lunedì 7 settembre 2015

SEPARAZIONE: AD AGOSTO MARITO MIO NON TI CONOSCO!


Ecco che ci risiamo! Anche l’estate appena passata ha mandato all’aria più di un matrimonio. La cosa singolare è che, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, non sono stata contattata da mogli disperate e affrante per la scoperta della scappatella e del tradimento del maritino rimasto a casa per gli improrogabili impegni lavorativi agostani; almeno sino ad oggi. Questa volta, ancor prima che il mese finisse, mi hanno contattata ben tre mariti traditi. Il lessico, epurato dalle espressioni colorite, sulle quali per decoro sorvolo, è sempre lo stesso: “avvocato mia moglie mi tradisce e non è la prima volta. Sono disperato, arrabbiato, deluso e amareggiato. Voglio la separazione e voglio fargliela pagare; non può farla franca ancora e io mi sono stufato di far la parte del gran cornuto! Pensi che ha persino confessato in presenza di nostro figlio, ma sono sicuro che al momento giusto ritratterà tutto. Che faccio? La mia vita non ha senso e mi pare così assurdo dover impegnare dei denari per raccogliere prove che possano essermi d’aiuto nel futuro processo per separazione. Sono confuso e non so proprio che fare”. Questo, in sintesi, è ciò che accade. Vi risparmio ogni disquisizione sulla differenza di approccio al problema tra uomini e donne poiché l’infedeltà è, e resterà sempre, uno dei più grandi traumi che affronta il tradito a prescindere dal sesso di quest’ultimo e dal significato sociologico che si attribuisce al fenomeno. Ritengo, invece, utile soffermarmi su alcune questioni giuridiche affrontate di recente dai giudici che possono essere d’aiuto a tutti coloro che vivono questa dolorosa esperienza… 

L’APPROCCIO SOCIOLOGICO AL TRADIMENTO È CAMBIATO! È un fatto ormai assodato che al giorno d’oggi le occasioni di tradimento, sia per i maschi sia per le femmine indistintamente, siano aumentate. E, infatti, se per gli uomini tradire è un fenomeno rimasto immutato nel corso del tempo poiché culturalmente accettato anche in passato, per le donne, invece, l’approccio al tradimento è profondamente cambiato: oggi le donne hanno indubbiamente maggiori occasioni di incontro non essendo più esclusivamente impegnate con la cura della casa e dei figli. Spesso lavorano fuori casa, hanno interessi e hobby che coltivano senza limitazioni, viaggiano sole e spesso, per motivi diversi, rincasano tardi. Anche le casalinghe, tra l’altro, non sono più isolate e hanno numerose occasioni di socialità, anche grazie all’uso di internet. La fedeltà è considerata, quindi, per taluni una scelta ancorata all’esistenza di determinati valori. Per molti altri, invece, è un fatto legato allo star bene con qualcuno; quando, dunque, tale condizione di benessere cessa, molto semplicemente ci si lascia. Sono, peraltro, convinta che l’individualismo e il consumismo, criteri intorno ai quali si incentra la società attuale, favoriscano la tendenza al tradimento. Emergono, infatti, in primo luogo i bisogni personali e, spesso, prevalgono su quelli di coppia. L’infedeltà è quindi una delle possibili esperienze cui è naturalmente esposta la coppia. È, dunque, un fenomeno che viene per lo più tollerato sia socialmente sia nelle aule di tribunale. 

SE IL TRADIMENTO È CAUSA DELLA ROTTURA, VA PRONUNCIATO L’ADDEBITO Tenuto in debito conto quello che è ormai il comune sentire sul concetto di fedeltà senza dimenticare che è comunque uno degli obblighi che discendono dal matrimonio, occorre sottolineare che il tradimento, nell’ambito di un rapporto di coniugio, assume rilevanza giuridica esclusivamente quando assurge a causa primaria della fine del matrimonio. Ciò significa che deve rappresentare la causa unica ed esclusiva dell’intollerabilità della convivenza. Tale concetto è bene espresso in moltissime decisioni sia di merito sia di legittimità. In particolare la giurisprudenza evidenzia che “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile”. In altre, e più semplici, parole l’addebito della separazione al coniuge fedifrago è giustificato tutte le volte in cui il tradimento costituisce la causa principale dell’intollerabilità della convivenza (Tribunale di Trento, Sezione civile, Sentenza del 9 marzo 2015, n. 249; Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 14 febbraio 2012, n. 2059).

…MA NON SE È SOLO L’EFFETTO DI UN MATRIMONIO GIÀ IN CRISI! Qualora il coniuge infedele, accusato di violazione dell’obbligo di fedeltà e ritenuto quindi responsabile unico della fine del matrimonio, riuscisse a dimostrare che il tradimento non è la causa ma l’effetto di un vita coniugale già intollerabile per cause diverse e remote, l’addebito non potrà essere pronunciato dai giudici. Ciò accade più spesso di quanto non si pensi, poiché nella maggior parte dei casi il tradimento è solo la causa più prossima mentre, in realtà, il rapporto di coppia è già insanabilmente incrinato. La prova viene fornita in genere ricorrendo a testimonianze che attestano l’incompatibilità caratteriale data da continui litigi o dalle frequentazioni diverse, dalla circostanza che difficilmente la coppia condivide momenti di socialità insieme e così via. È chiaro che tutte le volte in cui l’infedele non riesca a provare che la convivenza era solo formale, e già divenuta intollerabile, sarà ritenuto responsabile della fine del matrimonio ed a lui verrà addebitata la separazione (Tribunale di Trento, Sezione civile, Sentenza del 9 marzo 2015, n. 249; Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 15 Luglio 2014, n. 16172; Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 14 febbraio 2012, n. 2059).

IL TRADIMENTO PUÒ ESSERE PROVATO ANCHE CON LE TESTIMONIANZE DEI FIGLI Nel recente caso affrontato dal Tribunale trentino, i giudici hanno sostanzialmente ammesso la testimonianza della figlia maggiorenne la quale aveva letto sul telefono del padre alcuni sms da cui si evinceva inequivocabilmente che lo stesso intratteneva una relazione extraconiugale. L’amante, infatti, scriveva “sei la luce dei miei occhi”, “oggi piove si vede che non ci sei”; oltre a ciò la figlia aveva assistito ad uno dei litigi avvenuti tra i genitori in cui il padre confessava la relazione e prometteva che sarebbe finita. Nonostante, tale dichiarazione, peraltro il coniuge fedifrago aveva abbandonato l’abitazione coniugale senza farvi più rientro. Il Tribunale, quindi, ha sottolineato che “la deposizione in questione, non smentita da elementi di segno contrario, costituisce, di fatto, prova di una confessione stragiudiziale del convenuto, in virtù della quale può ritenersi dimostrato che in costanza di convivenza con la moglie lo stesso ebbe effettivamente a intrattenere una relazione extraconiugale” (Tribunale di Trento, Sezione civile, Sentenza del 9 marzo 2015, n. 249). Mi sento allora di poter confortare uno dei poveretti che si è rivolto a me; qualora volesse insistere con l’addebito della separazione a carico della moglie traditrice, potrà farlo senza dover fare necessariamente ricorso all’opera di un investigatore. La testimonianza del figlio, anch’esso già ampiamente maggiorenne, sarà ritenuta sufficiente. 

OPPURE CON IL SOLO REPORTAGE FOTOGRAFICO DELL’INVESTIGATORE Qualora, invece, per le ragioni più diverse non si volesse o non si potesse far ricorso alla testimonianza di un figlio o di una persona terza, l’unica via per dimostrare il tradimento è quella di incaricare un professionista che documenti la circostanza. Recentemente, peraltro, con un netto revirement rispetto al precedente orientamento, il Tribunale meneghino ha affermato che non è necessaria la testimonianza del detective a conferma della prova atipica del dossier fotografico, laddove il contenuto del reportage non sia stato sostanzialmente contestato dal coniuge beccato in flagranza di tradimento. In applicazione, quindi, del principio di non contestazione è stato pronunciato l’addebito della separazione a carico del marito fedifrago (Tribunale di Milano, Sentenza del 1° luglio 2015).

MA C’È ANCHE WHATSAPP È attraverso il noto sistema di messaggistica che si scopre il 40% delle corna tra marito e moglie. Seguono i social network come Facebook e Twitter. Ormai non c’è causa per separazione in cui non si menzioni un messaggino osé, un cinguettio o un like. Naturalmente occorre fare attenzione a non violare altre norme, ovvero quelle sula privacy e sulla riservatezza. La questione è però facilmente aggirabile chiedendo al giudice che ordini al gestore telefonico l’esibizione dei tabulati telefonici da cui emerge, nero su bianco, il contenuto delle effusioni amorose.

IN SINTESI Cari mariti traditi se davvero le corna vi pesano e l’infedeltà della gentile consorte vi ha lasciato l’amaro in bocca e il cuore ferito, il modo per “fargliela pagare”, in senso giuridico, c’è! Si tratta solo di non perdere il lume della ragione e seguire qualche buon consiglio!


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite