venerdì 11 dicembre 2015

INTERNET: BITCOIN QUESTA SCONOSCIUTA, GIURIDICAMENTE PARLANDO!


Questo post vorrei dedicarlo a un tema che per i puristi del diritto potrà sembrare non attinente alla materia giuridica, ma che ha attratto la mia attenzione sia perché se ne è parlato all’indomani dei drammatici attentati di Parigi dello scorso 13 novembre, sia perché credo che prima o poi dovrà essere oggetto di regolamentazione giuridica a livello internazionale. Mi riferisco al bitcoin, una moneta elettronica che, secondo la carta stampata e l’informazione televisiva, costituisce una delle forme occulte con cui il terrorismo, sempre più informatizzato e tecnologico, finanzia le proprie operazioni in tutto il mondo. Infatti, sfruttando la velocità e la globalità di Internet e consentendo di effettuare transazioni istantanee ed in forma anonima, quindi non tracciabile, il bitcoin ben si presta a finalità illecite in genere. Ma cos’è il bitcoin? Esiste una qualche forma di regolamentazione e controllo? E, in Italia, come viene considerato dal punto di vista giuridico?
il Bitcoin è una valuta virtuale Le valute virtuali non sono emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica, ma esistono e circolano solo in formato elettronico. Quindi, non sono moneta legale, non sono sottoposte ad alcuna regolamentazione e non vanno confuse con i tradizionali strumenti di pagamento elettronici (carte prepagate, carte di credito, ecc.). Nato nel 2009 e divenuto in poco tempo sempre più utilizzato in tutto il mondo, è oggi oggetto di diffidenze e di analisi del mondo creditizio e finanziario, che intravede pericoli ma anche notevoli potenzialità. Creare bitcoin è semplice: basta installare sul computer o sul cellulare software libero per disporre di un portafoglio digitale ed essere in grado di effettuare transazioni verso chiunque disponga di un indirizzo Bitcoin, con un sistema simile a quello delle e-mail.

NESSUNA POSSIBILITÀ DI CONTROLLO Tale sistema tuttavia rende impossibile alle autorità il sequestro e qualsiasi intervento, perché è un sistema one way nel quale non è possibile annullare la transazione una volta effettuata e crittografato per garantire la segretezza e la sicurezza delle transazioni. Con un semplice clic, si possono effettuare transazioni e movimentare grosse quantità di denaro, e una volta a destinazione, i bitcoin si materializzano, al momento del cambio, nella moneta legale voluta. Questa semplicità di utilizzo, l’anonimato, l’assenza di intermediari, la velocità e l’accessibilità da qualunque posto, hanno permesso al bitcoin di diventare in pochi anni largamente utilizzato soprattutto nei Paesi d’Oltreoceano, dove esistono addirittura bancomat per bitcoin. Ma, nonostante la diffusione e il potenziale uso illecito, alcuni timidi tentativi da parte di alcuni Paesi di regolamentarli e l’interesse che cominciano a dimostrare governi, banche centrali ed autorità di vigilanza, ad oggi non esiste ancora una regolamentazione giuridica dei bitcoin, di cui è incerta la stessa natura: denaro? Strumento finanziario? Bene immateriale?

in Italia il legislatore non si è ancora occupato di questo fenomeno A parte una certa dottrina tecnica, infatti, l’unica autorità pubblica nazionale che si è espressa in termini negativi sulle valute virtuali è stata la Banca d’Italia con una comunicazione del 30 gennaio 2015. Con questa comunicazione, che fa da contrappeso ai toni entusiastici e rassicuranti di chi lavora nel mondo delle valute virtuali, la stessa ha invitato banche ed intermediari vigilati a tenere un atteggiamento prudenziale nei confronti delle valute virtuali e a tenere conto dei possibili rischi derivanti dal loro scambio e dalla loro detenzione: gravi perdite o furti, fallimento delle piattaforme di scambio, attività di riciclaggio e altre condotte criminali. Rischi derivanti proprio dall’attuale assenza di adeguati presidi e di un quadro legale certo circa la natura giuridica delle valute virtuali. D’altronde, con questa comunicazione la Banca d’Italia non ha fatto altro che recepire quanto sostenuto dall’Autorità Bancaria Europea (European Banking Authority, EBA) in un parere pubblicato a luglio del 2014 per promuovere un processo di convergenza regolamentare a livello europeo e auspicare un intervento delle istituzioni finalizzato a definire un quadro normativo armonizzato, che riservasse l’operatività a soggetti autorizzati e definisse i requisiti in materia di capitale e disciplina dei partecipanti al mercato e la protezione dei conti della clientela. A ridare nuova linfa ai bitcoin dopo la battuta d’arresto determinata dal parere dell’EBA e a chiarirne, in qualche modo, anche la natura giuridica ci ha pensato di recente …

NUOVA LINFA DALla Corte di giustizia dell’Unione europea che, occupandosi del caso di un cittadino svedese che intendeva fornire servizi consistenti nel cambio di valute tradizionali in bitcoin e viceversa, ha stabilito che, la moneta virtuale è un mezzo di pagamento puro e va, pertanto, esonerata dal versamento dell’IVA (Corte di Giustizia Europea, Sentenza del 22 ottobre 2015, Causa C-264/14), chiarendone, in qualche modo, anche la natura giuridica.

concludendo è evidente che viviamo nell’era in cui l’evoluzione tecnologica, la digitalizzazione e la dematerializzazione corrono più velocemente del diritto, creando strumenti potenzialmente molto utili in quanto annullano le distanze, sono accessibili a tutti e portano progresso e sviluppo. Si deve però considerare il rovescio della medaglia, certi strumenti sono altrettanto pericolosi e insidiosi in quanto, sfuggendo alla comprensione e alla disciplina giuridica, contengono il rischio concreto di annullare o svuotare di significato i diritti inviolabili, la tutela e gli interessi, pur se sanciti in carte costituzionali e trattati internazionali.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando