Probabilmente molti di voi si ricorderanno quando, tempo fa, mi sono occupato del “Decreto del fare”, analizzando il tema relativo all’impignorabilità della prima casa da parte di Equitalia evidenziando, in particolare, le “nascoste” tutele e clausole di salvaguardia che lo stesso decreto ha previsto e mantenuto in favore dell’Agente della riscossione. Vi ricorderete inoltre che, in un successivo articolo, mi sono anche soffermato sulle conseguenze delle ipoteche iscritte da Equitalia sulle prime case, antecedenti al decreto, e sulle modifiche intervenute per effetto dell’entrata in vigore della normativa. Mi tocca ora ritornare sull’argomento, ahimè spinoso, del pignoramento delle case da parte di banche e finanziarie superando però i confini nazionali: questa volta, infatti, mi soffermerò su una recente e significativa sentenza della Corte di Giustizia Europea che pare, finalmente, voler mettere un freno ai pignoramenti di banche e finanziarie.
IL CASO In data 26 febbraio 2009, una signora di cittadinanza slovacca concludeva con una finanziaria un contratto di credito al consumo per la somma di 10.000 euro A garanzia del prestito, veniva costituita un’ipoteca sulla casa della ricorrente. Ciò significa che la creditrice (la finanziaria) si era assicurata in anticipo la casa della signora nel caso questa non avesse pagato. Quest’ultima, tuttavia, una volta compreso che il contratto dal lei sottoscritto conteneva delle clausole illegittime, vale a dire abusive, presentava ricorso avanti al Tribunale del suo Paese per chiedere l’annullamento del contratto di finanziamento e anche di quello che vincolava la casa in caso di mancato pagamento (l’ipoteca), adducendo, appunto, il carattere abusivo delle clausole contrattuali stipulate con tale impresa.
IL PRIMO GIUDICE ANNULLA L’IPOTECA Con sentenza di primo grado, il Giudice annullava in parte il contratto di finanziamento (o di credito), accertando e dichiarando che alcune clausole contrattuali erano abusive, e annullava integralmente il contratto costitutivo dell’ipoteca. In altre parole secondo il giudice slovacco l’ipoteca non era valida e andava annullata. Tale sentenza veniva successivamente impugnata dalla finanziaria; al Giudice d’Appello, veniva in particolare richiesto di accertare se una delle clausole del contratto costitutivo dell’ipoteca presentasse o meno carattere abusivo. La clausola in questione prevedeva la possibilità per la finanziaria di accaparrarsi il bene, appunto sottoposto a ipoteca, a semplice richiesta della creditrice senza far ricorso al giudice e, quindi attivando la sola procedura stragiudiziale. In altri termini, la clausola permetteva al creditore l’esecuzione sul bene, oggetto della garanzia, senza alcun controllo giudiziale.
IL GIUDICE D’APPELLO NAZIONALE SOSPENDE IL PROCEDIMENTO Ebbene, visto che le clausole contrattuali su cui il Giudice d’Appello doveva effettuare la verifica potevano essere considerate abusive ai sensi di quanto disposto nella direttiva CE 1993/13, quest’ultimo decise che la soluzione del procedimento dipendeva dall’interpretazione del diritto dell’Unione Europea.
LE QUESTIONI DEMANDATE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA In primo luogo, venne chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se le direttive 1993/13 e 2005/29, alla luce dell’articolo 38 della dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (che in sintesi prevede che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione per i consumatori), dovessero essere interpretate nel senso che è a loro contraria la disposizione normativa di uno Stato membro che consente al creditore, senza valutazione delle clausole contrattuali da parte di un Giudice, di esigere la prestazione derivante da clausole contrattuali abusive procedendo all’esecuzione sul bene immobile ipotecato, malgrado tra le parti esista una controversia con riguardo appunto all’esistenza o meno, all’interno del contratto, di clausole abusive.
SECONDA, TERZA E QUARTA QUESTIONE In secondo luogo, venne chiesto ai giudici europei se le suddette disposizioni normative comunitarie contrastassero con la norma del diritto interno del contenuto che ho già richiamato. E ancora, se nell’interesse del conseguimento dello scopo delle suddette direttive, alla luce dell’articolo 38 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, il Giudice nazionale dovesse disapplicare le disposizioni del diritto interno che consentono al creditore di esigere una prestazione derivante da clausole contrattuali arbitrarie procedendo in via esecutiva sul bene immobile dato in garanzia di proprietà del consumatore, senza alcuna valutazione delle clausole contrattuali da parte di un Giudice. Da ultimo, ma non certo per importanza, se l’articolo 4 della direttiva 1993/13 dovesse essere interpretato nel senso che una clausola contrattuale, inserita in un contratto concluso con un consumatore che consente al creditore di procedere all’esecuzione stragiudiziale sul bene dato in garanzia senza controllo di un Giudice, sia elusiva del principio fondamentale del diritto dell’Unione relativo al controllo giudiziale d’ufficio delle clausole contrattuali e sia, pertanto, abusiva anche in un contesto in cui la formulazione di tale clausola contrattuale proviene da una norma di diritto interno.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sulle questioni interpretative sottoposte al suo esame, la Corte sostanzialmente ha ritenuto che le disposizioni della direttiva 1993/13 CEE concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, debbano essere interpretate nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che consente il recupero di un credito, fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso la realizzazione stragiudiziale di una garanzia costituita sul bene immobile, qualora tuttavia tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la salvaguardia dei diritti che tale direttiva dispone a tutela del consumatore; tale valutazione deve essere effettuata da Giudice. In conclusione, quindi, il Giudice, in nome del principio secondo cui il diritto di abitazione è intangibile, può bloccare provvisoriamente la Banca o la Finanziaria che metta all’asta la casa se nel contratto sono presenti clausole abusive, ovvero tutte quelle clausole vietate dalle direttive summenzionate che impongono oneri particolarmente vincolanti a carico del consumatore e che la Banca o la Finanziaria hanno comunque fatto firmare al cliente per trarne vantaggio.
VENDITA FORZATA REVOCATA E IPOTECA ANNULLATA La vendita forzata dell’immobile può, quindi, essere immediatamente fermata, rendendo nulle tutte le procedure di vendita intervenute per effetto di ipoteca; ciò perché il diritto all’abitazione è intangibile in base alla normativa europea. Si tratta di un principio che vale non solo per la “prima casa” ma anche per tutti gli immobili adibiti ad abitazione. Sul punto, peraltro, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, brilla per la sua chiarezza ed importanza: “ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice […]”.
Avv. Roberto Carniel – Studio Comite