mercoledì 18 maggio 2016

EQUITALIA: SE SBAGLIA RISARCISCE IL DANNO


Ricevere una cartella esattoriale da parte di Equitalia è sicuramente uno degli incubi di noi italiani. Ciò perché può essere l’inizio di una vicenda molto lunga, costosa e moralmente impegnativa che potrebbe anche finire con il pignoramento dei nostri sudatissimi beni. Tuttavia non bisogna mai scoraggiarsi: la cartella, infatti, può essere annullata per errore e quindi, sulla base di una recente sentenza del Giudice di Pace di Taranto, oggi è possibile chiedere e ottenere la condanna dell’ente impositore a risarcire il danno subito. Tale opportunità non è di poco conto e dunque mi pare giusto che alla questione vada data la giusta luce e la notorietà che merita. Cerchiamo, allora, di capire insieme come fare…


LA CARTELLA ESATTORIALE è l’atto con cui la Pubblica Amministrazione agisce per ottenere il recupero dei crediti vantati dalla stessa. Può riguardare imposte di natura differente: una sanzione amministrativa, le spese processuali, i tributi comunali e così via. La cartella, in particolare, viene notificata dall’ente incaricato per la riscossione delle imposte ossia Equitalia, società per azioni con partecipazione pubblica che opera per conto della Pubblica Amministrazione. Tale atto, dal quale derivano i problemi per noi cittadini, diventa un vero e proprio titolo esecutivo trascorsi 60 o 30 giorni dalla notifica. Ciò significa che se, in quel termine, la somma indicata nella cartella non viene pagata spontaneamente oppure non viene presentato ricorso avverso la stessa, l’ente impositore ha il potere di agire coattivamente per recuperare il suo credito. Essa, poi, si compone di più pagine: nella prima sono indicati i dati del destinatario, la natura e l’entità dell’ingiunzione; nelle pagine successive troveremo la specificazione del credito (titolare dello stesso, l’atto di cui si chiede il pagamento e l’importo da pagare).

LE CLASSICHE IPOTESI DI NULLITÀ La cartella di pagamento può essere viziata sia nella sostanza che nella forma. Nella prima ipotesi rientrano tutti quei casi in cui si ritiene che non sussista il credito vantato dalla Pubblica Amministrazione. Ad esempio, l’ipotesi in cui la cartella abbia come oggetto il mancato pagamento di una sanzione amministrativa emessa per violazione del codice della strada con autovettura che non è più di nostra proprietà. I vizi formali, invece, si ricollegano alla natura di atto tributario della cartella esattoriale idonea a incidere sulle posizioni giuridiche soggettive del privato. Proprio da questa caratteristica emerge la necessità che le cartelle di pagamento rispettino tutta una serie di vincoli legati alla loro forma. In particolare tale atto potrebbe essere nullo per difetti nella notifica, ossia quando manchi la relata di notifica o la stessa non sia apposta in calce alla cartella o ancora, non sia indicata la data in cui l’atto è stato notificato. Ma la cartella può essere addirittura inesistente se è stata notificata tramite soggetti diversi da quelli legittimati dalla legge (ufficiali della riscossione, agenti di polizia, messi comunali e così via). La cartella esattoriale è nulla se non è preceduta dall’avviso bonario e ciò perché, attraverso tale atto interno (non impugnabile), il privato può usufruire di alcune agevolazioni tra cui la riduzione dell’importo o la sua rateizzazione. Ancora, altra ipotesi di nullità si ha se la cartella è stata sottoscritta da falsi dirigenti: è fattispecie che discende dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015 con la quale si sono rimossi molti dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, promossi senza concorso. Infine ultima classica ipotesi di nullità dell’atto di Equitalia riguarda il mancato computo analitico degli interessi maturati, essendo tale calcolo necessario per l’esercizio del diritto di difesa del destinatario della cartella.

COME CONTESTARE UNA CARTELLA ESATTORIALE Abbiamo tre diversi strumenti per contestare la validità di una cartella di pagamento. In primo luogo si può proporre ricorso al Giudice di Pace territorialmente competente ai sensi dell’art 22 della Legge n. 689/1981, laddove la cartella abbia a oggetto una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada. Può invece spiegarsi azione di opposizione all’esecuzione (art 615 del codice di procedura civile) o agli atti esecutivi (art 617 del codice di procedura civile): nel primo caso si contesta l’esistenza stessa del diritto di credito e la causa si radicherà dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale competente per valore; nel secondo caso, invece, si oppone l’esistenza di un vizio inerente la regolarità formale di uno o più atti del procedimento esecutivo e la competenza è del Giudice dell’esecuzione. Trattasi di tre strumenti alternativi tra di loro, accomunati dalla necessità di convenire in giudizio tanto Equitalia quanto l’ente pubblico che vanta la pretesa creditoria oggetto della cartella.

SI HA DIRITTO AL RISARCIMENTO DANNI? Ebbene sì. Una recente sentenza del Giudice di Pace di Taranto ha condannato la Prefettura di quella stessa città a risarcire i danni subiti da un cittadino a seguito dell’instaurazione di un giudizio di opposizione alla cartella esattoriale a lui notificata. In particolare il privato lamentava di aver ricevuto tale atto che lo intimava a pagare una somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa, comminata per la violazione del codice della strada. Il singolo, però, si difendeva eccependo di non essere più il proprietario dell’autovettura sanzionata. Il Giudice di Pace, dopo aver accertato la veridicità di quell’affermazione, ha ritenuto di dover condannare l’ente impositore a risarcire i danni subiti dal cittadino, così come le spese legali dallo stesso sostenute per esercitare il proprio diritto di difesa costituzionalmente tutelato (Giudice di Pace di Taranto sentenza del 30 marzo 2016 n. 1089).

MA IL GIUDICE NON È STATO CHIARISSIMO… Seppur condivisibile tale pronuncia, occorre evidenziare un profilo di criticità: il giudice non ha fornito le ragioni di fatto e di diritto sulla cui base ha ritenuto di condannare la Prefettura a versare un importo al cittadino, così contravvenendo all’art 111 della Costituzione che impone che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbano essere motivati.



Avvocato Licia Vulnera – Redazione Giuridicamente parlando