lunedì 8 febbraio 2016

ANCHE LA MANO MORTA È VIOLENZA SESSUALE


Lo sapevate che la mano morta non è considerata dai giudici molestia bensì violenza sessuale? Ebbene sì, al di là del significato storico dell’espressione, da cui indubbiamente deriva, tale condotta si manifesta sia nella sopraffazione fisica della vittima sia nell’insidia dell’azione criminosa che si traduce appunto in una sorta di invasione nella sfera di libertà sessuale altrui. Quindi attenzione a fare gli spiritosi spingendovi alla palpatina mordi e fuggi o ad allungare semplicemente la manina mentre siete sul tram facendo finta di essere narcolettici, perché la condanna è certa. La palpata resta, infatti, sempre un toccamento qualunque sia la zona erogena interessata. Che sia dunque il seno, il fondoschiena o la coscia poco importa: se il palpeggio è indesiderato si consuma il reato di violenza sessuale e la condanna può essere decisamente pesante. Tutto chiaro? Vediamo però di capire insieme perché tanto rigore…


DA DOVE DERIVA L’ESPRESSIONE MANO MORTA? Nell’antichità con questo modo di dire si faceva riferimento a quei beni immobiliari che appartenevano a enti civili o religiosi che non decadevano mai e non passavano ad altri in virtù di una lontanissima legge longobarda. Questi beni, che non potevano essere venduti né cadere in successione, non erano quindi sottoposti ad alcuna tassazione. Il termine deriva dal francese main morte e indica appunto, un tipo di possesso rigido come la mano di un essere umano morto che quindi non lascia più ciò che teneva in mano perché è già nell’immobilità del rigor mortis. Oggi l’espressione viene utilizzata per rappresentare chi si prende delle libertà e tratta proprietà non sue come se lo fossero di diritto, mettendo la mano in parti intime del corpo altrui senza il permesso e con quella fissità tipica di chi non può più cambiare posizione.

PERCHÉ IL REATO È CONSUMATO E NON SOLO TENTATO? Le recenti sentenze di legittimità, ma anche di merito, hanno puntualizzato sul punto che la linea di demarcazione tra la consumazione del reato e il semplice tentativo sta nel fatto che quest’ultimo è configurabile solo quando gli atti idonei e diretti in modo non equivoco a perpetrare un abuso sessuale non si siano palesati in un contatto corporeo o quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal colpevole per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà di chi commette il fatto, ovvero l’agente (Corte d’Appello di Palermo, Sezione III penale, Sentenza del 6 luglio 2015, n. 2605; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 22.10.2014, n. 4674). In altre parole il colpevole può difendersi evidenziato di aver solo tentato la violenza (nel nostro caso il toccamento o appunto la mano morta) nell’unico caso in cui abbia solo sfiorato la vittima in un punto che quest’ultima non ritiene evidentemente erogena in mancanza di marcata reazione. Nella pratica il reo prova praticamente sempre a ottenere una derubricazione da reato consumato a solo tentato per ottenere uno sconto della pena.

L’ASSENZA DI VIOLENZA È IRRILEVANTE! Questo è quanto sottolineano gli stessi giudici, posto che ciò che conta affinché il reato si consideri, appunto, consumato è che il dissenso della persona offesa si sia manifestato immediatamente. Tale comportamento può, per la verità, manifestarsi anche nel compimento di un’azione criminosa insidiosamente rapida e tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà ponendola nell’impossibilità di difendersi. In altri termini se il dissenso della vittima è immediato il fatto che l’evento in sé non sia violento non conta nulla; il reato si è ugualmente consumato (Corte d’Appello di Palermo, Sezione III penale, Sentenza del 6 luglio 2015, n. 2605; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 22.10.2014, n. 4674). 

…COSÌ COME LA SODDISFAZIONE EROTICA DEL COLPEVOLE! Eh sì, altra circostanza irrilevante è proprio questa. Non ha alcuna importanza che il colpevole abbia raggiunto la propria soddisfazione sessuale palpando la vittima. Il toccamento è, comunque, avvenuto su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale, anche se in modo non completo e di breve durata. Questo è quanto viene sottolineato nelle pronunce. Così per esempio viene considerato consumato il toccamento della zona erogena del petto posta tra i due seni rientrando questa tra le parti intime della vittima (Corte d’Appello di Palermo, Sezione III penale, Sentenza del 6 luglio 2015, n. 2605; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 22.10.2014, n. 4674).

PARTI INTIME SONO ANCHE… I giudici della Suprema Corte hanno a più riprese evidenziato che parti intime sono anche le zone interne delle gambe, le cosce e l’immancabile fondoschiena o gluteo. E infatti non hanno mancato di confermare, in sede di legittimità, le condanne già inflitte dai giudici di merito a tre uomini colpevoli di aver posto in essere palpeggiamenti in queste zone erogene, senza che agli stessi venisse attribuito il reato di molestia, punito meno gravemente dal nostro legislatore. A nulla, dunque, sono valse le arringhe dei difensori i quali avevano appunto invocato l’applicazione della pena prevista per la molestia. In particolare, il fatto che la vittima indossi un lungo cappotto non vale a ritenere che si potesse trattare della condotta meno grave di molestia in quanto gli atti posti in essere dall’accusato avevano una chiara connotazione sessuale. E ancora, il toccamento non casuale dei glutei, o di altre parti anatomiche sensibili è da considerare violenza sessuale, anche se il colpevole è soggetto culturalmente rozzo. Idem per il palpeggiamento sulle cosce avvenuto in corriera (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 4 ottobre 2013, n. 40973; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 20 marzo 2009, n. 12101; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza n. 1257 del 2006).

IN CONCLUSIONE Forse a qualche maschietto sarà venuto da sorridere leggendo queste poche righe immaginando che il fatto in sé sia poca cosa. In realtà non è così, poiché vi assicuro che le vittime di tali eventi restano scioccate e reputano tali episodi davvero come un’ingerenza della sfera sessuale non gradita e rifiutata. In sintesi le sensazioni emotive sono le medesime, anche se in forma attenuata, di chi purtroppo subisce la drammatica esperienza della violenza che si concretizza con l’atto sessuale completo. Le decisioni in parola appaiono dunque corrette e giustamente severe!


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite