lunedì 14 marzo 2016

PRODOTTO DIFETTOSO, SÌ AL RISARCIMENTO DANNI SOLO SE SI DIMOSTRA IL DIFETTO


Ognuno di noi, nella propria quotidianità, potrebbe entrare in contatto con beni che a causa di un difetto di fabbricazione causano un danno, patrimoniale e non patrimoniale. Esempi possono essere il caso di una bottiglia contenente una bevanda gassata che scoppia e cagiona una lesione al consumatore; il caso di un’altalena difettosa che causa un danno al bambino che ci sta giocando; il caso, piuttosto emblematico, deciso recentemente dalla Corte di Cassazione, riguardante un fustino di candeggina che esplode durante il suo normale utilizzo. Con quest’ultima sentenza, tra l’altro, i giudici di legittimità hanno colto l’occasione per precisare che cosa debba provare il danneggiato per ottenere il risarcimento danni. Non ogni danno è infatti risarcibile ma devono sussistere alcuni requisiti affinché i giudici possano accogliere una richiesta di risarcimento. Cerchiamo, allora, di comprendere un po’ meglio cosa si intenda, da un punto di vista giuridico, per responsabilità del produttore. 


LA SICUREZZA DEI PRODOTTI Il Decreto Legislativo n. 206 del 2005 dedica una serie di norme alla materia della sicurezza del prodotto commerciato. In particolare gli articoli 102 e seguenti fissano una serie di obblighi e divieti per il produttore e per il distributore, la cui violazione genera responsabilità per i danni cagionati al consumatore. Finalità propria di tale normativa è quella di porre in circolazione sul mercato beni che possano definirsi sicuri e che posseggano una qualità in linea con gli standard richiesti dalla legge. Per prodotto sicuro l’art. 103 del codice del consumo intende “qualsiasi prodotto […] che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l'installazione e la manutenzione, non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l'impiego del prodotto e considerati accettabili nell'osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone…”. Conseguentemente, un prodotto pericoloso sarà quel bene che non rientra nella definizione precedente e il cui impiego causa un grave rischio, di qualsiasi natura, per il consumatore. Oltre all’obbligo di immettere sul mercato solo prodotti sicuri (art 104 codice del consumo), il produttore ha l’onere di fornire informazioni circa la qualità e la sicurezza dei beni medesimi al fine di evitare che il loro normale uso possa cagionare pericoli e danni. La violazione di tutti questi oneri, così come più sopra ho ricordato, genera responsabilità del produttore che viene qualificata dai giudici come presunta, prescindendo dall’accertamento della sua colpevolezza.

CHI È IL PRODUTTORE? Uno degli aspetti maggiormente interessanti di tale normativa è capire chi sia il soggetto responsabile in caso di danno da prodotto difettoso. Generalmente è il produttore. Ma chi rientra in tale definizione? L’art. 103 alla lett. c) fornisce una definizione di tale professionista affermando che rientra nella nozione di produttore tanto il fabbricante del prodotto o chi si presenta come tale, quanto tutti quegli operatori la cui attività incide sulla sicurezza dei prodotti o ancora chi importa gli stessi. La giurisprudenza, tuttavia, ha negli anni allargato tale definizione per meglio fornire una risposta ai casi concreti. E infatti, i giudici di legittimità hanno riconosciuto tale qualifica anche al fabbricante di una sola componente del bene (tant’è che nel 2007 il Legislatore ha modificato l’art 115 positivizzando tale orientamento) o al venditore del prodotto qualora lo stesso non abbia comunicato al danneggiato, entro 3 mesi dalla richiesta di risarcimento, l’identità del reale produttore (così come si evince dall’art 116 del codice del consumo). Infine, è bene precisare che la responsabilità potrà essere attribuita anche al distributore ossia il professionista che si occupa della sola fase della commercializzazione del bene. 

PRODOTTO DIFETTOSO Produttore e fornitore, dunque, potranno essere ritenuti responsabili quando hanno messo in commercio un prodotto difettoso. Quando un bene può così qualificarsi ci viene detto dall’art. 117 del codice del consumo che, in forma generica, afferma: “Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere” e “se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie”. Occorre, tuttavia, tenere in considerazione una serie di circostanze indicate, a titolo esemplificativo, nella norma in commento. In primo luogo è necessario valutare tale sicurezza in relazione alle modalità con cui il bene si presenta al consumatore e, in particolare, al grado di esattezza e scrupolosità delle informazioni fornite allo stesso. Ad esempio, il prodotto potrebbe non essere del tutto sicuro se sull’etichetta non sono indicate tutte le controindicazioni legate all’uso di quel bene o se, ancora, le stesse non sono state tradotte in lingua italiana. Occorre, poi, guardare all’accuratezza della fase della progettazione del prodotto e all’uso che dello stesso può essere fatto, nonché dei comportamenti che è prevedibile chiunque possa tenere. Tutto ciò, però, dovrà essere valutato ponendosi al tempo in cui il bene è stato messo in circolazione e, quindi, alle conoscenze possedute in quel dato momento: per espressa previsione legislativa, infatti, “Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in commercio”. Ebbene, è possibile affermare che il concetto di difetto si ricollega sia al difetto di fabbricazione, sia alla carenza o assenza di informazioni sulla sicurezza e sull’uso del prodotto.

QUAL È IL DANNO RISARCIBILE? Per tale si intende sia il danno alle cose sia quello alle persone, quindi sia un danno patrimoniale che non patrimoniale (art 123 del codice del consumo). Con riguardo al secondo, per espressa previsione della norma, il produttore deve risarcire il consumatore per la morte o per lesioni personale causate dall’uso del prodotto. Per il danno, invece, a cose, il Legislatore ha voluto in parte limitare l’entità del risarcimento prevedendo un limite al di sotto del quale il consumatore non potrà ottenere alcun ristoro. Infatti, ai sensi del comma 2 dell’art 123 del medesimo codice il danno alle cose può essere risarcito solo se supera i 387 euro (previsione che è un po’ un retaggio del passato!). Si ha, altresì, diritto al ristoro quando a essere stato danneggiato o distrutto dal prodotto difettoso è un altro bene purché di normale uso privato. Occorre precisare due ulteriori aspetti importanti che si ricollegano al diritto al risarcimento, ossia la prescrizione e la decadenza dallo stesso. Per quanto attiene al primo profilo, è necessario proporre domanda giudiziale finalizzata all’accertamento della lesione di un diritto e al riconoscimento del danno che ne è conseguito, entro 3 anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe avuto conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile. Tuttavia è necessario coordinare tale termine triennale con quello decennale previsto per la decadenza in quanto, trascorso quest’ultimo lasso di tempo decorrente dal giorno in cui il bene è stato messo in circolazione, il diritto al risarcimento si estingue. 

CHE PROVA SI DEVE FORNIRE? Il Decreto Legislativo del 2005 chiarisce cosa debba provare in giudizio il danneggiato per ottenere il risarcimento. Trattandosi, come più sopra affermato, di una responsabilità presunta non occorre dimostrare la colpevolezza del produttore, bensì l’esistenza del difetto del prodotto. Pertanto, il primo onere probatorio da assolvere attiene proprio alla presenza di un difetto nel procedimento di fabbricazione ovvero l’assenza o carenza di istruzioni. È necessario, in altre parole, che il soggetto interessato dimostri che il bene non era sicuro. Ulteriore prova a cui è tenuto il danneggiato attiene al danno e, sul punto, la Cassazione è ben chiara nell’affermare che la prova di quest’ultimo elemento non può essere confusa con quella del difetto: sono due elementi che devono essere dimostrati singolarmente. Invero l’assenza dell’uno o dell’altro comporta l’impossibilità per il giudice di condannare il produttore a risarcire i danni patiti dal consumatore. In particolare, l’esistenza del danno non porta con sé la sussistenza del difetto e quindi della non sicurezza del prodotto, bensì “una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente per istituire la responsabilità del produttore” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 19 febbraio 2016, n. 3258). Ultimo elemento che, ai sensi dell’art 120 del codice del consumo, spetta al consumatore provare è il nesso di causalità tra i due elementi sopra detti. È necessario, cioè, che si dia dimostrazione che quel singolo danno patito dal soggetto sia diretta e immediata conseguenza di quello specifico difetto presente nel bene messo in circolazione dal produttore. Quest’ultimo, dal suo canto, per non essere condannato deve dimostrare l’esistenza di una delle cause di esclusione di responsabilità previste dall’art 118 del codice del consumo; esempio è l’assenza del difetto al momento della messa in circolazione del bene ovvero che lo stesso non era prevedibile dal produttore a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche. 


IN CONCLUSIONE La recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce, dunque, quando un prodotto può ritenersi difettoso e quale sia la prova che le parti coinvolte (danneggiato e danneggiante) debbano fornire nel giudizio. Il tutto in occasione dell’esame di un caso alquanto particolare, ossia lo scoppio di un fustino di candeggina che aveva causato danni. Proprio alla luce dei principi affermati i giudici di legittimità hanno stabilito che il danneggiato non aveva dimostrato l’esistenza di un difetto in quello specifico fustino e, pertanto, non sussistendo una presunzione favorevole al soggetto che chiedeva di essere ristorato hanno rigettato il suo ricorso confermando la sentenza della Corte di Appello di Roma. 

Avvocato Licia Vulnera - Redazione Giuridicamente parlando