lunedì 13 febbraio 2017

ASSICURAZIONE: A "SUA INSAPUTA" SI PUÒ!


Il recente caso del Sindaco di Roma Virginia Raggi, che si è ritrovata, a sua insaputa, beneficiaria di due polizze assicurative stipulate da un’altra persona, ha riempito e tuttora riempie le pagine di giornali e telegiornali, suscitando polemiche politiche, sospetti di corruzione, sconcerto e ilarità fra quanti si chiedono come sia possibile che solo ai politici capiti di trovarsi ignari intestatari di proprietà, conti e ora anche di polizze sulla vita. Ma, in realtà, al di là della connotazione politica o del profilo investigativo giudiziario che la vicenda può assumere o rivestire, l’essere, senza saperlo, beneficiari di un rapporto contrattuale non è una cosa anomala, sospetta o vietata, anzi, è espressamente previsto e consentito dal nostro ordinamento. Vediamo in che modo ….


LO DICE IL CODICE CIVILE la norma di riferimento è l’art. 1411 per il quale, infatti, purché vi abbia un qualche interesse (patrimoniale, morale, affettivo), un soggetto stipulante può obbligare contrattualmente un altro soggetto promittente a eseguire una prestazione nei confronti di un terzo beneficiario, che, pur non essendo né diventando parte del contratto, ne riceve gli effetti in ragione del solo accordo intervenuto tra stipulante e promittente, uniche parti contrattuali. Si tratta del contratto a favore di terzo che, dato il carattere generale della sua previsione nell’art. 1411 del codice civile, si configura come un contratto tipo, che poi, a seconda della prestazione, che in concreto pone a vantaggio del terzo, può dare luogo a diverse ipotesi contrattuali specifiche. Infatti, il contenuto, che può assumere l’obbligazione del promittente nei confronti dello stipulante e a favore del terzo, può essere il più svariato, arrivando fino a consentire a quest’ultimo l’acquisto di un diritto reale o un proprio diritto a vantaggi assicurativi (Corte di Cassazione, II sezione civile, sentenza del 18/12/2015, n. 25528).

L’ASSICURAZIONE SULLA VITA A FAVORE DEL TERZO, prevista dall’art. 1920 del codice civile, infatti è una tipica applicazione concreta dell’istituto generale del contratto a favore del terzo, a cui si ricorrere per molteplici finalità concrete: dalla garanzia alla previdenza, alla liberalità. Pertanto, beneficiari ne possono essere sia persone che vivono con il contraente/stipulante e vivono del suo lavoro, sia persone estranee al contraente e che da esso non ricevono alcun sostentamento. Nel primo caso, il contratto assicurativo a favore di terzo ha uno scopo di previdenza. Ed è il caso tipico più frequente. Nel secondo caso, lo scopo pratico più frequentemente avuto di mira dal contraente, è la liberalità (Corte di Cassazione, III sezione civile, sentenza del 16/04/2015, n. 7683).

È UN ATTO INTER VIVOS! Infatti, sebbene l’erogazione della prestazione contrattuale sia collegata all’evento morte e solitamente, come si è detto, è posta in favore degli eredi legittimi del contraente (moglie e figli), secondo quanto stabilito dall’art. 1920, si tratta di un atto inter vivos, concluso con l’assicuratore dall’assicurato (il contratto di assicurazione), in virtù del quale il terzo beneficiario acquista un diritto proprio nei confronti dell’assicurazione. In tal modo chi beneficia può rivolgersi direttamente all'assicuratore per ottenere la prestazione. Il diritto, quindi, non entra a far parte del patrimonio ereditario e non può, quindi, essere oggetto delle eventuali disposizioni testamentarie né della devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima. Tant’è che il successivo art. 1923 del codice civile prevede, quanto alle somme dovute all’assicurato o al beneficiario, il divieto di azioni esecutive o cautelari, mentre, relativamente ai premi pagati, stabilisce che sono salve le disposizioni volte ad evitare che il contraente possa, attraverso la stipula dell’assicurazione e la corresponsione dei premi, eludere le norme poste a tutela dei legittimari. Quindi, l’attribuzione al terzo del diritto assicurativo non avviene in applicazione e per effetto della disciplina che regola la successione ereditaria (Corte di Cassazione, II sezione civile, sentenza del 21/12/2016, n. 26606).

È EVIDENTE quindi che, salvo (i sempre possibili) utilizzi abnormi o distorti o indotti di tale figura contrattuale, essa è di uso comune e non solo non richiede vincoli o legami specifici tra contraente e beneficiario, ma porta anche con sé la possibilità, a seconda dello scopo concreto con esso perseguito, che quest’ultimo sia all’oscuro del negozio concluso in suo favore.

Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando