lunedì 22 dicembre 2014

CONDOMINIO: SE L’AMMINISTRATORE NON È DILIGENTE PUÒ ESSERE CACCIATO


Molti nostri lettori ci scrivono riferendoci diversi casi in cui il loro amministratore di condominio si sarebbe reso colpevole di errori, ritardi, inosservanze di leggi, del regolamento condominiale e delle delibere dell’assemblea. Tutti, in buona sostanza, chiedono quali iniziative dovrebbero assumere per tutelare se stessi ed il condominio da queste “manchevolezze” e, in particolar modo, se e come sia possibile revocare l’amministratore che si rende responsabile di comportamenti (attivi od omissivi) non corretti. Ho pensato quindi di darvi qualche utile indicazione…

UN RAPPORTO CHE SI BASA SULLA FIDUCIA L’esercizio della professione di amministratore di condominio configura un ufficio di diritto privato che è del tutto assimilabile al mandato di rappresentanza volontaria per effetto del particolare mandato collettivo ricevuto dall’assemblea di condominio al momento della sua nomina. Il fondamento della responsabilità civile di questa figura pertanto è da rinvenirsi nell’art. 1710 del codice civile in base al quale “il mandatario deve eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia”. Questa professione è divenuta nel tempo un’attività per specialisti e se un tempo l’incarico poteva essere affidato persino ad un condomino volonteroso oggi, con il proliferare di leggi specifiche, è richiesta una competenza che va ben al di là della semplice gestione contabile. È facile, quindi, comprendere come al progressivo espandersi delle incombenze e degli adempimenti corrisponda un sensibile aumento dei casi in cui può incorrere in responsabilità, talvolta anche gravi, che possono minare il rapporto di fiducia che lo lega al condominio. 

MA LA REVOCA È SEMPRE POSSIBILE Com’è noto rimuovere l’amministratore, anche durante il suo mandato annuale, non è un problema: la legge infatti prevede che l’assemblea può in ogni tempo revocarlo con la stessa maggioranza prevista per la sua nomina ovvero la maggioranza degli intervenuti ed almeno 500 millesimi (art. 1129, comma 11, e art. 1136, comma 4, c.c.). La revoca può dunque essere deliberata anche senza giusta causa ovvero senza che si sia prodotto un comportamento colpevole dello stesso. In tali casi, tuttavia, il condominio dovrà corrispondere l’emolumento per l’intero periodo del rapporto inizialmente pattuito. In questi casi il condominio non è comunque tenuto a fornire spiegazioni o motivazioni a fondamento della decisione. 

ANCHE SE È UN SINGOLO CONDOMINO A RICHIEDERLA La riforma del condominio ha, finalmente, specificato in modo analitico, anche se non esaustivo, quali sono i doveri che incombono sull’amministratore per espletare in modo compiuto e corretto il proprio incarico. L’art. 1130 del codice civile, così come indicato dalla riforma, contiene infatti un elenco dettagliato dei compiti e delinea quindi l’ambito degli adempimenti la cui violazione può comportarne profili di responsabilità nei confronti del condominio. In verità il precedente art. 1129, in tema di revoca giudiziale dispone testualmente che l’amministratore “può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità”.

IL VADEMECUM DELLE GRAVI IRREGOLARITÀ La medesima norma stila, a titolo esemplificativo, un breve vademecum di quelle che devono essere considerate gravi irregolarità ovvero:

1)   l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge; 

2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea;

3)  la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma;

4)  la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini;

5) l’aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio;

6)   qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva;

7)   l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, nr. 6), 7) e 9);

8)   l’omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo.

IL PROVVEDIMENTO GIUDIZIARIO Nei casi sopra enunciati, pertanto, ogni singolo proprietario ha il diritto di chiedere con ricorso al giudice la revoca che può essere richiesta anche quando l’amministratore non rende il conto della gestione ovvero nel caso indicato dall’art. 1131 c.c. allorché ometta di informare l’assemblea nei casi in cui al condominio venga notificato un provvedimento o una citazione il cui contenuto esorbita dalle sue attribuzioni. Sotto il profilo procedurale giova invece richiamare l’art. 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile il quale dispone che “sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente. Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione”.

