murazzi del Po che emettevano rumori rilevanti verso l'esterno.
Il Tribunale dava conto degli accertamenti esperiti sui singoli locali e riteneva che solo uno di essi non avesse prodotto il rumore insopportabile.

2. Ricorre per cassazione il difensore di O.L. e G.F., deducendo violazione di legge.
I ricorrenti richiamano la giurisprudenza di questa Corte sulla sostanziale abrogazione della rilevanza penale del superamento dei limiti sonori posti dalle norme amministrative; per di più, il superamento era stato rilevato solo per alcuni locali: di conseguenza la condotta non aveva rilevanza penale.
I locali avrebbero dovuto essere fatti rientrare nei mestieri rumorosi contemplati dall'art. 659 c.p., comma 2: il rumore prodotto, infatti, non è estraneo all'attività esercitata ma è insito nello svolgimento del mestiere: è pertanto irrilevante, ai fini penalistici, la circostanza che le persone fossero disturbate dall'esercizio del mestiere rumoroso.

I ricorrenti concludono per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato.

I ricorrenti non censurano l'impostazione dell'ordinanza nel punto in cui riforma quella del G.I.P. perché diretta a verificare la responsabilità penale dei singoli gestori dei locali: in effetti, il Tribunale applica correttamente la giurisprudenza costante di questa Corte in tema di sequestro preventivo, secondo cui, nella verifica dei presupposti per l'emanazione del provvedimento, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma, valutando il fumus, deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, non occorrendo tuttavia la sussistenza d'indizi di colpevolezza o la loro gravità, ma solo elementi concreti conferenti nel senso della sussistenza del reato ipotizzato (Sez. 5, n. 37695 del 15/07/2008 - dep. 03/10/2008, Cecchi Gori e altro, Rv. 241632).

Il ricorso contesta, piuttosto, la sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 659 cod. pen., sostenendo la tesi dell'irrilevanza penale del superamento dei limiti imposti dalla normativa vigente, sanzionato in via amministrativa dalla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2.

La tesi è infondata: il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore, stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, può integrare la fattispecie prevista dall'art. 659 c.p., comma 2, non essendo applicabile il principio di specialità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 9, in quanto la fattispecie penale contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma 1, estraneo all'illecito amministrativo previsto dalla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, che tutela genericamente la salubrità ambientale: tale elemento è rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 cod. pen., a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone (Sez. 1, n. 1561 del 05/12/2006 - dep. 19/01/2007, Rey ed altro, Rv. 235883; Sez. 1, n. 25103 del 16/04/2004 - dep. 03/06/2004, Amato, Rv. 228244).

Sull'idoneità della condotta a mettere in pericolo la pubblica tranquillità i ricorrenti nulla osservano: del resto, l'ordinanza del Tribunale del Riesame è ampiamente motivata e da conto di una situazione intollerabile, che coinvolge un enorme numero di cittadini e che prosegue da tempo, così da poter essere ritenuto "fatto notorio" nella città di Torino.

Per di più i ricorrenti tralasciano un altro aspetto sottolineato dal Tribunale: gli accertamenti della polizia giudiziaria e le testimonianze dei cittadini disturbati hanno ampiamente dimostrato che il disturbo alla tranquillità pubblica non deriva solo dal superamento dei limiti massimi di emissione sonora, ma anche dalla violazione di altre prescrizioni: in particolare non vengono rispettati gli orari, né gli obblighi diretti a contenere il rumore.

Tale violazione era stata puntualmente riscontrata anche con riferimento ai locali di proprietà dei due ricorrenti (Acua e Alcatraz): in essi si riscontravano -come risulta dall'ordinanza - porte del locale lasciate aperte con "cubiste" che ballavano all'esterno (evidentemente per far ballare anche i clienti), musica udibile anche alle 4.45 (accertamento perfettamente coerente con le lamentele dei cittadini sul prolungamento dei rumori fino alla prima mattina) e ancora presenza all'esterno di due casse acustiche con disc-jockey.

Ebbene: anche la linea interpretativa che sostiene la irrilevanza penale del mero superamento dei limiti di emissioni sonore conferma la rilevanza della condotta di disturbo conseguente alla violazione di prescrizioni attinenti al contenimento della rumorosità diverse da tale superamento (Sez. 1, n. 44167 del 27/10/2009 - dep. 18/11/2009, Fiumara, Rv. 245563); in effetti, l'art. 659 c.p., comma 2, punisce autonomamente la violazione delle prescrizioni attinenti il problema della rumorosità.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2014