mercoledì 18 dicembre 2013

RITARDATARI ALLA GOGNA CONDOMINIALE? L’AMMINISTRATORE RISCHIA IL PENALE



Un nostro lettore ci ha segnalato un caso interessante avvenuto nel condominio in cui abita. L’amministratore, esasperato dai continui solleciti dei fornitori per le fatture non pagate e dalle pressanti esortazioni dei condomini a “fare qualcosa” per costringere i morosi ad essere puntuali nei pagamenti delle rate, ha pensato bene di affiggere nella bacheca dell’androne dello stabile l’elenco dei “ritardatari” unitamente all’importo di cui ognuno risulta debitore nei confronti del condominio. Il lettore, che pur non compare nella “lista nera”, ci chiede se tale comportamento dell’amministratore sia lecito. Nel rispondere osserviamo, innanzitutto, che l’amministrazione, in ragione del suo mandato e della sua attività entra in contatto con una molteplicità di dati personali che possono spaziare dalle generalità di condomini e fornitori fino a dati di natura contabile. Il trattamento dei dati personali (come sono quelli che traggono origine dal rapporto di debito/credito), è questione assai delicata che non può prescindere dal rispetto della normativa contenuta nel T.U. 196/2003...


CONTABILITA’ CONDOMINIALE E PRIVACY, UN RAPPORTO DELICATO La questione, quindi, riguarda il delicato rapporto tra gli adempimenti e le attività che incombono sull’amministratore per una corretta gestione del condominio, ed il trattamento dei numerosi dati sensibili dei proprietari, specie di natura contabile, che lo stesso amministratore è chiamato a rendere pubblici in sede di rendiconto. Per capire meglio la questione basti pensare che il Legislatore proprio con la Legge di riforma del condominio dell’11dicembre 2012 n. 220 ha inciso profondamente sull’aspetto contabile del condominio imponendo, da un lato, precisi vincoli all’amministratore e fornendo, dall’altro lato, ai proprietari dei mezzi per verificare il contenuto del rendiconto e la gestione del condominio.

E DOPO LA RIFORMA? In forza ed in virtù della serie di obblighi contabili molto stretti introdotti dalla Riforma, si pensi al diritto, ora introdotto, a favore di ogni singolo proprietario di verificare la posizione dell'intero condominio, così come della posizione degli altri singoli proprietari, parrebbe che il Legislatore non si sia posto il problema di regolare il diritto alla riservatezza dei singoli proprietari, anzi in alcune norme sembra procedere in direzione opposta, soprattutto quando incidendo sull'art. 1130 comma 1 n. 7 istituisce il registro dell’anagrafe condominiale stabilendo che "il registro dell’anagrafe condominiale contiene le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.

TRASPARENZA BATTE PRIVACY E’ opportuno sottolineare che il problema della privacy nel condominio non si limita all’identificazione dei singoli proprietari, ma riguarda anche la diffusione del contenuto degli avvisi di convocazione o del contenuto dei verbali di assemblea o dei rendiconti con i dati dei proprietari morosi. La sensazione che il diritto alla riservatezza dei singoli proprietari nell’ambito condominiale possa essere stato subordinato all’esigenza di una corretta gestione condominiale in realtà altro non è che l’esigenza perseguita da parte del Legislatore di assicurare una gestione trasparente ed efficiente. Pur nel rispetto di tale esigenza deve, tuttavia, rimanere (e rimane), anche in ambito condominiale, la tutela della privacy dei singoli proprietari. Infatti i dati relativi al condominio possono trovare una “diffusione” solo nella cerchia degli interessati e non possono essere divulgati a terzi se non con un’eccezione che in seguito si dirà. Ciò significa che non possono essere diffuse notizie fuori da questa cerchia o con modalità che permettano a un’indistinta schiera di persone di apprenderne il contenuto.

MA I MOROSI IN BACHECA PROPRIO NO! Già la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 186 del 4 gennaio 2011, aveva stabilito che l’affissione nella bacheca condominiale da parte dell’amministrazione dell’elenco dei condomini morosi costituisce una chiara ed evidente violazione della privacy, precisamente degli art. 11 e 12 del d.lgs. 196/2003. La pronuncia annullava, infatti, una decisione del Tribunale di Napoli del 26 novembre 2008 che, errando nell’applicazione della legge sulla privacy, affermava che l’amministratore era tenuto a mostrare all’interno del condominio la lista dei debitori nella piena osservanza dei principi di informazione e di trasparenza. Secondo il Giudice di merito, difatti, che ha compensato anche le spese tra le parti, l’esposizione nella bacheca condominiale dell’elenco dei condomini inadempienti, con le relative quote condominiali, sia correnti, che arretrate, riferite per nome e cognome a ciascun proprietario di piano o porzione di piano, non violava la normativa sulla privacy, in quanto non solo il dato esposto, di natura contabile, non poteva classificarsi tra i dati sensibili, ma anche perché l’esposizione era avvenuta all’interno dell’androne condominiale, considerato un luogo ad accesso ristretto, con entrata di terzi meramente eventuale.

LA CASSAZIONE AFFERMA A dirimere ogni controversia in materia è intervenuta successivamente una recente (e pregevole) pronuncia della Suprema Corte (Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1593) che ha ben motivato i limiti che l’amministratore deve osservare nella diffusione dei dati personali dei condomini. La Cassazione afferma, infatti, che “…imprescindibile rilievo assume a tale stregua il bilanciamento tra contrapposti diritti e libertà fondamentali, dovendo al riguardo tenersi conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali, tutelato agli artt. 21 e 2 Cost., nonché all'art. 8 Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando a “chiunque” (art. 1 d.lgs. n. 196 del 2003) e ad "ogni persona" (art. 8 Carta), nei diversi contesti ed ambienti di vita, “concorre a delineare l'assetto di una società rispettosa dell'altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza” (Cassazione 4/1/2011, n. 186). Ne consegue, da un canto, che le esigenze di funzionalità e di efficienza del condominio non possono considerarsi prevalenti sai diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati dello stesso dei condomini (Cassazione, 4/1/2011, n. 186). E per altro verso, che fondamentale rilievo assume al riguardo il rispetto dei c.d. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza (art. 11 d.lgs. n. 196 del 2003). A tale stregua le informazioni riportate nei prospetti contabili o come nella specie nei verbali assembleari debbono essere comunicati solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (a prescindere ovviamente dal relativo numero). Non anche, a chi non vi abbia viceversa interesse (arg. ex art. 25 d.lgs. n. 196 del 2003). Deve pertanto evitarsi una relativa diffusione generalizzata, rivolta a soggetti indeterminati. Incombe al riguardo all’amministratore del condominio adottare le opportune cautele per evitare l’accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio (Cassazione, 4/1/2011, n. 186). 

E’ DIFFAMAZIONE Questa è quindi la posizione del Giudice chiamato a vagliare la conformità alla legge delle decisioni di altri giudici. Ciò premesso va sottolineato che la violazione del diritto alla riservatezza da parte dell’amministratore rischia di soggiacere anche ad una sanzione penale. Un significativo precedente lo si rinviene già in una pronuncia del 2008 (Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza del 31 marzo 2008, n. 13540) la quale ha ritenuto che integra il delitto di diffamazione il comunicato, redatto all’esito di assemblea condominiale, con cui un condomino veniva indicato come moroso nel pagamento delle spese, qualora esso venga affisso in un luogo accessibile, non già ai soli condomini dell’edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza dei fatti, ma ad un numero indeterminato di altri soggetti. Tale orientamento è stato pedissequamente confermato da una recente sentenza della stessa Suprema Corte penale per la quale esporre la lista dei condomini morosi integra sicuramente il reato di diffamazione. Questa ulteriore pronuncia (Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza depositata il 29 gennaio 2013, n. 4364) ha respinto il ricorso dell’amministratore che contestava la condanna subita dal Tribunale di Messina il 21 gennaio 2011 per il reato di diffamazione (articolo 595 del Codice penale). 

LE MOTIVAZIONI DELL’AMMNISTRATORE NON GIUSTIFICANO LA SCELTA L’amministratore aveva affisso nell’atrio, proprio in prossimità dell’ascensore, la lista dei condomini morosi. La sua giustificazione consisteva nel fatto che l’urgenza estrema di raccogliere i soldi per saldare la bolletta dell’acqua aveva imposto la scelta. La Cassazione, però, confermando la decisione del Tribunale (con condanna alle spese), ha chiarito che “integra il delitto di diffamazione il comunicato redatto all’esito di un’assemblea condominiale, con il quale alcuni condomini siano indicati come morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengano conseguentemente esclusi dalla fruizione di alcuni servizi, qualora esso sia affisso in un luogo accessibile, non già ai soli condomini dell’edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza di tali fatti, ma ad un numero indeterminato di altri soggetti”. In particolare, scrivono i giudici, “se davvero la prospettiva dell’amministratore fosse stata quella dell’informazione celere rispetto all’imminente interruzione del servizio attraverso modalità comunicative potenzialmente percepibili da terzi estranei al condominio, egli avrebbe dovuto calibrare il contenuto dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini morosi”. La pronuncia conferma la scelta giurisprudenziale espressa anche dalla sentenza 716/2008 e sposa la tesi espressa in modo analogo dal Garante della Privacy con il parere del 18 maggio 2006.

L’UNICA ECCEZIONE PREMIA I CONDOMINI VIRTUOSI Come sopra si è accennato, una presunta eccezione al divieto per l’amministratore di diffondere i dati personali dei condomini ai terzi sembra quella introdotta dall’art. 18 della Riforma del Condominio che, sostituendo integralmente l’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, dispone espressamente che “l’amministratore (omissis) è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”. La ragione di tale previsione normativa la si comprende meglio leggendo il successivo comma del nuovo art. 63 il quale, introducendo una seria limitazione al principio della solidarietà passiva dei condomini con riguardo alle obbligazioni verso i terzi, dispone che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con in pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini” ovvero i morosi. In realtà più che un’eccezione alle regole che disciplinano la privacy la norma in questione sembra introdurre una sorta di criterio di parziarietà nelle obbligazioni condominiali privilegiando la tutela della proprietà dei condomini virtuosi che, prima, vigendo la regola della solidarietà passiva tout court, potevano subire un’indiscriminata aggressione al loro patrimonio conseguente alle azioni esecutive poste in essere dai fornitori insoddisfatti benché fossero perfettamente in regola con i pagamenti. 

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