mercoledì 9 dicembre 2015

PRIVACY: VIENE VIOLATA SE SI FANNO REGISTRAZIONI DI NASCOSTO?


Qualche settimana fa mi è capitato di leggere un articolo che narrava di un episodio in cui erano stati coinvolti alcuni studenti, i quali erano stati sospesi poiché colti dall’insegnante a riprenderlo con il cellulare, durante la lezione. Il video in questione era poi stato condiviso attraverso WhatsApp allo scopo di ridicolizzarlo. Storie come queste non sono certamente rare nel mondo della scuola, dove l’uso e l’abuso degli smartphone ha portato, nei casi più gravi, fino ad episodi di cyberbullismo e a denunce di insegnanti la cui privacy è stata violata dalle registrazioni effettuate di nascosto da qualche studente. Ma, questa delle registrazioni, occulte o fraudolente e del loro impatto sulla privacy, è una questione molto dibattuta non solo nel mondo della scuola e, anzi, ha formato oggetto di diverse sentenze della Corte di Cassazione, sia civile sia penale, con orientamenti talvolta confliggenti tra loro. Di recente, si è ritornati a parlarne in occasione della riforma del processo penale, attualmente all’esame del Senato. Cerchiamo, allora, di capire...


si parla di registrazioni occulte o fraudolente per indicare le registrazioni, in genere fonografiche, di una conversazione, di un colloquio, di una telefonata, effettuate da un soggetto che vi partecipa o comunque è ammesso ad assistervi, all’insaputa degli altri partecipanti. Esse si distinguono dalle intercettazioni proprio per il diverso ruolo che riveste la persona che registra, che nelle intercettazioni è un soggetto terzo rispetto ai partecipanti alla discussione o alla telefonata oggetto della registrazione, che pertanto è disciplinata in modo specifico. Proprio perché effettuate all’insaputa dei soggetti registrati, si è generalmente portati a ritenere che le registrazioni occulte possano determinare una violazione della privacy delle persone inconsapevolmente registrate. Ma è proprio così?

Il garante per la protezione dei dati personali non si è pronunciato espressamente sull’argomento, ma ha fornito alcune indicazioni di carattere generale nel vademecum del 2010 dedicato al mondo della scuola, dal titolo “La privacy tra i banchi di scuola”. Nella breve guida, l’Autorità ammette le registrazioni delle lezioni e l’utilizzo di videofonini e di apparecchi per la registrazione di suoni e immagini, purché siano per scopi personali (per esempio, per motivi di studio individuale) e sempre nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone coinvolte, in particolare della loro immagine e dignità. Laddove, infatti, se ne faccia un diverso utilizzo o un’eventuale diffusione, anche su Internet, l’Autorità ritiene necessario che se ne informino preliminarmente ed adeguatamente le persone coinvolte nella registrazione e se ne ottenga l’esplicito consenso. Quindi, ragionando in un contesto generale, sembrerebbe che, ai fini della tutela della privacy, non importi come viene effettuata la registrazione (in modo palese o in modo occulto), quanto piuttosto che non finisca in un ambito pubblico e non sia lesiva per l’immagine e la dignità delle persone registrate, richiedendosene solo in tal caso l’esplicito consenso e quindi la conoscenza e la consapevolezza della registrazione.

la giurisprudenza si è occupata in diverse pronunce del binomio registrazioni occulte/tutela della privacy, giungendo però a conclusioni diverse a seconda che se ne sia occupata in sede civile o in sede penale. In sede civile, infatti, la Corte di Cassazione ha censurato come lesivo del diritto alla riservatezza dei colleghi il comportamento di un dipendente che ne aveva registrato e diffuso le conversazioni in ambito lavorativo allo scopo di utilizzarle per provare il mobbing nei suoi confronti (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza del 21 novembre 2013, n. 26143). La giurisprudenza penale, invece, ammette oramai pacificamente la liceità delle registrazioni occulte sia quali valide prove documentali di un fatto storicamente avvenuto e penalmente rilevante sia sotto il profilo del Codice della Privacy. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, le registrazioni occulte equivalgono a una presa di appunti scritti, sono una modalità di conservazione di un momento storico e, purché siano effettuate all’interno di determinati limiti e, comunque, non siano destinate ad una diffusione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui, non sono censurabili neppure dal Codice della Privacy. Quindi, è lecito registrare una conversazione tra soggetti presenti (chi dialoga accetta il rischio che la conversazione possa essere registrata) e non c’è alcuna violazione della privacy se la conversazione viene diffusa esclusivamente per la tutela di un diritto. In questi casi, infatti, per i giudici di legittimità non si configura alcun trattamento illecito di dati, di cui all’articolo 167 del D.Lgs. n. 196/2003, che presuppone una diffusione solo per trarne un vantaggio proprio o altrui o per recare un danno ad altri (Corte di Cassazione, I sezione penale, sentenza 8 giugno 1999, n. 7239; Corte di Cassazione, III sezione penale, sentenza 13 maggio 2011, n. 18908; Corte di Cassazione, III sezione penale, sentenza 6 marzo 2013, n. 10277).

OCCORRE DISTINGUERE CIò CHE è LECITO DA CIò CHE NON LO è Volendo incardinare la questione all’interno del Codice della Privacy cercandovi una risposta alla domanda di partenza che non si limiti solo ad un contesto penale, come ha fatto la giurisprudenza ora ricordata, possiamo richiamarci al combinato disposto dei suoi articoli 13, comma 5, lettera b), e 24, lettera f), secondo cui il trattamento dei dati personali può essere effettuato anche senza la condivisione dell’informativa di cui all’articolo 13, comma 1, del Codice medesimo ed in difetto del consenso quando, con esclusione della diffusione, esso è finalizzato a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Al di fuori di queste condizioni, quindi, si configurerà senz’altro una violazione dell’altrui riservatezza a cui corrisponderà, sotto un profilo penale, un delitto che l’art. 30 del disegno di legge di riforma del processo penale vuole appunto imputare a chi diffonde, al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente, salvo che le registrazioni o le riprese siano utilizzate nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.

IN CONCLUSIONE occorre tenere a mente tali criteri per evitare che un’azione legittima si trasformi in un illecito giuridicamente rilevante e per ciò stesso sanzionabile, anche eventualmente in sede penale.

Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando