A quanto pare, oltre che
fannulloni, assenteisti ed infedeli, i lavoratori possono essere anche
dormiglioni. Se, però, per gli esperti americani della medicina del sonno, la
breve pennichella pomeridiana fa bene ed andrebbe incentivata anche a lavoro
perché elimina le tossine dal cervello e fa recuperare attenzione e
concentrazione, senz’altro non la pensa così un datore di lavoro. E ciò non
solo per ovvie esigenze produttive, ma anche per la tipologia di alcune
attività lavorative, che richiedono attenzione e vigilanza continue. Ma, senza
voler arrivare ai casi estremi di morte per superlavoro come in Cina o in
Giappone, a quali sanzioni può incorrere il lavoratore scoperto a dormire
durante il proprio lavoro?
DA UN PUNTO DI VISTA
GENERALE
secondo la Corte di Cassazione l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di
licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha, al contrario che per la sanzione disciplinare con effetto conservativo, valenza meramente esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma
valutazione del giudice del lavoro in ordine alla idoneità a far venire meno il
rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore di un grave inadempimento o di un grave
comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile.
In tema di licenziamento, infatti, la nozione di giusta causa è nozione legale
ed il giudice non è vincolato alle previsioni integranti giusta causa contenute
nel contratto collettivo. Tuttavia ciò non esclude che ben possa il giudice
fare riferimento ai contratti collettivi e alle valutazioni che le parti
sociali compiono in ordine alla valutazione della gravità di determinati
comportamenti rispondenti, in linea di principio, a canoni di normalità.
L’unico limite è costituito dal fatto che il datore di lavoro non può irrogare
un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più
grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una
determinata infrazione (Corte di
Cassazione, sez. lav., sentenza del 08/06/2017, n. 14321).
LA GIUSTA CAUSA DI
LICENZIAMENTO
quindi, perché possa legittimamente portare alla risoluzione del rapporto
lavorativo nei termini sopra precisati, deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi
essenziali del rapporto di lavoro e, specificamente, dell’elemento fiduciario. Si dovrà, pertanto, valutare, da un lato, la
gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei
medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, e, dall’altro, la
proporzionalità tra tali atti e la sanzione inflitta, per stabilire se la
lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del
prestatore di lavoro, sia tale in concreto da giustificare la massima sanzione
disciplinare, quale evento che non consente la prosecuzione, anche provvisoria,
del rapporto (Corte di Cassazione, sez.
lav., sentenza del 07/06/2017, n. 14192).
IN QUESTA VICENDA esaminata dalla
sentenza, i giudici di legittimità hanno ravvisato tutti gli elementi in capo
al lavoratore, dipendente di Autostrade per l’Italia S.p.A., che in qualità di
ausiliario della viabilità tenuto a sorvegliare e pattugliare una tratta
autostradale per ragioni di sicurezza degli utenti, era stato trovato, nel
corso di un controllo, a dormire in auto mentre era adibito al pattugliamento
notturno. Una siffatta condotta, infatti, secondo la Cassazione, era contraria
non solo ai doveri contrattualmente incombenti sul lavoratore in ragione della
sua specifica mansione, ma anche ai generali principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro,
oltre che plurioffensiva, in quanto
complessivamente contraria ai doveri propri di un servizio di essenziale
rilevanza e denotante una grande leggerezza da parte del lavoratore nella
relativa esecuzione. La conseguente sanzione espulsiva comminata al lavoratore
dormiglione, pertanto, non solo è legittima ma risulta anche proporzionata
rispetto alla condotta tenuta dallo stesso (Corte di Cassazione, sez. lav., sentenza del 07/06/2017, n. 14192).
IN CONCLUSIONE chi si addormenta sul
lavoro può essere legittimamente licenziato, in quanto, oltre a violare
evidentemente principi generali sottostanti ad ogni rapporto di lavoro e doveri
specifici su di esso incombenti in ragione delle sue mansioni e dei suoi doveri
contrattuali, tiene in tal modo una condotta che può assumere una ancor
maggiore gravità laddove esso svolga – come nel caso di specie esaminato -
compiti di particolare delicatezza che non tollerano siffatte interruzioni e allorquando
l’addormentamento non sia dovuto a causa
improvvisa e imprevista, ma sia dolosamente
e slealmente organizzato. Tale elemento intenzionale, infatti, lede
insanabilmente l’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del
prestatore di lavoro giustificando la massima sanzione disciplinare.
Avvocato
Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando