lunedì 17 febbraio 2014

TUO O IN CUSTODIA, SE FIDO FA DANNI SEI TU IL RESPONSABILE



Una recente sentenza, ci induce a trattare un tema attuale e molto sentito. Certo ai nostri lettori probabilmente non piacerà l’uso dei termini “utilizzo” o “detenzione” rivolti agli amici a quattro zampe, tuttavia la giurisprudenza ha il suo glossario.  Gli amanti degli animali, in particolare dei cani, dovranno prestare sempre più attenzione, dal momento che la Corte di Cassazione, in una recentissima pronuncia emessa ad inizio mese, ha stabilito che il detentore di un cane, dunque non necessariamente il proprietario, risponde civilmente dei danni cagionati dal cane stesso, in quanto ciò che conta è la relazione uomo–animale esistente nel momento in cui si realizza l’evento danno. Nel caso di specie, infatti, accadeva che un pastore tedesco, improvvisamente uscito dall’abitazione presso la quale si trovava, provocasse la caduta dalla bicicletta di un ciclista, arrecandogli non pochi danni materiali, vediamo come è andata...

CIASCUNO E’ RESPONSABILE DEI DANNI CAUSATI DALLE COSE CHE HA IN CUSTODIA Il cane in parola, peraltro, non si trovava presso l’abitazione del proprietario, bensì presso altro soggetto, suo detentore, il quale ne era responsabile sulla base di quanto stabilito dal combinato disposto degli articoli 2051 e 2052 del codice civile, dove il primo disciplina la responsabilità insorta a seguito di danni cagionati da cose in custodia, mentre il secondo si occupa di stabilire la responsabilità derivante da danni cagionati da animali. Quest’ultima norma, infatti, sancendo che “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale”, ossia i danni prodotti da un fatto autonomo dell’animale medesimo a prescindere, dunque, dalla guida o da un comando dell’uomo, “sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”, si ricollega funzionalmente a quanto disposto dall’art. 2051 del codice civile, il quale così dispone: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. 

LA RESPONSABILITA’ ALTERNATIVA DEL PROPRIETARIO Alla luce di ciò, seguendo il ragionamento della Suprema Corte, la quale peraltro conferma ancora una volta l’orientamento giurisprudenziale prevalente, emerge come la responsabilità del proprietario dell’animale sia alternativa rispetto a quella del soggetto che abbia in uso il medesimo, e, infatti, stabilisce che detta responsabilità “non trova il proprio fondamento in una specifica attività del proprietario, quanto, piuttosto, in una relazione, di proprietà o di uso, fra la persona fisica e l’animale” (sul punto, oltre alla sentenza in commento ovvero Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 febbraio 2014, n. 2414, si vedano, tra le tante, le seguenti sentenze: 7260/13; 13016/12; 16023/10; 10189/10; 9037/10; 12025/00). Nel caso di specie, dunque, non si è affermato il concorso di responsabilità tra l’utilizzatore dell’animale e il proprietario ma si è fatta applicazione di uno dei criteri indicati dall’art. 2052 del codice civile applicandolo al caso concreto secondo le risultanze probatorie. Dalla sentenza, infatti, risulta che il cane si trovava da alcuni mesi presso l’abitazione di altro soggetto e non del proprietario il quale doveva ragionevolmente averne fatto uso, assumendone i conseguenti rischi. Ora, l’utilizzazione non è un concetto che necessariamente si ricollega a quello di continuità, perché si può fare uso dell’animale anche in modo discontinuo, non per questo perdendo, però, il fondamento giuridico della responsabilità. D’altra parte, la presenza continuativa del cane nell’abitazione dell’utilizzatore non può essere posta in discussione e rende priva di significato la momentanea assenza dello stesso nella circostanza in cui il sinistro si è verificato. Secondo i giudici della Suprema Corte non si tratta, quindi, di ammettere la possibilità di un utilizzo potenziale, quanto di riconoscere che il giudice di merito, all’esito dell’istruttoria svolta, ha ritenuto dimostrata, in concreto, l’utilizzazione dell’animale da parte di un soggetto, anche se momentaneamente assente dall’abitazione nella quale il cane si trovava.

IL PRINCIPIO LOGICO E IL “CASO FORTUITO”. La norma dell’articolo 2052 c.c., dunque, trova la propria ragionevolezza nel principio secondo il quale ciò che conta non è la proprietà dell’animale stesso, bensì la relazione esistente nel momento in cui si cagiona il danno ossia l’effettivo potere che il soggetto esercita sull’animale, sia esso il proprietario o il custode. Il danno deve poi essere in stretta correlazione con il fatto compiuto dall’animale, poiché tra danno e fatto deve necessariamente esserci nesso di causalità (eziologia dell’evento). Trattandosi di responsabilità per così dire oggettiva l’unico limite, ovvero esimente, previsto alla responsabilità predetta consiste nel cosiddetto “caso fortuito”, ossia nell’intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra fatto dell’animale e danno, poiché quest’ultimo discende da un avvenimento imprevedibile, inevitabile ed assolutamente eccezionale. La posizione di chi detiene in custodia un animale, quindi, in ordine alla propria responsabilità circa i danni arrecati a terzi dallo stesso per il periodo nel quale l’animale è sotto propria custodia, prescinde da quella del proprietario, poiché rileva la relazione con l’animale e non la proprietà dello stesso. In definitiva, se un animale, qualunque esso sia, cagiona danni a terzi, degli stessi risponde personalmente chi effettivamente esercita il controllo sull’animale medesimo, essendone responsabile in ragione di tale potere.

Dottoressa Roberta Bonazzoli - Studio Comite