L’AMMINISTRATORE PUÒ ESSERE CACCIATO ANCHE PER NON AVER EFFETTUATO MANUTENZIONE L’amministratore rischia di essere revocato dall’assemblea e di essere tenuto al risarcimento dei danni quando non provvede ad una corretta manutenzione del fabbricato. In tema di responsabilità occorre ricordare che è sufficiente che l’amministratore abbia agito anche solo con colpa, non essendo richiesto invece il dolo, e cioè abbia svolto con negligenza, imprudenza o imperizia uno qualsiasi degli obblighi posti a suo carico dalla legge, dal regolamento condominiale o dall’assemblea o anche che non abbia svolto affatto tali obblighi. Infatti, sussiste responsabilità anche in caso di omissione di un comportamento cui questi sia tenuto per legge, per regolamento o delibera assembleare. Un caso assai ricorrente è quello previsto dal 1° comma punto n. 4 dell’art. 1130 del codice civile ovvero quello di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

PERCHÉ LA MANUTENZIONE È UN OBBLIGO Da questa disposizione si evince con chiarezza che l’amministratore è tenuto a provvedere ad una corretta manutenzione delle parti comuni dell’edificio. Nel caso in cui dall’inadempimento di tale dovere derivino danni a dei soggetti, siano essi condomini o terzi si rientra nel campo della responsabilità extracontrattuale. Per restare indenne da, l’amministratore deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare i danni, adempiendo dunque agli obblighi, e con ciò nonostante eventi dannosi si siano ugualmente verificati. Tuttavia non sempre risulta facile distinguere quando la responsabilità venga a profilarsi direttamente in capo all’amministratore in quanto tale oppure per esso risponda il condominio. In alcune decisioni per risolvere il problema della si è fatto ricorso anche all’art. 2051 del codice civile in materia di danni cagionati da cose in custodia. 

UNA SENTENZA RICONOSCE LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE Tale disposizione prevede che ciascuno è responsabile del danno causato da cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Emblematica in questo senso la sentenza che ha riconosciuto una responsabilità solidale tra condominio ed amministratore per i danni occorsi in conseguenza di un inciampo in un insidia all'interno di un cortile e segnatamente di buche non segnalate createsi a seguito di lavori di manutenzione. La Suprema Corte ha argomentato la responsabilità dell’amministratore sulla base del presupposto che questi come mandatario ex art. 1130 e 1135 del codice civile “ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni ma anche della custodia di esse, con il conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi o agli stessi condomini” (Cassazione n. 25251 del 2008). Sicuramente è ravvisabile la responsabilità personale nel caso in cui egli non abbia dato esecuzione ad una delibera assembleare che disponga l’effettuazione di lavori di riparazione necessarie al bene comune e ciò in quanto l’amministrazione si è resa inadempiente ad un obbligo che inerisce specificamente all’esercizio delle sue funzioni.

ANCHE PER I LAVORI URGENTI L’AMMINISTRATORE È SEMPRE RESPONSABILE Si è visto prima come all’amministratore incomba l’obbligo di eseguire tutte quelle attività utili e necessarie per mantenere in buono stato il fabbricato per le quali, in ragione del suo incarico, non ha bisogno di ottenere una preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea. Ciò nonostante è egualmente tenuto a far eseguire gli atti di straordinaria manutenzione anche senza delibera di approvazione della spesa quando gli interventi sul fabbricato non sono procrastinabili ovvero quando questi rivestano il carattere dell’urgenza. Tale aspetto, di solito, è determinato dalla necessità di scongiurare un pericolo grave ed imminente a persone o cose: si pensi, ad esempio, ad un probabile distacco di parte del cornicione o dei frontalini dei balconi per il quale diviene necessaria la messa in sicurezza della facciata. Perché si prospetti l’urgenza è sufficiente che il pericolo sia solo potenziale benché concreto ed imminente e manchi il tempo necessario per la convocazione dell’assemblea. Nel caso invece di ordine dell’autorità non è invece necessario ricorrere al criterio del pericolo in quanto la valutazione è già stata fatta dalla stessa per cui l’ottemperanza all’ordine costituisce pur sempre un obbligo di natura personale dell’amministratore che ricorrerà all’assemblea solo qualora i tempi imposti dall’autorità lo permettano. Nei casi in cui l’amministratore è tenuto ad agire in via cautelativa questi non è tenuto a richiedere l’assenso all’assemblea perché preservare la cosa comune ed evitare il realizzarsi di danni fa parte del suo incarico e, in particolar modo, sostanzia il concetto di diligenza professionale al quale deve essere ispirato il suo operato. 

PER CONCLUDERE Omettere quindi interventi straordinari urgenti esponendo il condominio o i terzi a rischi integra una fattispecie, non di grave irregolarità, di cui sopra abbiamo trattato, ma sicuramente di grave inadempienza che può essere motivo di revoca. Certo è che la professione di amministratore, spesso invisa a molti, non è una professione facile perché oltre ai tanti adempimenti e ad una competenza a tutto campo coinvolge talvolta decisioni importanti che, se non ritenute adeguate, lo esporranno a critiche e censure da parte dei condomini.


Dottor Massimo Botti – Studio Comite