lunedì 16 settembre 2013

ILLECITI BANCARI #2: USURA, COMMISSIONI DI MASSIMO SCOPERTO, INTERESSI ULTRA LEGALI...ZERO IN CONDOTTA!


Come anticipato nel precedente post in tema di anatocismo, continuiamo il nostro percorso tra quelle condotte bancarie che risultano essere dei veri e propri illeciti a danno degli ignari correntisti. Qui di seguito troverete, in sintesi, la definizione delle altre azioni scorrette, più ricorrenti.


USURA (dal latino usus che indica l’utile che va riconosciuto al creditore in aggiunta alla restituzione del bene mobile o del denaro ottenuto in prestito): è disciplinata dall’art. 644 del codice penale così come riformulato dalla Legge n. 108 del 7 marzo 1996, che ha apportato profonde innovazioni e modifiche in tale materia ampliando l’ambito di applicazione del reato e, conseguentemente, l’area di tutela offerta dalla norma che non è più relegata ad operare esclusivamente nei casi in cui sussista lo “stato di bisogno” del quale taluno abbia “approfittato” conseguendo vantaggi per sé o per altri, ma opera anche ogni qual volta il limite (cosiddetto Tasso Soglia d’Usura) posto dall’art. 2 della stessa L. 108/96 venga superato. Ne deriva che il reato di usura può ben essere imputato anche ai funzionari di banca. Per il calcolo dell’usura in conto corrente, infatti, si tiene conto dei costi addebitati al correntista, connessi alle operazioni di erogazione del credito, ai sensi dell’art. 1, comma 3, L.108/96 il quale dispone che: “per la determinazione del tasso d’interesse usurario si tiene conto, delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”. Interessante a tale proposito la recente sentenza della Cassazione, conforme a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con provvedimento n. 29 del 25 febbraio 2002, che ha stabilito che si intendono usurari “gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori" (Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza del 9 gennaio 2013, n. 350; in tal senso anche Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza del 4 aprile 2003, n. 5324).

Il comma 3 dell’art. 644 del codice penale afferma: “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”. A ciò provvede, come su accennavo, l’art. 2, comma 4 della L. n. 108/96, fra l’altro recentemente riformato dall’art. 8, comma 5, lettera d) del Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70 (c.d. Decreto Sviluppo), convertito in Legge 12 luglio 2011, n. 106, che ha modificato la definizione legale del concetto di “interessi usurari”, rilevante per l'applicazione della norma incriminatrice dell’usura c.d. presunta. Prima di tale modifica normativa l’art 2 della L. 108/96 fissava il limite di usurarietà degli interessi nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione trimestrale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, relativo alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, “aumentato della metà”. Dopo la recente riforma, per individuare quel limite il tasso medio non deve più essere aumentato della metà, bensì “di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali”. Non solo: la nuova definizione legale stabilisce che “la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.
L’usura, a differenza dell’anatocismo è considerata reato e quindi l’ordinamento giuridico, di fronte all’accertamento di tale condotta, reagisce in modo decisamente più incisivo rispetto ad un semplice illecito civile. Il reato di usura, infatti, prevede l’apertura di un’indagine penale, con intervento del Pubblico Ministero che ha particolari poteri di indagine e persecutori nei confronti degli usurai. Anche sul fronte civilistico le sanzioni conseguenti all’usura sono decisamente più importanti per l’usuraio. L’art. 1815 del codice civile prevede che in caso di usura, non siano dovuti interessi. Tale norma è stata modificata dalla Legge 108/1996 che ha inasprito la sanzione. In precedenza, infatti, il legislatore riconosceva comunque il tasso legale sul capitale erogato dall'usuraio. 

