mercoledì 9 luglio 2014

MOLESTIE E INGIURIE A COLPI DI SMS, CASSAZIONE AL PASSO CON I TEMPI



La sempre maggiore diffusione di strumenti tecnologici e multimediali per comunicare a distanza, ha indotto la giurisprudenza, negli ultimi anni, ad affrontare tematiche che il legislatore non poteva nemmeno immaginare al tempo dell’introduzione di alcune norme. In particolare, in relazione ai reati di ingiuria e molestie, la Cassazione non poteva non procedere ad una interpretazione “al passo con i tempi” degli artt. 660 e 594 del codice penale, estendendo, ma allo stesso tempo, delimitando il suo campo di applicazione all’utilizzo dei nuovi dispositivi tecnologici. Potremmo anche dire che l’antico proverbio latino “verba volant, scripta manent” (le parole volano, gli scritti rimangono), torna a essere decisamente attuale per via dell’utilizzo di sms, mms e messaggistiche instantanee inviati tramite cellulare, che talvolta possono avere ad oggetto affermazioni anche offensive verso il destinatario. Ma procediamo con ordine, indicando innanzitutto i principali mezzi tecnologici mediante i quali può essere commesso il reato di molestia e ingiuria e procedendo poi con l’evidenziare quando, in concreto, si verifichino tali violazioni del codice penale.

OFFESE MULTIMEDIALI Come è noto, SMS è l’acronimo di “Short Message System” e fa capo alla tecnologia innestata sui telefoni cellulari che consente di inoltrare e ricevere brevi messaggi di testo tra utenti; la tecnologia MMS, “Movement Monitoring System”, abilita ai servizi e alla trasmissione di servizi multimediali (video, audio, immagini). Negli ultimi anni è, invece, cresciuto esponenzialmente l’utilizzo di Whatsapp come servizio di messaggistica istantanea mediante internet, che consente a tutti gli utenti che utilizzano il servizio, di scambiarsi messaggi in maniera facile ed istantanea. Ovviamente, la trasmissione di messaggi può avvenire altresì, sempre via internet, mediante e-mail e reti sociali come Facebook ecc… È opportuno sin da ora precisare che gli studiosi del diritto e la giurisprudenza sono oramai concordi nel ritenere che l’offesa tramite internet integri l’ipotesi aggravata di cui all’art. 595, comma 3, codice penale (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio, solo lontanamente paragonabile a quella della stampa ovvero delle trasmissioni televisive o radiofoniche, rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale. Internet è, infatti, un mezzo di comunicazione in grado di trasmettere informazioni, messaggi e immagini, relative a qualsiasi persona e renderle fruibili (potenzialmente) in qualsiasi parte del mondo (Cassazione penale, Sezione V, Sentenza del 16 novembre 2012, n. 44980; Cassazione penale, Sezione V, Sentenza del 28 ottobre 2011, n. 44126; Cassazione penale, Sezione V, Sentenza del 1° ottobre 2010, n. 35511).

UN SMS PUÒ ESSERE MOLESTO? Innanzitutto, l’art. 660 del codice penale intitolato “Molestia o disturbo alle persone”, dispone che, “Chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. Già con una nota sentenza di qualche anno fa la Corte di Cassazione aveva avuto modo di chiarire che, a prescindere dall’eventuale contenuto ingiurioso, l’invio di SMS può potenzialmente diventare molesto, un po’ come avviene per le ipotesi di spamming, ovvero della posta indesiderata.  Nella fattispecie, un’amante gelosa, nutrendo rancore verso il “lui” della situazione, aveva inviato a quest’ultimo una serie reiterata di messaggi dal carattere derisorio con insistenza eccessiva e fastidiosa che aveva innescato una “indebita, ripetuta e ingiustificata invadenza della sfera privata”. La Corte di merito, nel caso di specie aveva così ritenuto che la condotta integrasse a regola d’arte gli estremi della contravvenzione di cui all’art. 660 del codice penale e, pertanto, aveva condannato l’imputata per il reato di “molestia/disturbo delle persone”. Successivamente, l’imputata ricorreva in Cassazione ritenendo che, nel suo caso non ci fossero gli estremi del reato che era stato contestato, in quanto lo strumento usato (trasmissione di messaggi via sms) “si discostava decisamente dall’uso tipico del telefono, consistente nella trasmissione di voci e suoni, sicché non poteva essere inquadrato nello schema della norma penale sopra descritta, essendo piuttosto da equiparare alla corrispondenza”. La Cassazione respingeva integralmente il ricorso pronunciando il seguente principio di diritto: “La fattispecie penale di cui all’articolo 660 c.p. può essere integrata anche quando la condotta ivi descritta si sostanzia nell’invio di sms (short messages system)” (Cassazione penale, Sezione I, Sentenza dell’11 maggio 2006, n. 16215).

ATTENZIONE AL CONTENUTO DI UN SMS: PUÒ ESSERE CONSIDERATO INGIURIOSO L’art. 594 del codice penale, che disciplina il reato di ingiuria, prevede testualmente che, “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino ad euro 516. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa fino ad euro 1.032, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone”. Anche in questo caso ci sentiamo quindi di raccomandare “attenzione al contenuto degli sms”! Infatti, con una recentissima decisione la Suprema Corte, ha sostenuto la configurabilità anche del reato di ingiuria commesso a mezzo sms.  In sintesi, il caso di specie riguardava il seguente messaggio inviato all’ex fidanzata che difficilmente poteva lasciare adito a dubbi interpretativi: “Sei una tr...” ed ecco che il reato di ingiuria è consumato.

VALE ANCHE PER QUELLI INDIRIZZATI A TERZE PERSONE Pare opportuno a questo punto chiarire se possa essere considerato ingiurioso l’invio di un sms dal contenuto offensivo, non diretto alla persona offesa, ma a una terza persona. Ebbene, la Cassazione si è pronunciata proprio in un caso relativo all’invio di un sms partito dal cellulare di un uomo e diretto al telefono mobile della figlia di costui contenente un’espressione fortemente offensiva diretta alla madre di quest’ultima (ex moglie dell’uomo), convivente appunto con la figliola. La Suprema Corte ha deciso infatti che integra il reato di ingiuria l’invio di sms sul telefono cellulare della figlia contenente espressioni spregiative al femminile, in tema di etica sessuale, in quanto è ragionevole presumere che il mittente fosse consapevole che necessariamente ed inevitabilmente le espressioni sarebbero state portate a conoscenza della moglie separata, per il tramite dell’innocente messaggera, convivente con la madre (Cassazione penale, Sezione V, Sentenza del 9 giugno 2011, n. 23202).

LA CASSAZIONE PRECISA Precisa la Cassazione che, ai fini della configurabilità del reato di ingiuria, anche a mezzo sms, non è richiesta la sussistenza dell’animus iniurandi (ovvero l’effettiva intenzione di offendere), essendo sufficiente il dolo generico che può anche assumere la forma del dolo eventuale in quanto basta che l’agente, consapevolmente faccia uso di espressioni o parole socialmente interpretabili come offensive. Va precisato, anche per tranquillizzare i nostri lettori, che ovviamente non tutte le parolacce sono considerate ingiuria: ciò che rileva al fine della configurabilità del reato de quo, è se la parola sia stata utilizzata o meno con tono dispregiativo, al solo scopo di offendere il destinatario e offendere la sua dignità (Cassazione penale, Sezione V, Sentenza del 15 aprile 2014, n. 16382).

Avv. Roberto Carniel – Studio Comite