mercoledì 11 novembre 2015

PRIVACY: L’OCCHIO INDISCRETO DEI DRONI SUI DATI PERSONALI


Il loro primo utilizzo è stato nel campo militare, come bersagli volanti per le esercitazioni militari, per spiare, raccogliere informazioni e sferrare attacchi mirati in territori di guerra. Poi, poco alla volta sono divenuti sempre più diffusi, impiegati anche in ambito civile e per gli scopi più svariati. Sto parlando dei droni, velivoli telecomandati dotati di telecamere e di sistemi di rilevazione, che oggi sono largamente utilizzati nel settore agricolo, per rilevare lo stato del terreno e delle colture; in quello ingegneristico ambientale, per visionare aree o strutture inaccessibili e pericolose e per monitorare l’inquinamento; in quello architettonico urbanistico, per effettuare rilievi e mappature; in quello dell’emergenza, per portare soccorsi e cercare superstiti; in quello della sicurezza, per effettuare sorveglianze; in quello dell’intrattenimento e del turismo, per fare riprese e filmati. Ma proprio la loro rapida diffusione ne ha evidenziato criticità e problematicità legate soprattutto alla privacy di quanti entrano in contatto con loro. Cerchiamo, allora, di capire meglio. Tanto per cominciare …


I DRONI NON SONO GIOCATTOLI Non tutti forse sanno che, per poterli utilizzare, è necessaria un’autorizzazione da parte dell’ENAC, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile. A questo riguardo, il nuovo Regolamento ENAC dei mezzi aerei a pilotaggio remoto, Edizione n. 2 del 16 luglio 2015, entrato in vigore lo scorso 15 settembre, distingue i droni dagli aeromodelli. Sono droni i mezzi aerei a pilotaggio remoto che vengono impiegati o destinati all’impiego in attività scientifiche, di sperimentazione e ricerca, o in operazioni specializzate (riprese cinematografiche, televisive e servizi fotografici, sorveglianza del territorio o di impianti, monitoraggio ambientale, impieghi agricoli, fotogrammetria, pubblicità, addestramento). Essi rientrano nella definizione di aeromobile di cui all’articolo 743 del Codice della Navigazione, alle cui previsioni sono soggetti secondo quanto previsto dal Regolamento ENAC, e per essi, pertanto, è necessaria l’autorizzazione. Sono aeromodelli, invece, quei mezzi aerei a pilotaggio remoto che non sono considerati aeromobili e non sono soggetti ad autorizzazione, in quanto possono essere utilizzati esclusivamente per impieghi ricreazionali e sportivi e, quindi, più limitati e circoscritti, almeno nelle intenzioni. Infatti, nella realtà

non è così netta la distinzione tra droni e aeromodelli La mancanza di istruzioni ed informazioni da parte dei produttori e degli stessi rivenditori sull’uso corretto di questi apparecchi, sia rispetto alle norme del Regolamento sia rispetto ai diritti fondamentali delle persone che possono esserne interessati, rischia di far sviare dal dettato normativo e di determinare un uso improprio ed incontrollato di questi apparecchi soprattutto sotto il profilo della sicurezza (pur essendovi nel Regolamento specifiche disposizioni e limitazioni applicabili anche all’impiego degli aeromodelli) e della riservatezza (ampliandosene le potenziali occasioni di violazione). Ciò ancor più se si pensa che oggi tali apparecchi sono praticamente accessibili a tutti, potendosene trovare in commercio (e non solo in negozi specializzati) un’ampia varietà, con prezzi che vanno dall’economico al costoso e con funzioni e prestazioni che vanno dal basilare (giusto per imparare) al professionale. È per questo che, a margine del Regolamento, l’ENAC ha aggiunto che a distinguere tra droni e aeromodelli non è solo la modalità d’uso ma anche la presenza di dispositivi e strumenti che possano prospettare l’uso del mezzo in operazioni specializzate. Quindi, un aeromodello usato per scopo ricreativo con una telecamera a bordo ben potrebbe essere considerato drone a tutti gli effetti ed essere quindi soggetto ad autorizzazione. Ma, di fatto, continua a non esserci un effettivo controllo sull’uso che si fa e sulle strumentazioni, attuali o potenziali, di questi apparecchi che, per le dimensioni relativamente piccole e le capacità di volo, sono idonei a interferire in modo sensibile con la privacy delle persone. Oggi è possibile infatti acquistare un drone super attrezzato, il massimo che offre la tecnologia, ed utilizzarlo liberamente senza che nessuno controlli che ci sia l’autorizzazione o l’uso che se ne fa o che sia addirittura a conoscenza dell’acquisto stesso.

in mancanza di norme specifiche, non ci viene incontro neppure il regolamento enac Il suo articolo 34, infatti, oltre a fare un generico rinvio al Decreto Legislativo n. 196/2003, al comma I, si limita a stabilire che, laddove le operazioni svolte attraverso un drone possano comportare un trattamento di dati personali, tale circostanza deve essere menzionata nella documentazione sottoposta ai fini del rilascio della pertinente autorizzazione. Appare evidente, infatti, che nel momento in cui è possibile, come si è detto, utilizzare i droni senza che sia stata richiesta l’autorizzazione, la norma perda ogni efficacia e valore. Per questo motivo,

le Autorità nazionali ed europee in materia di privacy si stanno occupando dEL fenomeno che è diventato di interesse generale e richiede una disciplina che tuteli effettivamente la privacy, che oggi più che mai è sentita come un diritto fondamentale in un mondo in cui paradossalmente tutto è oramai condiviso. Proprio lo scorso 16 giugno 2015, infatti, le Autorità di protezione dei dati personali degli Stati membri riunite nel Gruppo di lavoro ex articolo 29, meglio noto come WP29, hanno elaborato l’Opinion 01/2015 on Privacy and Data Protection Issues relating to the Utilisation of Drones, con cui si sono fornite raccomandazioni operative per gli obblighi di informativa e per il rispetto dei principi di liceità, trasparenza, necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, nel trattamento di dati personali a mezzo droni. Più precisamente, il WP29, pur riconoscendo l’enorme progresso raggiunto dalla tecnologia attraverso i droni e pur ribadendo il concetto che non è l’uso in sé a presentare criticità ma piuttosto gli effetti potenzialmente invasivi e lesivi che il loro uso può produrre senza che le persone se ne rendano neppure conto, ha indicato ai soggetti coinvolti nella filiera una serie di misure minime da adottare. Così, tra le varie misure, gli operatori avranno l’obbligo di verificare la necessità o meno di richiedere l’autorizzazione e di fornire informative tenendo conto della specificità delle operazioni volta per volta effettuate; i legislatori, nazionale ed europei, ed i regolatori di settore dovranno introdurre e rafforzare le norme che consentono l’utilizzo dei droni nel rispetto dei diritti fondamentali; i costruttori dovranno fornire informazioni agli utilizzatori, adottare misure di privacy by default (cioè, le impostazioni predefinite devono essere quelle che garantiscono il massimo rispetto della privacy), la promozione di codici deontologici, l’adozione di misure per rendere il più possibile visibile ed identificabile un drone.

concluDENDO non so se queste misure, che dimostrano comunque una maggiore sensibilità e comprensione verso la problematica, siano veramente idonee e sufficienti a garantire pienamente la riservatezza delle persone. Certamente, però, sarebbe auspicabile che i legislatori, nazionali ed europei, a cui è dato il compito di introdurre e rafforzare la regolamentazione specifica, prevedessero forme di controllo più incisive e puntuali, che intervengano là dove il senso di responsabilità di chi produce, vende ed utilizza i droni non è da solo sufficiente a tutelare quanti entrano in contatto con questi mezzi. Essi, infatti, con le strumentazioni di cui sono dotati, sono in grado di vedere, ascoltare, localizzare, georeferenziare e registrare, senza essere a loro volta visti o minimamente percepiti. Indubbiamente, la strada da percorrere è ancora lunga e tortuosa, soprattutto se pensiamo che nel nostro ordinamento anche la sola immagine della persona costituisce dato personale, rilevante ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b), del Decreto Legislativo n. 196/2003, trattandosi di dato immediatamente idoneo a identificare una persona a prescindere dalla sua notorietà (Corte di Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 2 settembre 2015, n. 17440).


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando