mercoledì 4 dicembre 2013

“DI FATTO” E’ UNA FAMIGLIA: LA COSTITUZIONE RICONOSCE E LA GIUSTIZIA TUTELA



Paolo e Anna (nomi di fantasia) hanno vissuto insieme per quasi quindici anni scegliendo, tuttavia, consapevolmente di non convolare a nozze. Quando si sono conosciuti, infatti, avevano entrambi un unico desiderio: condividere la quotidianità al pari di una coppia sposata ma con la libertà di scegliersi ogni giorno senza vincoli formali troppo stretti. Hanno deciso, allora, di convivere nella casa che Paolo, ancora in attesa di essere confermato come insegnante di ruolo, aveva ricevuto in dono dai suoi genitori, senza pensare di acquistarne una tutta loro. Un piccolo bilocale, grande quanto bastava per star bene; loro due e soli. Ancora piuttosto giovani non avevano nei loro progetti più immediati quello di avere dei bambini. Il tempo trascorreva e il ménage familiare era tutto sommato tranquillo, finché un giorno… 


LUI PRECARIO, LEI IN CARRIERA …iniziano i primi litigi e le prime incomprensioni. Il lavoro per Paolo era diventato una spina nel fianco. Si era reso conto di essere un precario di quasi quarant’anni: insoddisfatto ma soprattutto impaurito. Anna, invece, più concreta e caparbia, dal canto suo, era riuscita a ottenere dei piccoli avanzamenti di carriera, importanti ma che non le procuravano ancora grandi soddisfazioni economiche. Per farla breve l’amore finisce e Paolo decide che Anna deve andarsene. In fondo la casa è sua e Anna non la sopporta più. Sembra che ogni giorno sia lì per ricordargli quanto sia incapace. Dopo l’ennesimo litigio Paolo, furibondo, approfittando dell’allontanamento di Anna, chiama il fabbro e cambia la serratura di casa impedendole l’accesso. Raccoglie sommariamente alcuni dei suoi effetti personali e glieli fa recapitare da un’amica.

INDESIDERATA IO? TI FACCIO CAUSA! Anna si rivolge allora a un legale che contesta l’illiceità della condotta e intima a Paolo di permettere ad Anna, che, dopo quindici anni di convivenza, non poteva certo essere considerata un ospite indesiderata, di rientrare a casa e consentirle di rimanere sino a quando non avesse trovato una sistemazione adeguata alle sue possibilità. Lo stesso legale minaccia, in ipotesi di mancato adempimento, entro un termine breve, l’azione giudiziale a tutela del possesso e, ovviamente, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Paolo si è rivolto a me! Ed ecco come sono venuta a conoscenza della storia che vi ho raccontato.

LA FAMIGLIA DI FATTO E’ UNA FORMAZIONE SOCIALE RICONOSCIUTA DALLA COSTITUZIONE Bella gatta da pelare: eh sì, perché è vero che Paolo e Anna hanno liberamente scelto di non formalizzare il loro legame unendosi in matrimonio e, pertanto, hanno implicitamente accettato che tra loro non esistessero gli stessi diritti e i medesimi doveri che discendono appunto dal contratto matrimoniale, ma è altresì vero che la nostra costituzione, all’art. 2 tutela, riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. La famiglia di fatto è considerata appunto una di queste formazioni sociali all’interno delle quali si esplica la personalità dell’individuo (Corte Costituzionale, Sentenza n. 138 del 2010; Corte Costituzionale, Sentenza n. 237 del 1986).

E LA LEGGE LA TUTELA Tenendo conto del dettato costituzionale, la legge ha, dunque, provveduto a disciplinare diversi aspetti della convivenza more uxorio (ovvero convivenza senza matrimonio), anche se non in modo organico. Solo per citarne alcuni: 

• l’accesso alla procreazione medicalmente assistita è consentito anche alle coppie conviventi;
• in un processo penale il convivente ha diritto di astenersi dal testimoniare contro il compagno;
• la persona convivente può proporre istanza per la nomina dell’amministratore di sostegno del partner;
• i genitori conviventi esercitano la potestà nei confronti dei figli naturali riconosciuti da entrambi;
• il convivente può subentrare nel contratto di locazione intestato all’altro, in caso di morte di quest’ultimo;
• la famiglia di fatto gode della tutela possessoria sulla casa (entrambi possono esercitare le azioni volte a accertare il loro diritto di possedere la casa) dove si svolge la convivenza;
• in caso di uccisione del convivente, l’altro ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale per la morte del compagno o della compagna provocata da un terzo, sempre che la relazione sia caratterizzata da stabilità e mutua assistenza morale e materiale (Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza del 16 settembre 2008, n. 23725); 
• si applica, anche per la famiglia di fatto, la tutela contro la violenza nelle relazioni familiari;
• i conviventi usufruiscono delle prestazioni dello “stato sociale” (assegnazione di case popolari, pensioni ecc.);
• in materia di adozione, il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato anche ad una famiglia di fatto.
• la convivenza intrapresa dal coniuge separato o divorziato assume rilievo ai fini dell’assegno di mantenimento o di quello di divorzio;
• in materia di consultori familiari non vi è alcuna distinzione tra coppie di conviventi e coniugi

VITA IN COMUNE, NON SIGNIGFICA OSPITALITA’ Una recente pronuncia della Cassazione, tra l’altro, ha confermato che: “la convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità; conseguentemente, l’estromissione violenta o clandestina del convivente dall’unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio nei confronti dell’altro quand’anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull’immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi” (Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza del 21 marzo 2013, n. 7214; analogamente: Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza del 14 giugno 2012, n. 9786). La stessa pronuncia ha inoltre ribadito la piena rilevanza giuridica e costituzionale della famiglia di fatto senza peraltro equipararla in tutto e per tutto al matrimonio e infatti in essa si afferma: “Questa distinzione non comporta che, in una unione libera che tuttavia abbia assunto, per durata, stabilità, esclusività e contribuzione, i caratteri di comunità familiare, il rapporto del soggetto con la casa destinata ad abitazione comune, ma di proprietà dell’altro convivente, si fondi su un titolo giuridicamente irrilevante quale l’ospitalità, anziché sul negozio a contenuto personale alla base della scelta di vivere insieme e di instaurare un consorzio familiare, come tale anche socialmente riconoscibile”. Si precisa inoltre: “Poiché, dunque, la famiglia di fatto è compresa tra le formazioni sociali che l’art. 2 Cost. considera la sede di svolgimento della personalità individuale, il convivente gode della casa familiare, di proprietà del compagno o della compagna, per soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo a contenuto e matrice personale la cui rilevanza sul piano della giuridicità è custodita dalla Costituzione, si da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata”.

NON PUOI BUTTARMI FUORI ANCHE SE LA CASA E’ TUA Per tutto quanto sopra evidenziato, risulta chiaro che colui il quale non sia proprietario dell’immobile, ove si è svolta la vita in comune (nel nostro caso Anna), non possa essere estromesso improvvisamente dall’abitazione ma ha diritto di vedersi attribuito un congruo termine al fine di trovare un’altra sistemazione abitativa. Lo sottolineano gli stessi italici ermellini …. “D’altra parte, l’assenza di un giudice della dissoluzione del ménage non consente al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della buona fede e della correttezza, dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata l’affectio, intenda recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione”.

DIGNITA’ ALLA COPPIA DI FATTO In mancanza, dunque, di un’espressa regolamentazione normativa la giurisprudenza non fa altro che accogliere e fare proprio l’orientamento che offre maggior tutela al soggetto più debole. Tale soluzione conferisce, peraltro, alla convivenza quella giusta dignità che le compete e che deriva dalla circostanza di aver condiviso un progetto di vita comune. E, infatti, i giudici di legittimità ancora sottolineano: “La tesi secondo cui la relazione di fatto del convivente sarebbe un mero strumento del possesso o della detenzione di altro soggetto, paragonabile a quella dell’ospite o del tollerato, è contraria alla rilevanza giuridica e alla dignità stessa del rapporto di convivenza di fatto, la quale - con il reciproco rispettivo riconoscimento di diritti del partner, che si viene progressivamente consolidando nel tempo, e con la concretezza di una condotta spontaneamente attuata - da vita, anch’essa, ad un autentico consorzio familiare, investito di funzioni promozionali

Concludendo, il nostro caro Paolo, per non subire l’azione di spoglio a tutela del possesso che Anna avrebbe potuto intentare, chiedendo contestualmente il risarcimento di tutti i danni che avesse sopportato, ha dovuto cedere il passo alle richieste della ex compagna e riaccoglierla in casa sino a quando la medesima non avesse trovato altra e più confacente soluzione aderente anche alle sue possibilità economiche. Un saluto a tutte le coppie di fatto!!!