venerdì 18 settembre 2015

BARATTO AMMINISTRATIVO: NON SOLO UN AIUTO PER PAGARE LE TASSE


Qualche settimana fa, guardando il notiziario in televisione, ho sentito parlare per la prima volta del baratto amministrativo. Si trattava dell’iniziativa lodevole adottata da un piccolo Comune del novarese che, per far fronte alla difficoltà dei propri cittadini a pagare i tributi locali, li impiegava in lavori socialmente utili per la comunità locale, in cambio del pagamento di quelle tasse, che questi non erano in grado di onorare. Incuriosita dalla notizia, ho deciso di capire meglio cosa fosse questo baratto amministrativo, come funzionasse e quali fossero realmente i benefici per i cittadini, che, utilizzati in lavori di manutenzione e pulizia di beni pubblici, mi sembravano esposti quasi ad una gogna, ad un pubblico riconoscimento della loro condizione di debitore, con il rischio di una scarsa risposta all’iniziativa comunale. Ciò ancor più nelle piccole realtà dove tutti si conoscono e la reputazione personale è un valore fondamentale. Così, approfondendo l’argomento, sono venuta a sapere che …

SULL'ESEMPIO DEL COMUNE APRIPISTA anche altri stanno valutando l’opportunità di utilizzare il baratto amministrativo con il medesimo scopo di soddisfare le esigenze di entrambe le parti di questo rapporto di scambio, cioè quelle dei cittadini (di riuscire a pagare le tasse nonostante il proprio disagio economico) e quelle delle municipalità (di recuperare risorse senza contenzioso, ottenendo nello stesso tempo mano d’opera senza assunzioni). Naturalmente, perché lo si possa utilizzare, il baratto amministrativo deve essere espressamente adottato dal Comune con un apposito regolamento, che stabilisca e disciplini termini e condizioni ed i requisiti per potervi accedere. Tuttavia, nonostante i suoi evidenti risultati positivi e la visibilità mediatica che gli si sta dando, il baratto amministrativo non ha ancora trovato quella ampia applicazione che mi sarei aspettata. Infatti, 

SONO ANCORA POCHI infatti, quelli che stanno lavorando in tale direzione, e si tratta comunque di piccoli Comuni. Credo che ciò, probabilmente, sia dovuto al fatto che, per quelli di maggiori dimensioni, la realizzazione e la gestione del baratto amministrativo comporti qualche difficoltà in più, legata non solo all’evidente maggior numero di cittadini debitori che potrebbero fare richiesta di accesso all’iniziativa, ma anche ai conseguenti costi e responsabilità che l'amministrazione si troverebbe a dover affrontare per quanto riguarda l’obbligo di assicurare questi lavoratori socialmente utili, di fornire loro la formazione e le condizioni di sicurezza necessari per l’esecuzione di lavori che, riguardando la manutenzione e la pulizia, possono esporli a rischi specifici. Ma, andando ancora più a fondo dell’argomento, mi sono convinta che forse il rischio che questo strumento possa avere un utilizzo fortemente limitato rispetto alle aspettative sia dovuto al fatto che i Comuni ne hanno in un certo senso snaturato, con effetti riduttivi, la funzione che il legislatore gli ha attribuito. 

LA NORMA DI RIFERIMENTO da cui tutto ha origine, infatti, è l’articolo 24 del Decreto Sblocca Italia del 2014 (Decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164), con il quale il legislatore nazionale consente ai Comuni di affidare a cittadini, singoli o associati, determinati interventi, su progetti dagli stessi presentati, per la cura di aree, edifici e beni pubblici, beneficiandoli poi con sgravi fiscali inerenti alle attività da essi realizzate. Mi sembra evidente, quindi, che nelle intenzioni del legislatore, il baratto amministrativo (espressione suggestiva, non utilizzata peraltro dalla norma) abbia una funzione di più ampia portata, si rivolga ad una platea di soggetti beneficiari ben più estesa di quella dei soli debitori comunali e richieda una precisa attività progettuale da parte di questi ultimi. Conformemente agli obiettivi di ripresa economica del paese perseguiti dal Decreto, infatti, la norma riconosce il ruolo attivo dei cittadini nella cura e nella tutela del territorio e dei beni comuni, favorendo a tal fine forme di collaborazione tra questi (soprattutto se organizzati in forma associata) ed il Comune, consentendo a quest’ultimo di realizzare interventi su progetti presentati dai cittadini, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare, con il conseguente riconoscimento di riduzioni o esenzione di tributi inerenti all’attività posta in essere. Cosa significa questo? Che, con la previsione del riconoscimento degli sgravi fiscali, il legislatore nazionale vuole incentivare non solo la costituzione di forme di associazionismo locale (preferito ai cittadini singoli), ma anche la loro attività progettuale per la cura e la gestione di beni pubblici, aprendo ed agevolando la strada a forme di co-gestione pubblico-privato o di gestione sussidiaria dei beni pubblici.

IN CONCLUSIONE quindi, mi chiedo perché legare il concetto di baratto amministrativo esclusivamente ad una condizione di morosità e disagio economico? Perché proporlo ed utilizzarlo solo come un aiuto ai cittadini economicamente in difficoltà per pagare le imposte comunali, con il rischio che ciò possa determinarne un utilizzo sottodimensionato? Sfruttiamone tutte le potenzialità che esso racchiude. Rimaniamo fedeli alla ratio della norma dell’articolo 24, che, con una visione delle cose più ad ampio raggio e con prospettive più a lungo termine, mira a sostenere ed incentivare gli associazionismi locali, che, oggi più che mai, rappresentano un ammortizzatore sociale, consentendo di contenere i disagi del mondo giovanile, degli anziani, dei disoccupati e dei deboli. Non credete?


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando