Con la stagione fredda alle porte molti lettori ci hanno scritto ponendoci i più diversi quesiti su come sia possibile distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato e quali siano gli oneri e gli incombenti che gravano sul proprietario di un appartamento che decida di dotarsi di un impianto autonomo. Considerato l’interesse diffuso riguardo a tale tematica e la non facile comprensione, nonostante l’apparenza, di tutti gli aspetti sia tecnici sia giuridici che occorre tenere presenti prima di decidersi ad abbandonare il sistema di riscaldamento centralizzato e dotare il proprio appartamento di un riscaldamento autonomo, ho pensato che un piccolo ripasso e un po’ di chiarezza sull’argomento sicuramente avrebbe aiutato con l’obiettivo di sgombrare il campo da equivoci e da interpretazioni errate della vigente disciplina…
UN’IDEA AFFASCINANTE Per molte persone optare per il distacco dall’impianto centralizzato rappresenta una scelta di libertà. Le ragioni sono semplici da comprendere: il poter determinare da sé i consumi, i modi e i tempi di erogazione del calore all’interno della propria abitazione senza sottostare ai limiti imposti dal sistema di un impianto di riscaldamento condominiale centralizzato, con tutte le limitazioni che ne conseguono, rappresenta sicuramente una tentazione che affascina molti proprietari di casa i quali spesso ritengono, peraltro, che in tal modo potrebbero, conseguire un risparmio economico ed energetico, avvalendosi appunto di un riscaldamento autonomo. Tale tentazione risulta ancora più forte dopo che, con la riforma del condominio, la possibilità di distaccarsi dall’impianto centralizzato sembra essere assurta a diritto soggettivo quasi assoluto di ogni condomino con ben poche limitazioni. Ma è davvero così?
UNA NORMA EQUIVOCA Partiamo allora da cosa dispone il novellato art. 1118 del codice civile che al quarto comma recita testualmente: “il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”. Letta in questi termini potrebbe sembrare che ogni condomino, senza chiedere una preventiva autorizzazione all’amministratore o all’assemblea, una volta dimostrato che dal suo distacco dall’impianto centralizzato non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, possa dotarsi di un impianto autonomo di riscaldamento. In realtà la norma contenuta nel citato art. 1118 risulta parziale e incompleta perché non fa nessun accenno ad una serie di limiti che riducono sensibilmente la possibilità di distacco dall’impianto centralizzato facendola scemare da diritto tout court, semplicemente subordinato a circostanze di natura tecnica, ad una mera facoltà non sempre esercitabile.
I LIMITI DI NATURA GIURIDICA Il primo limite alla possibilità di distaccarsi dall’impianto centralizzato è dato dal regolamento di condominio. Se il regolamento condominiale “contrattuale” (cioè predisposto dal costruttore ed accettato dai condomini mediante il suo richiamo negli atti originari di compravendita) contiene il divieto di distaccarsi dall’impianto centralizzato al condomino non potrà essere consentito dotarsi di un impianto autonomo di riscaldamento anche se riuscisse a dimostrare che a seguito del distacco medesimo non si originerà alcun pregiudizio per l’impianto (squilibrio di funzionamento) o per gli altri proprietari (aggravio di spesa). La possibilità che un regolamento di condominio possa legittimamente derogare alla possibilità per ogni condomino di esercitare il “diritto” di distaccarsi dall’impianto centralizzato è facilmente desumibile dal tenore e dal contenuto dell’art. 1138, quarto comma, del codice civile, che non lo annovera tra le disposizioni ritenute inderogabili ai sensi di legge. Un secondo limite potrebbe essere rappresentato dal Regolamento Edilizio di ciascun comune in cui è ubicato l’edificio il quale potrebbe contenere un espresso divieto di distacco dall’impianto centralizzato. Non bisogna infatti dimenticare che la tendenza di parecchi comuni d’Italia è proprio quella di incentivare gli impianti centralizzati di riscaldamento che, a conti fatti, avrebbero un impatto minore in termini di inquinamento ambientale. Se il Regolamento Edilizio contiene tale divieto a nulla vale la legge di riforma del condominio che, novellando l’art. 1118, prevede la possibilità di distacco. Quindi, come poc’anzi si osservava, non di diritto si tratta ma di mera facoltà condizionata. Un ulteriore limite è dato inoltre dalle Regioni che hanno specifica competenza in ambito energetico potendo legiferare in materia e dettare discipline più rigorose rispetto alla normativa nazionale che potrebbe non essere recepita o persino vietata.
E L'EFFICIENZA ENERGETICA? Quello del distacco dall’impianto centralizzato è un argomento che non esaurisce la sua efficacia unicamente in ambito civilistico ma comporta implicazioni anche in tema di efficienza energetica degli impianti termici in un’ottica di miglioramento delle loro prestazioni e di salvaguardia della qualità dell’aria. L’esempio è dato dalla Regione Piemonte e dalla Regione Liguria che, senza entrare nello specifico delle singole delibere e regolamenti regionali, hanno imposto dei limiti e divieti alla facoltà dei singoli condomini finalizzati alla trasformazione da impianti termini centralizzati ad impianti termici con generazione di calore separata. Sempre in tema di limiti va infine ricordato, passando alla normativa statale vigente in tema di risparmio energetico, che il Decreto del Presidente della Repubblica del 2 aprile 2009, n. 59 stabilisce all’art. 4, comma 9, che “in tutti gli edifici esistenti, con più di quattro unità abitative, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, …, è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti” e precisa a tale proposito che “le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere ad eventuali interventi finalizzati alla trasformazione degli impianti termici centralizzati ad impianti con generazione di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al comma 25”.
I REQUISITI DA OSSERVARE Come abbiamo prima visto se si vuole optare per il distacco dall’impianto centralizzato bisogna accertarsi che l’impianto autonomo che si vuole realizzare non comporti notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. Il primo onere che incombe al proprietario è quindi quello di fornire la prova che il distacco non pregiudichi il corretto funzionamento dell’impianto centralizzato, prova che deve essere fornita mediante una perizia redatta da un tecnico abilitato secondo quanto prescritto dal Decreto Ministeriale n. 37 del 2008, a cui rimanda anche il recente Decreto del Presidente della Repubblica 74/2013, che ha ridisegnato il tema della conduzione e dei controlli degli impianti termici. In particolare il tecnico designato deve essere iscritto agli albi professionali ed essere in possesso delle specifiche competenze tecniche in materia di trattamento degli impianti di riscaldamento dotati di canne fumarie collettive ramificate. La perizia inoltre deve contenere al suo interno una serie di informazioni ed in particolar modo l’accertamento dello stato dei consumi della caldaia e la proiezione del consumo ipotizzato in caso di distacco. Inoltre la perizia dovrà essere corredata da una previsione che attesti come, in virtù delle caratteristiche tecniche dell’impianto, il distacco non creerà notevoli pregiudizi all’impianto centrale e dovrà dimostrare l’assenza di futuri squilibri termici per il fabbricato. Aggiungo che un buon elaborato tecnico non dovrebbe prescindere dalla valutazione dei limiti giuridici che ho evidenziato e quindi dovrebbe contenere un breve riferimento al fatto che il distacco non è contrario alle norme del regolamento e a quelle comunali, regionali e statali.
L’AGGRAVIO DI SPESA PER GLI ALTRI CONDOMINI È INEVITABILE Per quanto riguarda, invece, gli aggravi di spesa che possono pesare sugli altri condomini in conseguenza del distacco di un proprietario dall’impianto centralizzato è utile osservare che questi, nella maggior parte dei casi, sono inevitabili in quanto sono generati dai seguenti fattori:
1) la distribuzione dell’impianto esistente costituito da una rete che, restando invariata prima e dopo il distacco, continua a produrre le stesse dispersioni le quali saranno inevitabilmente ripartite poi tra i condomini che usufruiscono del sistema centralizzato, producendo quindi per essi un aggravio di spesa;
2) le perdite di calore in centrale termica che rimanendo invariate costituiscono una fonte di aggravio di spesa per chi rimane agganciato al riscaldamento centralizzato, essendo quindi ripartite tra un numero inferiore di condomini;
3) il campo termico che il sistema centralizzato genera nell’edificio nel suo complesso attraverso la conduzione di calore trasmesso dalle strutture murarie periferiche e che, inevitabilmente, interessa anche il distaccante il quale continuerà a beneficiarne in modo gratuito.
In virtù di tali fattori che possono comportare un aggravio di spesa a seguito del distacco, il proprietario sarà tenuto a corrispondere, in conseguenza di uno studio condotto secondo i metodi indicati nella recente norma UNI 10200/2013 (contenente i criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale ed acqua calda sanitaria negli impianti termici centralizzati), un contributo economico a titolo compensativo in favore del condominio, contributo che, effettuate le giuste valutazioni, dovrà essere oggetto di specifica delibera assembleare.
NON POCHI ONERI Gli adempimenti a carico del proprietario che opera un distacco dall’impianto centralizzato tuttavia non finiscono qui. È bene infatti ricordare che costui dovrà affrontare a proprie spese la revisione della tabella millesimale riscaldamento che dovrà essere redatta da un tecnico di fiducia nominato dal condominio. La ragione di tale onere è facilmente intuibile: a seguito del distacco si verifica per tutti gli altri condomini una modifica dei rapporti percentuali, su base millesimale, sui quali appunto viene ripartita la spesa relativa al consumo del riscaldamento. Tale modifica comporta quindi la necessità di dotarsi di una nuova tabella millesimale affinché l’imputazione dei costi per ogni condomino sia corretta.
NON DIMENTICHIAMOCI I CAMINI Bisogna, poi, richiamare l’attenzione sulla Legge n. 90/2013 entrata in vigore il 4 agosto 2013. Si tratta di una legge di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 4 giugno 2013, n. 63, (recante disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale) la quale, diversamente dalla precedente normativa (Legge 221/2012) dispone che “gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente”. A chi opta per il distacco dall’impianto centralizzato viene quindi preclusa la possibilità di scaricare a parete i prodotti della combustione del proprio impianto autonomo se installato dopo la data del 31 agosto 2013 e alla disposizione si può derogare solo nei casi in cui:
a) si procede, anche nell'ambito di una riqualificazione energetica dell’impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati in data antecedente a quella di cui al comma 9, con scarico a parete o in canna collettiva ramificata;
b) l’adempimento dell’obbligo di cui al comma 9 risulta incompatibile con norme di tutela degli edifici oggetto dell’intervento, adottate a livello nazionale, regionale o comunale;
c) il progettista attesta e assevera l’impossibilità tecnica a realizzare lo sbocco sopra il colmo del tetto.
Considerato che (oltre a tutti i limiti, gli oneri ed adempimenti sopra richiamati) chi rinunzia all’impianto centralizzato resta comunque tenuto a concorrere al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto medesimo nonché a quelle che risultassero necessarie per la sua conservazione e messa a norma, la decisione di dotarsi di un impianto autonomo richiede sicuramente una seria valutazione del rapporto costi/benefici.
EQUIVOCI INTERPRETATIVI E FALSE ASPETTATIVE Come si è visto il diritto di distacco, così come disegnato dalla riforma del condominio, deve fare i conti con una serie di limiti, divieti e prescrizioni che non rendono né facile né economico il suo esercizio. Ora, posto che la stessa riforma del condominio non sia da considerare, nella sua stesura finale, come una disciplina organica e completa della materia (come invece da più parti ci si auspicava), riguardo al tema specifico oggi trattato, mi sembra che la norma contenuta nell’art. 1118 del codice civile, nella sua acclarata superficialità, possa, più di tutte le altre, ingenerare equivoci interpretativi e false aspettative in quanto rischia di rimanere, per la sua incoerenza alla complessità delle disposizioni che a tutti i livelli regolano la questione, una mera norma di principio.
Dottor Massimo Botti - Studio Comite