COMMISSIONI DI MASSIMO SCOPERTO: si tratta di un costo illegittimo che spesso sia i privati sia le imprese, hanno trovato all’interno delle condizioni di conto corrente bancario quale corrispettivo per la semplice messa a disposizione di una somma, a prescindere dall’effettivo utilizzo da parte del cliente, e quale remunerazione per il rischio di concedere al correntista l’utilizzo di un determinato importo, a volte oltre il limite del fido. Tale costo andava, quindi, trimestralmente ad aggiungersi agli interessi passivi.
Attualmente la legge (D.L. 6.12.2011, n. 201; L. 22.12.2011, n. 214) prevede che, per i contratti di conto corrente con apertura di credito, la banca possa chiedere al cliente solo il pagamento di una commissione onnicomprensiva sull’affidamento che deve essere, tuttavia, calcolata in modo proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione, alla durata dell’affidamento e al tasso d’interesse a debito sugli importi utilizzati dal cliente. La commissione deve comprendere anche le spese di istruttoria, le spese per i conteggi degli affidamenti e ogni altra spesa collegata al servizio di credito. L’ammontare complessivo non può comunque essere superiore allo 0,5 % per trimestre, calcolato sulla somma messa a diposizione del cliente.
Nel caso, invece, in cui il cliente abbia prelevato denaro in mancanza di affidamento oppure oltre i limiti del fido, la banca può prevedere, quale unico onere, il pagamento di una commissione di istruttoria veloce, il cui importo è però determinato in misura fissa, cioè non percentuale, corrispondente ai costi e un tasso di interesse passivo a debito sull’ammontare dello sconfinamento, calcolato sul saldo disponibile di fine giornata. La commissione di istruttoria veloce non trova applicazione nei confronti dei consumatori, titolari di conto corrente, per sconfinamenti pari o superiori a € 500 in mancanza di affidamento o oltre il limite del fido, purché ciò si verifichi una sola volta nell’arco di un trimestre e per una durata non superiore a sette giorni consecutivi: sono esclusi da questo beneficio i professionisti e le imprese (D.L. 24.03.2012, n. 29; L. 18.05.2012, n. 62).

INTERESSI ULTRA LEGALI: come l’espressione stessa lascia intendere si tratta di interessi pattuiti in misura maggiore rispetto a quella legale. Di per sé la pattuizione di interessi superiori a quelli legali non è illegittima ma con due importanti limitazioni. La prima è contenuta nell’art. 1815 del codice civile che sancisce la nullità degli interessi superiori al tasso di usura e di cui si è già discusso sopra; la seconda è stabilita dall’art. 1284, terzo comma, del codice civile che stabilisce la necessità che detti interessi ultra legali siano pattuiti in forma scritta e che in mancanza si applica l’interesse nella misura legale (Tribunale Teramo del 20 giugno 2011, Estensore Fiore; Tribunale Torino del 6 ottobre 2009, Estensore Michela Tamagnone). Si tratta di una forma ad substantiam (ovvero prevista a pena di nullità) anche se ci sono sentenze che in parte hanno attenuato il rigore di tale previsione normativa (Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza del 25 gennaio 2000, n. 819). Altra questione dibattuta è quella relativa alla validità di clausole che stabiliscono interessi ultra legali rinviando ad altri documenti e/o elementi esterni al contratto per la loro determinazione. Attualmente il Testo Unico in materia bancaria, all’art. 117, ha disposto l’obbligatorietà dell’indicazione nei contratti bancari dell’interesse e delle altre condizioni praticate, sancendo la nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi di piazza degli istituti di credito e prevedendo, per l’inosservanza della norma, un meccanismo di integrazione contrattuale, che mira a sanzionare la condotta scorretta degli istituti. La giurisprudenza, quindi, sulla scorta del nuovo dettato normativo, ha sancito che le clausole di rinvio ad elementi estrinseci del contratto sono valide solo se ancorate a parametri oggettivi e determinabili, sancendo la nullità del rinvio agli usi piazza degli istituti, quando gli stessi non siano oggettivamente determinabili (Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza del 25 febbraio 2005, n. 4094). 

Ai lettori interessati all’argomento rimando al prossimo post sull’importanza della consulenza contabile finalizzata alla verifica e accertamento della sussistenza delle condotte scorrette nonché alla quantificazione degli importi indebitamente versati agli istituti bancari o pretesi dagli stessi, da richiedere in restituzione oltre ovviamente ad un congruo risarcimento del danno anche esistenziale e biologico, laddove sussistente.