mercoledì 12 ottobre 2016

CONDOMINIO: RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO SÌ O NO?


Si avvicina la stagione invernale e molti condomìni stanno già facendo i conti con l’accensione degli impianti di riscaldamento centralizzati, una delle cause più frequenti di discussione e discordia tra i condòmini, per i costi di esercizio e manutenzione e per gli orari di accensione, da essi percepiti come imposti dalla volontà condominiale piuttosto che decisi autonomamente, pur nel rispetto dei limiti fissati dalla regolamentazione (nazionale e locale). Per tali motivi, pertanto, non è raro che alcuni condòmini decidano di rinunciare al riscaldamento centralizzato, distaccandosi dall’impianto termico comune. Ma, a quali condizioni e con quali limiti è consentito tale distacco? E l’assemblea condominiale può opporsi o non ha alcuna voce in capitolo? 
 
PER IL CODICE CIVILE non è necessaria né richiesta alcuna autorizzazione o approvazione preliminare da parte dell’assemblea condominiale. Infatti, il condòmino, che voglia rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, può farlo, purché dal suo distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. Questa è l’unica condizione ovvero l’unico limite al distacco. Pur distaccato, tuttavia, il condòmino rimane obbligato al pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, nonché di quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condòmini. È quanto prevede espressamente l’ultimo comma dell’articolo 1118 codice civile, come modificato dalla legge n. 220/2012 (la cosiddetta Riforma del condominio). Per la norma, infatti, il condòmino, che si è distaccato dall’impianto centralizzato, continuando a rimanere comproprietario dell’impianto centrale (a cui potrebbe per assurdo tornare a collegarsi), continua anche ad essere obbligato a sostenere gli oneri relativi alla manutenzione e all’adeguamento del bene stesso (salva la possibilità di esonero con il consenso unanime di tutti i condòmini), nonché continua ad essere obbligato a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condòmini. Infatti, se il costo di esercizio dell’impianto (rappresentato anche dall’acquisto di carburante necessario per l’esercizio dello stesso) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non viene posta a carico del condòmino distaccante, gli altri condòmini sarebbero aggravati nella loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condòmino distaccato.

ANCHE LA GIURISPRUDENZA per la verità e prima ancora del Codice Civile, è pervenuta unanime alle medesime conclusioni, escludendo la necessità di una delibera condominiale in tutti quei casi in cui il distacco dal riscaldamento centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi dell’impianto, specificando che il condòmino distaccato è comunque tenuto a contribuire alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, nonché a quelle di gestione se, e nei limiti in cui, il distacco non porti con sé una diminuzione degli oneri del servizio, ed affermando che la delibera assembleare (a cui il distacco va comunque notiziato ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 1122 codice civile) che, pur in presenza delle suddette condizioni, si opponga al distacco, è nulla per violazione del diritto individuale del condòmino sulla cosa comune. (Corte di Cassazione, sentenza del 30/03/2006, n. 7518; Corte di Cassazione, sentenza del 25/03/2004, n. 5974; Corte di Cassazione, sentenza del 02/07/2001, n, 8924. Ma, si veda pure Corte di Cassazione, Sez. 2, sentenza del 30/04/2014, n. 9526; Corte di Cassazione, sez. 6, ordinanza del 16/09/2016, n. 18170).

UNA NORMA POCO APPREZZATA L’articolo 1118 del codice civile quindi, non avrebbe fatto altro che recepire, senza alcun ulteriore apporto o contributo, quello che già da tempo costituiva un pacifico orientamento giurisprudenziale. Tuttavia, proprio per questo suo asettico recepimento, sordo all’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta in materia energetica e di efficientamento energetico, la norma codicistica, pur andando incontro alle istanze condominiali, è stata scarsamente apprezzata. In primo luogo, infatti, non comparendo tra le norme inderogabili di cui al comma 4 dell’art. 1138 codice civile, la previsione in questione sembrerebbe derogabile dal regolamento o da accordi condominiali. Ma, soprattutto, ha ancora senso oggi distaccarsi dall’impianto centralizzato? Se, infatti, le motivazioni che spingono un condòmino a distaccarsene sono essenzialmente la libertà di accensione e il controllo della spesa, oggi tali esigenze possono essere soddisfatte anche restando collegati all’impianto centralizzato, attraverso la cosiddetta contabilizzazione del calore. Infatti, attraverso l’installazione di valvole termostatiche e sensori di temperatura, la contabilizzazione del calore consente ad ogni condòmino di avere allo stesso tempo un impianto centralizzato (che rimane) e una piena autonomia nella gestione del calore, scegliendo quando accendere o spegnere il riscaldamento, se aumentare o diminuire la temperatura interna (sempre entro i limiti di legge), e soprattutto di pagare solo la quantità di calore effettivamente consumato, e non più in base alle tabelle millesimali.

ENTRO IL 31 DICEMBRE 2016 proprio a tal fine infatti, il comma 5 dell’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 102/2014 obbliga, pena l’applicazione di sanzioni, i condomìni (con almeno due unità immobiliari) riforniti da una fonte di riscaldamento centralizzata, all’installazione, a cura del proprietario, di sotto-contatori per misurare l’effettivo consumo di calore per ciascuna unità immobiliare. Ove l’uso di sotto-contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali, per la misura del riscaldamento si ricorrerà, sempre a cura dei proprietari, all’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali, per quantificare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun corpo scaldante posto all’interno delle unità immobiliari dei condòmini.

QUINDI ferme restando la facoltà e l’opportunità di decidere in ogni momento e nei termini indicati il distacco dall’impianto centralizzato, sembra evidente come, almeno per l’immediato, i condomìni centralizzati debbano affrettarsi ad uniformare i propri impianti alle suddette prescrizioni, finalizzate a favorire il contenimento dei consumi energetici, per non incorrere nelle relative sanzioni.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando