lunedì 7 gennaio 2013

COLLISIONE CON ANIMALI: IL CONDUCENTE DANNEGGIATO DEVE FORNIRE LA PROVA DI RESPONSABILITA' DELLA P.A.



Non è raro imbattersi in un animale selvatico mentre si percorre, una strada di campagna o si affronta un tornante in montagna. Talvolta l’incontro “ravvicinato” con un capriolo, un cervo o un cinghiale, è talmente inatteso che l’incidente risulta del tutto inevitabile. Ogni anno infatti si registrano migliaia di casi di investimento di animali selvatici su tutto il territorio nazionale. Ma cosa bisogna fare quando si viene coinvolti in questo tipo di incidente? Spesso i danni (sia fisici che materiali), sono davvero ingenti. 


E’ bene sottolineare che in questi casi non risulta applicabile la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 (danni cagionati da animali) invocando un generico  dovere di custodia e di controllo sulla fauna selvatica, tanto più se collocata in aree protette, da parte della P.A. (Regione, Provincia o Enti di gestione). La fauna selvatica – si è osservato anche di recente – non sarebbe tale se  non potesse vivere, spostarsi e riprodursi liberamente sul territorio e nel proprio ambiente naturale (vedi Cassazione civile, sez. III, 06/10/2010, n. 20758) né, del resto, è plausibile pretendere che la P.A., al fine di prevenire incidenti con animali selvatici, provveda a dotare di recinzione o a segnalare indistintamente tutti i perimetri boschivi dove la fauna è solitamente stanziale (così Cass. 21 novembre 2008 n. 27673).

Fatta questa premessa, la responsabilità della P.A. non è esclusa ma va inquadrata nella disciplina generale della responsabilità extra-contrattuale (aquiliana) con tutte le conseguenze che questo comporta in ordine all’onere della prova. Infatti dei danni cagionati dagli animali selvatici,  che ai sensi della legge 27 dicembre 1977 n. 968 appartengono alla categoria dei beni patrimoniali indisponibili dello Stato, risponde l’Ente (Regione, provincia, Ente Parco, Federazione o associazione) a cui siano stati concretamente affidati nel singolo caso anche alla luce di quanto dispone la Legge n° 157 del 1992 laddove, tuttavia, ne venga individuato e provato un effettivo comportamento colposo. La prova della colpa (e quindi della responsabilità ai fini risarcitori) della P.A. o più specificamente dell’Ente incombe quindi al danneggiato. Ma cosa deve provare in concreto il conducente di un veicolo venuto a collisione con un’animale selvatico?  


Due recenti pronunce della giurisprudenza aiutano a capire l’onere che grava in capo al danneggiato per dare prova della responsabilità della P.A. nella determinazione del sinistro stradale.  Nel primo caso in esame il Tribunale ha ritenuto di respingere la domanda di risarcimento avanzata dall’attrice che, alla guida della propria autovettura, percorreva la S.P. 15 nella Provincia di Modena allorquando "un grosso capriolo improvvisamente balzava sulla strada ostruendo completamente la corsia di marcia" rendendo impossibile qualsivoglia efficace manovra di emergenza e quindi inevitabile l'urto con l'animale.  La parte danneggiata, nel corso del giudizio, riusciva a provare in via documentale il fatto nella sua materialità (ovvero l’avvenuta collisione con il capriolo sulla strada) e, per quanto alla responsabilità dello stesso sinistro,  deduceva che l’Ente convenuto (la Regione Emilia Romagna nella fattispecie) non aveva adottato, nell'ambito di quell'attività di indirizzo e di pianificazione cui è legislativamente tenuta, le cautele necessarie per la salvaguardia degli utenti delle strade. 


Il Tribunale di Modena tuttavia ha ritenuto che parte attrice avesse adottato il criterio di imputazione della responsabilità  previsto dalla dall'art. 2052 c.c. Infatti far dipendere unicamente dai  poteri di gestione, tutela e controllo della fauna selvatica che spettano all’Ente competente una sua responsabilità “automatica” ogni volta che si verifichi un qualsiasi incidente con coinvolgimento della fauna selvatica significa eludere l’onere probatorio che spetta al danneggiato ai sensi dell’ art. 2043 c.c.  che consiste nel provare un comportamento “soggettivamente” colposo, anche omissivo, in capo alla P.A. Per poter ravvisare una responsabilità soggettiva in tale senso è utile richiamarsi a quanto già affermato in precedenza dalla Suprema Corte che rileva puntualmente: "non possono essere pretese dall'Ente pubblico la recinzione e la segnalazione generalizzate di tutti i perimetri boschivi indipendentemente dalle loro peculiarità concrete e che, pertanto, sarebbe stato onere dell'attrice - appellata dimostrare che il luogo del sinistro fosse abitualmente frequentato da animali selvatici ovvero fosse stato teatro di precedenti incidenti tali da allertare le autorità preposte"(Cass. civ., sez. III, sentenza n. 7080, 28/03/2006).  


Nel caso qui portato ad esempio, la parte danneggiata nulla ha dedotto invece, per assolvere al proprio onere probatorio, relativamente ai due punti alternativi sopra indicati dalla Corte, ma, anzi, l'esame delle immagini fotografiche prodotte dalla stessa parte e relative allo stato dei luoghi evidenziava come il contesto ambientale fosse di aperta campagna ed assolutamente pianeggiante, dunque assolutamente diverso dall'ambiente montano e boschivo tipico della zona appenninica della Provincia di Modena in cui - ciò che costituisce nozione di fatto rientrante nella comune esperienza, ed utilizzabile ex art. 115 c.p.c. - la fauna selvatica è abbondante e non infrequente il suo attraversamento della sede stradale. Il Tribunale ha pertanto ritenuto che la dinamica del sinistro avesse caratteri statisticamente marcatamente improbabili ed imprevedibili e per tale ragione fosse inesigibile dalla Regione convenuta (come invece pretendeva la parte danneggiata) una preventiva azione di protezione e controllo sotto il profilo della generalizzata recinzione della sede stradale  ovvero di una generalizzata apposizione di cartelli la quale peraltro, proprio in quanto generalizzata ed indistinta, perderebbe qualsivoglia efficacia di segnalazione di pericolo (Trib. Modena Sez. I, Sent., 08-02-2012)


Il secondo caso, qui riportato, assume assoluto rilievo per meglio comprendere quali sono i criteri di imputazione della responsabilità ex art. 2043 alla P.A. in caso di collisione con animali selvatici. Il Tribunale, nella fattispecie concreta, ha accolto la richiesta risarcitoria di un conducente che, percorrendo la S.S. Ofantina, entrava in collisione con un cinghiale di grossa taglia che invadeva improvvisamente la carreggiata uscendo dai terreni fiancheggianti la strada. All’esito dell’istruttoria il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi riteneva di condannare l’Amministrazione Provinciale di Avellino richiamando, peraltro, una pronuncia della Suprema Corte secondo cui "la responsabilità per i danni cagionati dagli animali selvatici ai veicoli in circolazione dev'essere imputata all'ente cui siano stati concretamente affidati i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che tali poteri derivino dalla legge, sia che scaturiscano da concessione o da delega di altro ente; in quest'ultimo caso, occorre che sia conferita al gestore autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni" (Cass. Civ., Sez. III, 8 gennaio 2010, n. 80). 

Occorre sottolineare che la località teatro del sinistro risultava attigua ad una zona di ripopolamento della fauna selvatica e, per l’inciso, la Provincia risulta infatti titolare di una vera e propria "posizione di garanzia" sotto il profilo del controllo del territorio, inteso sia come necessità di proteggere il bene della fauna selvatica, sia come necessità di concretamente adoperarsi affinché la fauna stessa non cagioni danni a terzi.

La parte danneggiata, ai fini di acclarare la responsabilità dell’Amministrazione Provinciale nel sinistro, ha in primo luogo dimostrato, anche per testi, che il luogo del sinistro si trovava in una zona destinata al ripopolamento ed alla cattura della fauna selvatica (in particolare dei cinghiali) e, in seconda istanza, che nella zona predetta era del tutto assente sia la segnaletica di pericolo sia l’illuminazione del tratto stradale a cui la medesima Provincia doveva provvedere. Dimostrava, inoltre, che mancava del tutto nella zona, dove la popolazione dei cinghiali era numerosa, qualsivoglia recinzione atta a prevenire  l’immissione degli animali selvatici sulla sede stradale. 

Infine, la parte danneggiata provava inoltre la circostanza, confermata da altre dichiarazioni testimoniali, che su quel tratto di strada ebbero a verificarsi altri incidenti analoghi.  In buona sostanza la parte lesa è riuscita a fornire la prova, secondo quanto dispone il regime della responsabilità aquiliana (extra contrattuale) di cui all’art. 2043 c.c, del fatto illecito e del danno patito nonché del nesso causale tra il danno stesso e la condotta omissiva della Provincia per non avere adottato quelle misure idonee atte ad evitare che la fauna selvatica presente sul territorio arrecasse danni a terzi su quel tratto di strada laddove era invece prevedibile e probabile che ciò accadesse. Conseguiva pertanto la condanna dell’Amministrazione della Provincia al ristoro integrale dei danni subiti. (Trib. Sant'Angelo dei Lombardi, 19-05-2010).