venerdì 25 marzo 2016

STEPCHILD ADOPTION: PER LA LEGGE È NO MA I GIUDICI TUTELANO I MINORI!


La Stepchild adoption è indubbiamente uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi tempi. Crociata persa in sede legislativa, combattuta in occasione della discussione sul Disegno di Legge riguardante le unioni civili, pare tuttavia destinata ancora ad accendere gli animi specie dopo la recente sentenza emessa dai giudici capitolini ed ormai definitiva. Eh sì, perché se è vero che la questione relativa alla possibilità di adozione tra coppie gay del figliastro è stata elegantemente stralciata, con il solito artistico colpo di pennello (leggasi maxi emendamento), con il pretesto di tornare sull’argomento attraverso un apposito progetto di legge, i giudici minorili hanno invece ritenuto di ammettere tale possibilità in quanto rispettosa dell’interesse del bambino. Il caso, com’era ovvio che fosse, oltre a scatenare la solita querelle imperniata su questioni morali, etiche e religiose (non dimentichiamoci che tutto ciò avviene in Italia …), ha destato un certo clamore mediatico perché, pur non essendo l’unico sottoposto al vaglio dei giudici romani, è il primo che ha portato ad una decisione che la procura minorile non ha ritenuto di impugnare, ovvero di portare davanti alla corte d’appello. L’adozione del papà gay è, pertanto, in concreto, diventata granitica! Ma cerchiamo di capire meglio … 


COSA SI INTENDE PER STEPCHILD ADOPTION Con tale espressione si fa riferimento alla possibilità di essere riconosciuto come genitore del figlio, non importa se biologico o adottivo a sua volta, del proprio compagno o della propria compagna. Per farla breve, sta a significare che qualora uno dei componenti della coppia gay abbia avuto un figlio attraverso un’unione per così dire biologica, come ad esempio attraverso la maternità surrogata, ovvero quel metodo comunemente chiamato utero in affitto, legislativamente ammesso in molti Paesi ma non in Italia, e sia stato riconosciuto come appunto genitore del medesimo bimbo, allora il compagno o la compagna del medesimo potranno chiedere di adottare il piccolo. Analogo ragionamento vale per quell’uomo o donna che abbiano ottenuto l’adozione da single (… non ammessa nel nostro Paese) di un bimbo e questo voglia essere adottato anche dal compagno del papà o della mamma. Cerchiamo di comprendere anche che la questione assume clamore mediatico perché associata alle coppie gay ma il discorso vale anche per le coppie eterosessuali non unite in matrimonio; fatto questo che viene sottovalutato ma che riveste una certa importanza. Com’è, infatti, noto la legge italiana sulle adozioni ammette il ricorso a tale possibilità solo per le coppie sposate, con alcune rarissime eccezioni ipotizzate in astratto, ma molto poco in concreto, dalla norma che regola le adozioni in casi particolari.

LA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI È UN RISULTATO COMUNQUE IMPORTANTE… Non voglio cadere nella trappola moralistica del giudizio, che è e resta personalissimo, tenendo a sottolineare semplicemente che, come giurista, non posso che tifare per la tutela dei diritti di libertà, da qualunque parte provengano e da chiunque siano reclamati. Ciò detto e premesso, mi preme evidenziare una circostanza passata un po’ in sordina e riguardante il progetto di legge (tecnicamente si parla di Disegno di Legge) sulle unioni civili che ha ormai superato, dopo il maxi emendamento che ha visto stralciare tutte le norme sulle adozioni, rimandate ad altro progetto più specifico, il vaglio del Senato ed ora sottoposto all’esame della Commissione Giustizia presso la Camera dei Deputati (Atto Camera n. 3634). In concreto e nello specifico, il vero punto su cui prestare attenzione è che, una volta ammessa la possibilità delle unioni civili, ovvero quelle unioni sugellate non formalmente davanti all’Ufficiale di Stato civile (matrimonio civile) o davanti al Ministro di Culto (matrimonio religioso) ma attraverso la semplice possibilità di essere riconosciuti come “famiglia di fatto” con l’inserimento in appositi registri anagrafici, la stepchild adoption diventerà un falso problema.

AMMESSA L’UNIONE CIVILE SI AMMETTERÀ ANCHE LA STEPCHILD ADOPTION In concreto, infatti, ciò che mi pare opportuno evidenziare è che l’art. 3 del Disegno di Legge in parola espressamente prevede che ai contraenti l’unione civile si applichino tutte le norme dell’ordinamento italiano che contengono la parola coniuge, con la sola eccezione di quelle in materia d’adozione. Qualora il Parlamento approvasse definitivamente tale equiparazione ebbene un’eventuale bocciatura formale, assunta oggi o anche domani in altro contesto legislativo, della proposta di ammettere la stepchild adoption verrebbe entro poco tempo portata all’attenzione dei giudici europei che non tarderebbero a evidenziare una pacifica lesione di diritti in virtù della differenza di trattamento, già più volte sottoposta al vaglio dei giudici della Corte di Strasburgo. Con riguardo in particolare alle coppie gay, il giudice europeo ha infatti sottolineato che una volta che uno Stato, nell’esercizio della propria sovranità, pone le convivenze omosessuali sullo stesso piano di quelle che discendono dal matrimonio, non sarebbe più ammissibile una differenza di trattamento per l’adozione del figlio del convivente poiché si violerebbe il combinato disposto del diritto alla vita privata e familiare e il diritto alla non discriminazione protetti pacificamente dalla Convenzione sui Diritti dell’Uomo. Capito ora perché si tratta di un clamore deviante?

COSA DICE LA SENTENZA DEI GIUDICI ROMANI La decisione in parola, emessa dal Tribunale per i Minorenni di Roma, a firma della dottoressa Melita Cavallo, ex Presidente dello stesso Tribunale, appare decisamente apprezzabile poiché, al di là del dibattito legislativo e sociale che la questione indubbiamente scatena, ha avuto a cuore la valutazione dell’esclusivo interesse del minore. In sintesi ha autorizzato l’adozione da parte del compagno gay del genitore biologico di un bimbo di poco più di tre anni dopo aver vagliato il suo inserimento nel contesto scolastico e familiare intendendo con ciò il nucleo allargato composto da zii, nonni e altri parenti. Insomma, una volta vagliata la circostanza che il bimbo fosse sereno e capace di relazionarsi con compagni, maestre, parenti e genitori (tra questi anche la madre biologica) i giudici hanno ritenuto che l’adozione non fosse pregiudizievole per l’interesse del piccolino, ricorrendo appunto allo strumento giuridico dell’adozione in casi particolari.

CONCLUDENDO… Mi pare che i giudici capitolini, non nuovi, peraltro, a questo tipo di approccio abbiano bene inteso che al di là del disposto normativo e delle querelle etiche ciò che veramente assume rilievo è l’interesse del minore che va tutelato al di sopra di ogni dibattito e pregiudizio.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite