venerdì 16 giugno 2017

DIVORZIO: MAXI ASSEGNO ADDIO!


Ci siamo abituati: ogni volta che famiglia e diritto si intrecciano il risultato che si ottiene è sempre una rivoluzione, piccola o grande che sia. Anche la recentissima pronuncia della Suprema Corte che andremo a commentare, in tal senso, introduce una riforma dal sapore culturale ancora prima che giuridico. Stavolta a cambiare volto è l’assegno di mantenimento che dice addio al vecchio ma soprattutto caro tenore di vita, vera e propria pietra miliare del nostro sistema giuridico. Che cosa accadrà, dunque, al coniuge debole che divorzia?
 
L’ASSEGNO DIVORZILE CAMBIA CRITERI Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione trasforma l’assegno divorzile modificandone sostanzialmente i presupposti. Tale forma di sostentamento, difatti, verrà corrisposta soltanto all’ex coniuge che, valutata ogni forma e specie di reddito a disposizione, si dimostri economicamente non-autosufficiente. Parole della Corte: in questa valutazione saranno rilevanti e determinanti i cespiti mobiliari e cespiti immobiliari posseduti dal richiedente, ma anche le "personali capacità e possibilità effettive di lavoro" e la “stabile disponibilitàdi un’abitazione (Cassazione civile, Sentenza del 10 maggio 2017, n. 11504). Lo strappo dal passato, allora, è piuttosto evidente e viene naturale chiedersi: siamo difronte ad un cambiamento giusto e inevitabile o davanti ad un’acerba e forse indebita restrizione?

FACCIAMO ORA UN PICCOLO PASSO INDIETRO Prima della citata sentenza, la ratio qualificante l’assegno divorzile era identificabile con l’esigenza di garantire al coniuge economicamente più debole lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Tenore di vita, dunque, come espressione delle risorse economiche dei coniugi, tenendo conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per un rilevante cambiamento di stile di vita. In altre parole? La fine del matrimonio ha permesso a molte persone di staccare un sontuoso assegno per tutta la vita. Un comodo e prezioso parcheggio da cui, chiunque, avrebbe difficoltà a spostarsi. D’altra parte, invece, c’è da dire che questo modo di interpretare l’assegno di mantenimento ha garantito, protetto e nel tempo conservato una consuetudine, per la verità diffusa soltanto in tempi meno recenti, attraverso cui i coniugi, a modo loro, decidono di ripartire le rispettive risorse tra impegni lavorativi e familiari anche a svantaggio delle proprie ambizioni ed opportunità professionali. Eppure, è proprio questa visione anacronista del matrimonio che ha ispirato un nuovo sforzo interpretativo della Suprema Corte ...

IL TENORE DI VITA NON VALE PIÙ La Cassazione, infatti, con la citata sentenza ha ritenuto che il tenore di vita goduto durante il matrimonio non sia più un orientamento attuale; per comprendere bene il senso di questa scelta è indispensabile contestualizzare la pronuncia all’interno della situazione economica e sociale in cui viviamo e delle condizioni dei due generi, uomo e donna nel nostro paese. I tempi ormai sono cambiati e le espressioni letterali che utilizzano gli Ermellini in tal senso sono particolarmente emblematiche: “occorre superare la concezione patrimonialistica del matrimonio intesa come sistemazione definitiva” perché è “ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di affettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile”. E ancora, “Si deve ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”. Allora, conclude la Corte, “se è accertato che (il richiedente) è economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto tale diritto”.

DOPO IL DIVORZIO SI TORNA SINGLE Attenzione, però. La Suprema Corte ha motivato la propria decisione affermando che il matrimonio, una volta terminato per divorzio, non può continuare a perpetuare i propri effetti economici nella vita dei due ex coniugi, che tornano a dover essere considerati, da coppia che erano, come persone singole. Ciò detto, tuttavia, non può valere per i figli, i quali, sino a quando non raggiungano l’autosufficienza economica hanno tutto il diritto di essere mantenuti secondo le effettive possibilità reddituali e patrimoniali dei genitori. Questo, inevitabilmente, comporterà un difficile punto di equilibrio tra il vecchio mantenimento riservato ai figli e il nuovo sostentamento disposto nei confronti dell’ex coniuge posto che, le due situazioni, convergeranno in un’unica gestione qualora il coniuge destinatario dell’assegno sia anche quello che continuerà a vivere con i figli.


Dottor Matteo Bova – Studio Comite