mercoledì 9 settembre 2015

BUCHE SULLA STRADA: PER I DIRIGENTI COMUNALI, BUTTA MALISSIMO!


La notizia è decisamente curiosa e merita indubbiamente una piccola riflessione. Di questi tempi, infatti, ottenere una sentenza di accoglimento quando dall’altra parte della barricata vi è la Pubblica Amministrazione, credetemi non è affatto cosa semplice. Insomma, come già in qualche occasione ho avuto modo di sottolineare, sembra che a tutela delle casse sempre esangui (non si sa come non si sa perché, visto il sangue che buttano i cittadini) degli Enti locali sia stata posta in essere una vera e propria politica di protezione, condivisa (anche qui, non si sa come e non si sa perché) da gran parte della magistratura. Mi spiego meglio: sino a qualche anno fa (le statistiche parlano chiaro) ottenere la condanna di Comuni e Province per violazione dell’obbligo di custodia delle strade e in genere delle cose pubbliche era un affare non dico semplice ma per lo meno corrispondente all’applicazione di consolidati principi giuridici e giurisprudenziali. Oggi assistiamo invece basiti ad una serie di innovative e curiose sentenze che incredibilmente allargano (immagino come e perché) inopinatamente le chance di vittoria per la Pubblica Amministrazione. In ballo certo ci sono decine di migliaia di euro, quelli che un tempo erano riservati ai risarcimenti per i poveretti, vittime, talvolta gravi, dell’incuria dei nostri amministratori. Bene, veniamo al dunque: i giudici di legittimità nella giornata di ieri hanno, pensate un po’, stabilito la responsabilità penale del dirigente comunale che non si è diligentemente adoperato per segnalare il dissesto stradale…

IL SALVA CASSE DEL “CASO FORTUITO” La faccio breve perché non vorrei annoiarvi più di quanto è necessario a comprendere. Nei precedenti post sull’argomento ho evidenziato come il caso fortuito rappresenti sostanzialmente una causa di esclusione della responsabilità degli Enti locali per la custodia di strade e relative pertinenze. Ebbene ciò che è utile focalizzare, con schiettezza ed in estrema sintesi, è che negli ultimi anni si assiste, direi scandalosamente, ad una tendenza ad includere nel concetto di caso fortuito una serie incredibile di situazioni e casi che, di fatto, hanno enormemente limitato la possibilità di tutela delle vittime le quali si trovano ora nella condizione di dover dimostrare di aver usato la massima diligenza possibile nell’utilizzo della cosa pubblica. In pratica, così facendo, da una sorta di responsabilità oggettiva della Pubblica Amministrazione, ad eccezione della dimostrazione che l’evento si sia verificato per un fatto imprevedibile e inevitabile (caso fortuito classicamente inteso), si sta passando ad una tipica responsabilità da fatto illecito. In tal modo il cittadino - vittima deve provare non solo che il danno patrimoniale e non patrimoniale patito è conseguenza di quell’evento ma anche che il fatto non dipende da sua negligenza poiché la sua negligenza rientra, come visto, nel concetto di caso fortuito ovvero il salva casse dell’Ente.

I GIUDICI CONDANNANO PENALMENTE IL DIRIGENTE Ebbene, qualche giorno fa i giudici della Suprema Corte hanno stabilito la responsabilità penale del dirigente che ha omesso di segnalare il dissesto del manto stradale. In pratica la vittima non si è limitata a richiedere il risarcimento danni da un punto di vista civilistico ma ha rincarato la dose denunciando penalmente, e personalmente, il dirigente comunale investito del compito di salvaguardare le strade pubbliche. A nulla è valsa la difesa del funzionario il quale nel corso del processo a suo carico ha sottolineato che la situazione disastrosa delle casse comunali (… appunto!!!!!!) non gli aveva consentito di porre in essere la necessaria manutenzione. Per i giudici questo non conta nulla! Pur prendendo atto della circostanza riguardante l’impossibilità materiale di provvedere alla riparazione di un tombino di raccolta delle acque piovane posizionato su un marciapiede, evidenziano che quanto meno il dirigente si sarebbe dovuto adoperare affinché venisse segnalato agli utenti della strada la presenza di un dissesto. In altre parole, la mancata apposizione di una segnaletica chiara e visibile che evidenziasse la situazione di pericolo costituisce un illecito rilevante penalmente a prescindere dal comportamento dell’utente della strada, vittima del reato. La condotta di quest’ultimo è dunque ininfluente con riguardo agli elementi giuridici che costituiscono appunto il reato (Cassazione penale, Sezione IV, Sentenza dell’8 settembre 2015, n. 36242).

UNA BELLA DECISIONE CHE AIUTA, MA OCCORRE FARE ATTENZIONE! Inutile sottolineare che tale decisione potrebbe costituire un utile grimaldello per riuscire ad ottenere, sul piano risarcitorio e civilistico, qualche buon risultato. Occorre, a mio avviso, tuttavia, fare attenzione ad utilizzare in modo sconsiderato e leggero lo strumento della denuncia penale. Anche qui, occorrerà valutare tecnicamente e caso per caso se sussistano tutti gli elementi giuridici per sostenere l’accusa. Compito, questo, che compete esclusivamente agli avvocati! In via diversa si rischia di compromettere ancor di più la posizione della vittima.

L’AUSPICIO È CHE L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE CAMBI La vera soluzione al problema, a mio modesto avviso, non è tanto quella di coinvolgere personalmente i dirigenti della Pubblica Amministrazione, anche se questo è indubbiamente corretto e qualche bastonata, in senso giuridico, non guasta affatto, ma quella di abbandonare i recenti criteri emersi nelle aule dei Tribunali civili, in modo da far sì che la tutela del cittadino contro le manchevolezze dei nostri amministratori sia concreta e non teorica. Insomma, fino a quando dovremo assistere a questa politica di protezione erariale e statale non propriamente indirizzata a coloro che avrebbero il sacrosanto diritto ad un riconoscimento di responsabilità e conseguente risarcimento? Non so, ma sull’argomento mi farebbe piacere leggere l’opinione e l’esperienza di altri colleghi. Che dire in ultimo? Che i tempi migliorino e nelle aule prevalga la tutela dei diritti e non altri, sottesi e superiori interessi.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite